Anche il Kosovo vuole giocare

‘Kosovo wants to play’: questo lo slogan della campagna lanciata dal magazine ‘Kosovo 2.0’ per rilanciare il supporto alla partecipazione degli sportivi kosovari alle competizioni internazionali. Un’opportunità che oggi rimane limitata a poche discipline

18/09/2014, Violeta Hyseni Kelmendi - Pristina

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(Kosovo Wants to Play/Kosovo 2.0 )

La storia della judoka kosovara Majlinda Kelmendi ha mostrato che qualche volta gli atleti possono migliorare l’immagine di un paese più efficacemente della diplomazia tradizionale. Nel 2013 Majlinda ha vinto la medaglia d’oro in Brasile ai Campionati mondiali di Judo, donando al Kosovo la prima medaglia mai vinta in una competizione mondiale. L’eroina dello sport kosovaro ha poi mentenuto il titolo, vincendo i campionati mondiali tenuti in Russia nel 2014. Né il Brasile, né la Russia hanno riconosciuto l’indipendenza del Kosovo, eppure grazie a Majlinda la bandiera kosovara è riuscita a sventolare in entrambi i paesi. E grazie alla sua vittoria il Kosovo è stato citato da molti media internazionali.

Oltre a Majlinda il Kosovo ha molti altri atleti di talento, a cui è pero vietato di rappresentare il proprio paese nelle competizioni internazionali. Un gran numero di federazioni sportive non ha infatti riconosciuto l’indipendenza di Pristina dalla Serbia, dichiarata nel 2008. Non ci sono Olimpiadi per il Kosovo , né coppe mondiali dove gli atleti kosovari possano competere in modo equo, come gli altri atleti di tutto il mondo.

Il Comitato olimpico del Kosovo è l’istituzione responsabile a Pristina dello sviluppo delle politiche sportive. Il Presidente, Besim Hasani sostiene che l’isolamento internazionale a cui è sottoposto lo sport kosovaro ha ragioni meramente politiche. "Fino ad ora il Kosovo è stato riconosciuto come stato indipendente da 110 su 193 membri delle Nazioni unite, di conseguenza ci aspettiamo che il Comitato olimpico internazionale riconoscerà presto il Comitato olimpico kosovaro per poter consentire ai nostri atleti di partecipare alle competizioni mondiali ed europee e qualificarsi per i giochi olimpici di Rio nel 2016", ha sostenuto Hasani.

Ad oggi  solo sei federazioni kosovare che fanno parte del Programma olimpico hanno ottenuto la piena membership internazionale, mentre molte altre hanno ottenuto solo riconoscimenti provvisori o lo stato di associazione. La Federazione di pallamano è stata tra i primi gruppi sportivi kosovari ad essersi internazionalizzata. A Pristina questa è una delle storie di successo dello sport kosovaro, poiché la Federazione di pallamano si è associata alla Federazione europea con diritti condizionali già nel 2004 quando il Kosovo era ancora sotto l’amministrazione delle Nazioni unite e non aveva ancora la sua bandiera né il suo inno. Mexhit Devaja era il presidente della Federazione di pallamano del Kosovo all’epoca. Ricorda ancora quanto duramente abbiano lavorato per convincere le autorità internazionali che il Kosovo meritasse il diritto di competere a livello internazionale come gli altri stati.

Gli sforzi per il riconoscimento

"Ho bussato a molte porte; ho incontrato molte persone importanti, incluso il capo della Federazione internazionale di pallamano per fare lobbying per la nostra causa, mentre a sua volta la Serbia faceva pressioni contro l’internazionalizzazione dello sport kosovaro. Molte persone, inclusi i miei colleghi in Kosovo, non credevano che la Federazione di pallamano del Kosovo potesse unirsi alla famiglia europea senza prima risolvere la questione dello status politico, me io ero ottimista. E alla fine ce l’abbiamo fatta. Il nostro ingresso nella Federazione europea di pallamano nel 2004 è stato un grande successo per il Kosovo", racconta Devaja.

