Allargamento: che ne è dei partiti politici dei Balcani?
Nonostante gli sforzi profusi dall’UE le dinamiche democratiche dei Balcani sono ancora molto fragili. In questo contesto, secondo il think tank EPC, è mancato un investimento sullo sviluppo democratico dei partiti politici della regione. Un paper, cinque casi studio
La parola “democrazia” è diventata il minimo comune denominatore delle politiche di allargamento UE nella regione dei Balcani. I concetti di elezioni libere e trasparenti, di una robusta rule of law, di pubbliche amministrazioni efficienti, di una sana società civile e di media indipendenti e liberi sono oramai distintivi del vocabolario che si è andato progressivamente diffondendo attraverso il graduale allargamento dell’Unione europea. Eppure, anche se UE e paesi balcanici hanno dialogato su questi temi per oltre un decennio, attualmente le dinamiche democratiche nei Balcani sono ancora molto fragili.
In tutta la regione, leader popolarmente eletti falliscono costantemente nel soddisfare gli standard di democrazia richiesti dall’UE e, ancor peggio, finiscono col tradire le aspettative dei propri elettori. La sfiducia nelle istituzioni rappresentative e il disimpegno dalla vita politica sono drammaticamente alte tra i cittadini degli stati balcanici. Questo generalizzato senso di disaffezione sta iniziando a generare un forte cinismo anche verso la prospettiva di un miglior futuro all’interno dell’Unione europea.
Se è vero che i governi balcanici causano comune disappunto sia nell’UE sia nell’elettorato della regione e se è vero che i partiti politici non sono mere appendici, bensì spine dorsali nello sviluppo di governi di tipo democratico, fino a che punto l’agenda democratica europea si è occupata della situazione dei partiti politici locali?
I cinque casi studio inclusi nel paper proposto dall’European Policy Centre, suggeriscono che le condizionalità democratiche per l’entrata nell’UE non hanno automatiche conseguenze in chiave di sviluppo dei partiti politici. L’UE si intromette nelle relazioni interpartitiche e tra queste e la società civile locale, ma agisce soprattutto in relazione a problemi specifici, spesso indirettamente attraverso l’interpretazione delle condizioni poste da parte degli attori locali, e non sempre con conseguenze positive sul lungo termine.
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Per garantire una pace durevole e una sostenibilità alla trasformazione democratica nei Balcani, lo studio propone che l’Unione europea si interessi maggiormente delle politiche dei partiti balcanici. In particolare la Commissione dovrebbe valutare gli standard di performance democratica dei partiti e dei loro sistemi politici come qualsiasi altro requisito formale per l’annessione. Inoltre, sarebbe necessario un ulteriore supporto a favore di un maggiore attivismo da parte dei partiti e al coinvolgimento dei cittadini nella vita politica degli stati balcanici.
Dati gli impatti simili che il processo di integrazione europea ha sulle dinamiche che riguardano i partiti politici sia negli stati membri che in quelli che aspirano all’ingresso nell’UE, l’investire nel trovare soluzioni a trend preoccupanti che si hanno in comune – quali ad esempio il crescente gap tra partiti politici e società civile e la tendenza monopolizzante dei partiti politici – potrebbe avere effetti benefici non solo sui sistemi politici dei Balcani ma sulla democrazia europea tout court.