Anne Frank, una storia attuale

Andare oltre le apparenze, indagare su ciò che porta ai pregiudizi, alla discriminazione. Un esercizio difficile sul quale si sono confrontatti centinaia di ragazze e ragazzi in Serbia. Ce ne parla Vanja Ljujic, coordinatrice del progetto ‘Anne Frank, una storia attuale’

08/06/2005, Redazione -

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Anne Frank

Intervista a cura di Ema Neimarlija

In che cosa consiste il progetto "Anne Frank – una storia attuale" ?

"Anne Frank – una storia attuale" è un progetto educativo internazionale della Fondazione "Casa di Anne Frank" ispirato dalla mostra permanente su Anne Frank situata ad Amsterdam. Il progetto è composto da una mostra itinerante affiancata da programmi educativi quali ad esempio laboratori sui temi del diritto internazionale, sulla tolleranza e sull’Olocausto. Spesso questi programmi sono arricchiti da eventi che permettono ai giovani attraverso la musica ed il teatro di mettere in scena le proprie esperienze e di esprimere le proprie opinioni relative ai pregiudizi e a discriminazioni religiose, etniche, razziali, ecc.

La mostra è stata realizzata in 40 lingue, è stata e continua ad esser allestita in tutto il mondo. Cosa significa oggi, "Anne Frank – una storia attuale"?
Anche se la mostra è ispirata al destino tragico di una ragazza ebrea e del popolo ebraico durante la seconda guerra mondiale, questo allestimento non è esclusivamente di carattere storico. L’obiettivo della mostra è di confrontarci con queste questioni con consapevolezza e responsabilità, soprattutto in quei momenti critici della vita quando l’odio e l’aggressione hanno il sopravvento sul dibattito politico. È spesso difficile imparare dalla storia. La guerra nella ex-Jugoslavia non fa che confermare l’emersione tragica del male, che si ripete. Sostanzialmente questo progetto si prefigge di motivare i giovani a riconoscere quei meccanismi socio-politici che portano al conflitto, dunque: nazionalismo, fattori economici, manipolazione dei mass-media, demonizzazione delle minoranze, ecc. Il nome stesso del progetto "una storia attuale" indica in modo esplicito l’attualità di queste questioni.
Il contenuto di questo allestimento in Serbia e Montenegro è stato adattato alla storia locale, se sì, in che modo?
La mostra itinerante "Anne Frank – una storia attuale" è una copia/riproduzione della mostra permanente di Amsterdam e il suo contenuto non può esser cambiato. Ma i programmi educativi che affiancano l’allestimento sono ispirati direttamente alla storia locale recente e in gran parte adattato all’attuale situazione di Serbia e Montenegro.
"Anne Frank – una storia attuale" dopo esser stata allestita per un anno in sette città del Sangiaccato è stata proposta ai giovani di Belgrado e Cacak. Il progetto è stato simbolicamente inaugurato a Priboj, città ricordata per i crimini di Sjeverin e Strpci, ma ad essi non si è accennato. Conoscere e capire "la storia della violenza" permette ai giovani di sviluppare uno sguardo chiaro nei confronti delle questioni attuali alle quali la società deve far fronte. I nostri collaboratori dal "Centro per un’azione antiguerra" hanno realizzato una serie di laboratori su tematiche quali: stereotipi, nazionalismo e discriminazione. All’inizio del progetto ho avviato un allestimento sulla discriminazione dei rom nell’ex-Jugoslavia, con l’intento di far notare ai giovani il problema del razzismo esistente all’interno della società di Serbia e Montenegro.

