Albania-Ue: la traccia dei negoziati
Alla luce dell’avvio dei negoziati per l’ingresso nell’Ue, arrivato lo scorso 26 marzo da parte del Consiglio europeo, uno sguardo sulla via percorsa sino ad oggi
Nelle sue conclusioni il Consiglio europeo del 26 marzo scorso ha dato il via libera ufficiale e definitivo all’avvio dei negoziati di adesione all’UE per Albania e Macedonia del Nord, paesi in attesa di questo traguardo dall’aprile 2018 (data del parere favorevole della Commissione europea, ribadito nel 2019 e poi il 2 marzo di quest’anno). A febbraio Macron, il presidente francese scettico verso l’allargamento europeo nei Balcani Occidentali, aveva preannunciato la luce verde di Parigi se il 2 marzo la Commissione avesse ribadito il suo parere favorevole.
Alle prese in pieno con la pandemia Covid-19, il premier europeista albanese Edi Rama ha dato la buona notizia ai concittadini già il pomeriggio del 24 marzo, quando la decisione dei ministri degli Esteri dell’UE di presentare al Consiglio europeo il sì per i negoziati era pubblica. Con il timone del paese nelle sue mani dal 2013, il suo governo risulta il vero artefice del traguardo di Tirana. Le riforme albanesi sono proseguite incessanti malgrado la “fatica di allargamento” che attanaglia la stanca UE da quando completò l’estensione a est nel 2004-2007.
Vale la pena ripercorrere brevemente alcune tappe dell’avvicinamento di Tirana a Bruxelles, un contratto scolpito nel 2009 con la ratifica dei paesi membri UE dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione (ASA ). Il governo di Sali Berisha presentò poco dopo la richiesta di ottenere lo status di paese candidato ma le trattative si arenarono di fronte alla conflittualità politica nel paese, culminata nel 2011 con scontri di piazza e l’uccisione da parte delle forze di sicurezza di quattro manifestanti dell’opposizione. Nel 2013 Berisha perse le elezioni politiche, vinte dalla sinistra capeggiata da Edi Rama.
L’anno 2014 segna un cambio di paradigma. Il governo Rama inizia a combattere l’informalità e il crimine organizzato e l’Albania diventa un paese candidato all’adesione nell’UE. Tirana, membro NATO, ridiventa un fattore di stabilità euro-atlantica e buon vicinato nei Balcani (Berisha aveva cominciato a flirtare con il nazionalismo) quando allaccia un filo costante di dialogo con la Serbia, malgrado li divida decisamente la questione del Kosovo: per l’Albania Belgrado ne deve riconoscere l’indipendenza. All’interno del Processo di Berlino, lanciato quell’anno dalla cancelliera Merkel, il crocevia Tirana – Belgrado è l’asse attorno al quale i Balcani occidentali dialogano per migliorare i loro legami economici e sociali. Parte del dialogo anche la Macedonia del Nord.
La colonna portante delle riforme albanesi (internamente la più controversa) è quella della giustizia. Patrocinata fortemente da USA e UE secondo l’esempio precedente di Romania e Croazia, risulta necessaria per l’alto tenore di arbitrarietà e collusione corruttiva che caratterizza il sistema giudiziario del paese. Nel luglio 2016 il parlamento approva all’unanimità le modifiche costituzionali che immettono il progetto di riforma nel sistema. Giudici e procuratori passeranno sotto le maglie di un rigido controllo professionale e patrimoniale denominato con l’acronimo “vetting”, la procura generale diviene più “orizzontale” (i procuratori distrettuali accrescono il controllo sulle indagini) e una nuova procura speciale (SPAK ) indagherà sugli abusi perpetrati dalla classe politica. Strenuo difensore della riforma di fronte alle accuse dell’opposizione di volerla usare per accrescere il suo controllo politico sul paese, nel maggio 2017 Rama riesce “in extremis” (concedendoli la partecipazione a un governo elettorale in vista delle politiche di quell’anno, poi vinte dal suo partito) a convincere gli avversari a entrare nelle commissioni parlamentari che daranno tecnicamente il via libera al “vetting”. Lo SPAK è costituito nel dicembre 2019.
Durante tutto lo scorso decennio sui Balcani occidentali (quindi anche sull’Albania) è calata la cappa della “fatica d’allargamento” dell’UE, tradottasi nella richiesta di standard più alti per gli aspiranti candidati per adempiere ai criteri di Copenhagen e agli obblighi dell’ASA. Di conseguenza l’allargamento ha perso la prospettiva temporale di una adesione in tempi brevi, come si era sperato nel 2003 quando venne lanciato il Processo di Salonnico e tutti i paesi aspiranti erano sulla stessa linea di partenza. L’Italia ha spinto per velocizzare il processo, mentre la Germania ha contribuito a non affossarlo quando nel 2014 lanciò il Processo di Berlino. Per giovani e fragili democrazie come i paesi dei Balcani occidentali l’UE rappresenta un vincolo esterno efficace capace di tenerli in un quadro di stato di diritto.