Due tra gli sport più popolari in Kosovo, il calcio e il basket non sono ancora riconosciuti a livello internazionale. Ma un passo avanti per il calcio kosovaro è stato compiuto lo scorso gennaio quando alla nazionale del Kosovo è stato dato il permesso di giocare con altre squadre membre della FIFA – esclusi i paesi della ex-Jugoslavia – nelle amichevoli internazionali. Tuttavia, secondo le regole della FIFA, gli atleti kosovari non possono esporre simboli ed inni aggiuntivi rispetto a quelli rappresentati dai loghi dell’uniforme. La Serbia ha protestato contro questa decisione, sulla base del fatto di non essere stata consultata dalla FIFA sulla questione.

Secondo gli esperti, l’isolamento internazionale dallo sport causa grandi perdite all’economia kosovara. Inoltre, fino alla piena internazionalizzazione dello sport kosovaro, il paese non può beneficiare di una serie di fondi disponibili, come quelli stanziati dalla FIFA per lo sviluppo delle infrastrutture. E gli atleti sono quelli che soffrono maggiormente da questo isolamento, incontrando grandi difficoltà nello sviluppo della propria carriera professionale.

La campagna di Kosovo 2.0

"Ovunque nel mondo lo sport ha la missione di costruire relazioni e ponti di amicizia. E’ stato lo sport a rompere i blocchi tra paesi che storicamente hanno avuto cattive relazioni. Invece di offrire la possiibilità di costruire questi ponti attraverso lo sport, in Kosovo siamo testimoni di barriere inimmaginabili che danneggiano questa nobile missione", spiega Tomor Grabovci, commentatore sportivo.

Dal 1999 la Serbia ha fatto più pressioni contro l’internazionalizzazione dello sport kosovaro di quanto ne abbiano fatto le autorità kosovare per ottenere il supporto internazionale per la membership nelle associazioni sportive mondiali. Nel tentativo di mobilitare il più gran numero di persone possibili intorno alla causa dello sport kosovaro, il magazine Kosovo 2.0 ha lanciato la campagna "Kosovo Wants to Play ". La direttrice di testata Besa Luci è convinta che il Kosovo abbia tanti atleti talentuosi che potrebbero competere alla pari a livello internazionale ma non possono farlo per ragioni politiche.

"E’ una questione politica, così come molti altre questioni politiche che finiscono con l’influenzare la vita dei cittadini del Kosovo. Per quanto riguarda lo sport, c’è il problema dei paesi che non riconoscono il Kosovo, ma anche il fatto che la Serbia ha continuato a fare pressioni contro la partecipazione di Pristina nelle competizioni internazionali. Sono poche le federazioni sportive kosovare che sono state accettate nelle federazioni internazionali, e nella maggior parte dei casi lo sport kosovaro non può competere nelle manifestazioni internazionali", spiega Besa.

La campagna di crowd-sourcing "Il Kosovo vuole giocare" ha l’obiettivo di trovare fondi per pubblicare un numero della rivista Kosovo 2.0 dedicata unicamente allo sport kosovaro. Gli editori di Kosovo 2.0 non si aspettano miracoli, ma credono che la loro campagna possa avere un impatto.

"Non possiamo cambiare le regole. E questa è una realtà. Non possiamo sederci sul trono della UEFA e decidere di permettere ai nostri atleti di competere all’interno di una nazionale kosovara contro la Germania o l’Inghilterra. Non possiamo portare i nostri atleti alle prossime Olimpiadi. Molti sforzi individuali vengono lentamente compiuti in diverse discipline sportive. Ma c’è qualcosa in più che possiamo fare per raggiungere l’obiettivo di permettere agli atleti kosovari di competere alla pari con gli altri sotto la bandiera kosovara. Con le nostre pubblicazioni raggiungeremo i presidenti delle diverse federazioni sportive e del Comitato olimpico. Inoltre, Kosovo 2.0 chiederà l’attenzione dei media internazionali su questa ingiustizia", spiega il team del portale.

Tra gli altri, la campagna è appoggiata anche dalla stella brillante del judo kosovaro, Majlinda Kelmendi.

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