In alcuni Paesi è capitato che la mostra fosse contestata dagli appartenenti dell’estrema destra, in Serbia e Montenegro ci sono state contestazioni?
Tranne qualche richiamo e qualche sgradevole commento nei confronti degli organizzatori e coordinatori, non si è verificato alcun altro incidente. I nostri collaboratori del "Centro per diritti umani" a Priboj, durante la realizzazione del progetto nel Sangiaccato sono però stati contestati da parte delle autorità locali – cosa che è accaduta in particolare in quelle località dove al potere vi sono i partiti nazionalisti. È interessante che nel Sangiaccato rappresentanti di entrambe le comunità che vi abitano, quella serba e quella bosniaco-musulmana, abbiano reagito in modo uguale nei confronti della mostra: negativamente. Gli uni si richiamavano al fatto che non è possibile fare nessun parallelo tra la seconda guerra mondiale e il recente conflitto regionale; gli altri, invece, rifiutavano la mostra Anne Frank a causa del "conflitto tra Palestina e Israele".
Per assurdo, a Novi Pazar, i programmi educativi che affiancavano l’allestimento sono stati continuamente disturbati e a Belgrado sono stati addirittura cancellati a causa dell’intervento di alcuni professori di storia che contestavano la ‘natura ebraica’ della mostra. Nonostante un antagonismo interpersonale tra i colleghi serbi e musulmano-bosniaci, è stato possibile trovare un’intesa in merito al "complotto ebraico". Potete immaginare quanto sia difficile per i giovani opporsi al nazionalismo, alla xenofobia, all’antisemitismo e all’islamofobia, in un contesto di questo genere.
Anne Frank ha iniziato a scrivere il diario all’età di 13 anni, che cosa suscita il diario di Anne nei giovani?
L’esperienza ha dimostrato che i giovani facilmente si identificano con Anne Frank, soprattutto i ragazzi della stessa età. Mentre la storia solitamente viene insegnata in modo astratto, ridotta ai puri fatti, cifre e date, questa metodologia educativa permette di penetrare la realtà politico-sociale che agisce dietro le quinte come causa prima di una guerra e una sofferenza collettiva. In ogni città, dove il progetto è stato allestito, i giovani hanno reagito emotivamente alla storia di Anne Frank. Ciò accade perché la storia di una guerra corrotta è raccontata attraverso la morte disumana di una ragazza giovane e piena di talento. Al di là delle connotazioni religiose e razziali, la vita di una vittima è la vita in cui tutti quanti si possono rispecchiare e riconoscere. In altre parole Anne Frank è diventata il simbolo della persecuzione degli ebrei durante la seconda guerra, ma anche di tutti quei ragazzi scomparsi a causa di una guerra pregna di ideologia nazionalista e razzista. Il diario di Anne Frank, come anche la sua visualizzazione attraverso l’omonima mostra, pone le basi per un’educazione ai diritti umani e alla tolleranza.
Un’autocritica e uno sguardo sincero all’interno dei propri pregiudizi è un primo passo per combattere pregiudizi e discriminazione. Il progetto "Anne Frank – una storia attuale" è pensato per poter permettere ai giovani di considerare i pregiudizi in modo diverso: è irrilevante chi non ama chi e perché, dato che gli argomenti di quelli che non amano sono quasi sempre uguali, con la differenza che l’oggetto non amato varia da caso a caso. La cosa più importante è che i giovani in quanto individui non odino in base all’etnia, alla religione e alla razza.
I partecipanti al progetto appartenevano a comunità etniche e religioni differenti. All’inizio del laboratorio questi ragazzi si presentavano con gli stessi pregiudizi dei loro insegnanti e genitori, ma in seguito alla partecipazione al progetto mostravano posizioni del tutto diverse.
La stessa mostra suscita una serie di questioni che direttamente collegano i giovani con i problemi dell’attualità. Durante i seminari i giovani delle scuole superiori spesso hanno discusso in merito al ruolo e alla responsabilità dei mass media nel formare stereotipi, come per esempio la stigmatizzazione dei rom e altre minoranze presenti in Serbia e Montenegro.
In alcuni paesi, come per esempio Germania, Italia, Francia, Paesi Bassi la mostra è affiancata da un progetto pedagogico titolato "I giovani guidano i giovani", è stato realizzato anche in Serbia e Montenegro?
I cosiddetti metodi "peer" sono stati introdotti per la prima volta nel nostro progetto durante un seminario di formazione per le "guide" della mostra. Si tratta di una metodologia innovativa che permette ai giovani di trasmettere ai propri coetanei le conoscenze relative ai diritti umani e tolleranza, acquisite durante questi seminari. All’inizio gli esperti della Casa di Anne Frank hanno formato un gruppo di giovani educandoli ai temi relativi all’Olocausto, ai contenuti della mostra, al progetto educativo che si desiderava intraprendere. Durante l’allestimento della mostra questi giovani hanno collaborato come guide, e, per la mostra successiva, che veniva allestita in un’altra città, istruivano altri giovani. Lo stesso seminario è stato organizzato anche per la mostra sui Rom, all’interno della quale sono state organizzate lezioni sulla discriminazione dei Rom in Serbia e Montenegro, come anche sulla loro lingua, cultura, origini…..
L’esperienza ha dimostrato che i giovani non solo discutono più facilmente con i propri coetanei che con gli adulti in merito ad alcune problematiche sociali, ma tra di loro imparano più le cose con più velocità ed in modo più efficace. Particolarmente negli ambienti più oppressi e conservatori i giovani si sentono più liberi ad esprimersi tra di loro che con le autorità, siano esse i genitori, gli insegnanti o le autorità politiche. Personalmente ho assistito a diversi di questi programmi in Serbia e Montenegro, e sono rimasta colpita dal modo in cui questi giovani discutono su complesse problematiche socio-politiche.
Lei cosa pensa dell’attuale periodo attraversato dalla Serbia e Montenegro?
Il progetto "Anne Frank -una storia attuale" si occupa in modo specifico della promozione dei diritti umani. La Serbia e Montenegro, come altre società del dopoguerra, sta attraversando un periodo confuso e un buio processo di transizione. La disintegrazione del regime di Milosevic e il tentativo di modernizzare il sistema politico-economico è stato seguito da una nuova ondata di nazionalismo, xenofobia e radicalismo istituzionalizzati. Personalmente credo che progetti come "Anne Frank – una storia attuale" siano indispensabili per uscire dall’impasse.
Ci sono state reazioni alla mostra che non si aspettava?
Sono stata soprattutto colpita dalla reazione negativa di alcuni professori a Belgrado e Novi Pazar. Ma comunque si tratta sempre di accadimenti singoli e non generali.
Recentemente l’associazione Youth Iniziative for Human Rights (YIHR) ha cercato di iniziare a parlare in Serbia dei crimini commessi durante i tragici anni ’90. Con molte difficoltà. Che pensa di questa loro iniziativa?
Nonostante si sappia che i cittadini della Serbia e Montenegro devono riuscire a confrontarsi con i crimini commessi in loro nome è evidente che nel Paese manchi ancora una volontà politica capace di far presente ai cittadini questa aspra ma effettiva verità. YIHR nasce come necessità di contrastare un’amnesia politica e civica collettiva. Questi giovani sono la coscienza della Serbia nel dopo Milosevic e io verso di loro nutro un massimo rispetto.

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