Storicamente Tirana ha avuto nel secolo scorso una stretta dipendenza da Turchia, Russia e Cina (rivali geopolitiche odierne dell’UE nei Balcani occidentali) ma nessuna le ha mai prospettato una visione di sviluppo e meno che mai quella del predominio della legge. E pur non godendo di ottima salute l’Unione rimane una prospettiva positiva per gli albanesi perché economicamente ancora molto più ricca. Una delle problematiche delle relazioni degli ultimi anni tra Tirana e UE sono state le richieste ingiustificate di asilo degli albanesi nell’Unione: 7.633 nel 2017, 5.599 nel 2019 (fino a novembre). L’Italia registra un alto numero di minori albanesi non accompagnati (1.662 al 30 giugno 2019, in aumento rispetto al 2018). È la visione di una migliore prospettiva di vita la causa di questo esodo.
Nella seconda metà del decennio scorso l’economia albanese è riuscita a passare da una sostanziale stagnazione a una crescita sostenuta del PIL e diminuzione del tasso di disoccupazione. A partire dal 2013 da segnalare anche un aumento delle iniziative di protesta della società civile albanese antagonista al governo, con riscoperta di temi come i valori ambientali, storici e dei diritti sociali. La rivolta degli studenti contro le pessime condizioni di vita negli alloggi universitari e un aumento delle rette costrinse nel dicembre 2018 Edi Rama a effettuare un maxirimpasto di governo e a procedere ad adempiere alle loro richieste. Si segnala un aumento di pluralismo sociale e la rivolta degli studenti ha dimostrato che la politica è obbligata a seguire velocemente la voglia di rapido cambiamento della società.
Per l’UE l’apertura dei negoziati con Tirana e Skopje segna un punto di credibilità, come riconosciuto dalla Presidente della Commissione Ursula Von der Leyen e dal Commissario all’allargamento Olivér Várhelyi. Macron si è impuntato per due anni di fila nel ruolo di uno scettico dell’allargamento però il suo approccio critico non si è rivelato irremovibile. È stato accontentato dalla approvazione della nuova metodologia per l’allargamento, che è una vittoria per la visione intergovernativa: punta molto sullo stato di diritto e dà ai governi nazionali UE un potere di veto sull’avanzamento dei negoziati se si dovesse regredire nelle obbligazioni da adempiere da parte dei candidati. Macron ha dotato la Francia, nel frattempo, di una almeno minima strategia verso i Balcani occidentali.
In sintesi si può affermare che l’apertura dei negoziati dell’UE con Tirana e Skopje legittima l’aspirazione di Bruxelles di dare seguito alla volontà di includere un giorno questi paesi nell’UE se questi adempiono al loro impegno di riforme. La Strategia sull’Allargamento del 2018 affermava già chiaramente che nuove eventuali adesioni si sarebbero viste dopo il 2024. Per Tirana questo “Oui” ai negoziati è un “Finalmente” entusiasta: la strategia politica di Rama è costantemente basata sull’europeismo e l’appoggio pragmatico (ma dal 2014 molto deciso) di Merkel.
Dopo il completamento della riforma della giustizia un altro passo obbligato, richiesto da Bruxelles, è il compromesso con l’opposizione per una riforma elettorale condivisa che renda trasparenti le fonti di finanziamento dei partiti e, nella migliore delle ipotesi, conceda il diritto di voto agli albanesi all’estero. Secondo i dettami della Commissione (che a breve uscirà con un comunicato per definire la cornice dei negoziati) Tirana deve continuare senza sosta la lotta a corruzione, crimine organizzato, richieste ingiustificate di asilo e modificare la legge sui media. Molto probabile che il primo tavolo intergovernativo con Bruxelles si svolga nella seconda metà del 2020 durante la presidenza UE della Germania.
EUWeBER
Il progetto EUWeBER mira ad offrire agli studenti universitari una migliore conoscenza delle questioni di politica estera europea in particolare in rapporto ai paesi del sud-est Europa e del Partenariato orientale. Prevede seminari interattivi in aula e trasmessi online per un pubblico più vasto, opportunità di tirocinio presso Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT), un blog. E’ promosso dal Centro di eccellenza Jean Monnet dell’Università di Trento in collaborazione con Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e con il sostegno dell’Unione europea.