Albania svelata
Una ragazza espulsa da scuola perché portava il velo. E’ accaduto in Albania. Il pluralismo post-regime ha portato anche al crescere di una comunità di giovani musulmani, gruppo al margine di una società che continua a essere profondamente segnata da ateismo e occidentalismo
Una ragazza di quattordici anni è stata espulsa dalla scuola pubblica che frequentava a Burrel, cittadina nel nord dell’Albania. Il motivo dell’espulsione: il velo che indossava per motivi religiosi. L’episodio ha colto l’attenzione dei media, che hanno pubblicato interviste e interventi sulla ragazza musulmana espulsa, mentre una discreta polemica tra i sostenitori dei fedeli e quelli del laicismo ha trovato spazio sulle pagine della stampa albanese.
L’espulsione di giovani ragazze musulmane praticanti dalle scuole pubbliche, per aver violato il carattere laico della scuola albanese, è un episodio che si è ripetuto più volte negli ultimi anni nel paese balcanico. Puntualmente ne scaturiscono dibattiti, con grande eco soprattutto nella blogosfera albanofona, senza però che si verifichi alcuna presa di posizione in merito da parte dello Stato albanese.
La polemica verte sulla legittimità di indossare o meno il velo nei luoghi pubblici. Il preside della scuola di Burrel, come anche i suoi colleghi nei casi precedenti, ritengono che la scuola in quanto istituzione laica non permetta l’abbigliamento religioso, e accessori con tali connotati. Dal canto loro i fedeli musulmani rivendicano la libertà religiosa riconosciuta dalla costituzione albanese. Selim Muça, a capo della comunità musulmana albanese, denuncia pubblicamente l’espulsione, dichiarando con moderazione che l’Islam albanese è contrario al velo, ma chiedendo che venga tollerato il foulard indossato dalle ragazze praticanti.
Il problema ci si è proposti di risolverlo qualche anno fa attraverso l’imposizione di un’uniforme obbligatoria per tutti gli studenti delle scuole pubbliche e private. Tale provvedimento applicato parzialmente e a discrezione di ciascuna scuola pubblica, riguarda solo il sistema pre-universitario, mentre negli anni scorsi si sono verificate anche diverse espulsioni di studentesse universitarie. Si mirava in tal modo a risolvere in maniera equa sia la polemica sul velo delle ragazze musulmane sia l’abbigliamento estremamente libero e spesso ritenuto inadeguato di altri studenti, o quello di eventuali appartenenti ad altre religioni.
Le minacce di espulsione nella maggior parte dei casi si scontrano con la fermezza delle ragazze, facendo sì che interrompano gli studi o che optino per scuole private, di cultura e provenienza islamica.
Sono tuttavia poche le albanesi che indossano il velo, sempre giovani e giovanissime. Si vedono per lo più nell’Albania centrale e settentrionale, e nelle maggiori città in cui affluisce la migrazione interna dalle zone più disagiate del paese. Il fenomeno, sempre marginale, è presente in Albania dal crollo del regime, quando gli albanesi hanno riscoperto le religioni, e numerosissime associazioni religiose sono sbarcate nel paese per attirare a sé gli albanesi appena usciti da un regime estremamente ateo. Gli studiosi ritengono che non vi sia stato un massiccio ritorno alle religioni, e tanto meno un’identificazione stretta con quelle originarie risalenti a prima della proclamazione dell’ateismo. L’Islam, nonostante le numerose moschee che sono state ricostruite – e nella maggior parte costruite ex novo non senza il disappunto di molti cittadini – rimane la religione con la minor adesione di fedeli nel paese. E’ facile accorgersene dalle moschee poco frequentate e dalle diffuse opinioni poco simpatizzanti.
La cultura albanese, dall’indipendenza del paese sino a quella postcomunista, si contraddistingue per la sua presa di distanza dall’Islam e dal cosiddetto Oriente, trovandosi in sintonia con una tendenza comune alla maggior parte delle nazioni balcaniche. Fin dagli inizi della nazione albanese l’Islam venne visto come un simbolo dell’Oriente e del potere ottomano da cui il neostato albanese si doveva emancipare, nonostante l’inconfutabile importanza dell’élite albanese presso la Sublime Porta. Poi, agli albori dello Stato albanese, il distacco dall’Islam ha assunto tratti via via più marcati. Diversi provvedimenti vennero attuati già durante il regno di re Zog, negli anni, ’30, tra cui anche l’abolizione del velo. In seguito, durante il regime di Hoxha, e l’esaltazione del nazional-comunismo, la religione islamica divenne in Albania – come diversi studiosi di orientamento islamico denunciano – un sinonimo di arretratezza, e di cultura anti-occidentale.
Non si notano grandi cambiamenti negli anni postcomunisti, in cui la maggior parte dell’élite albanese cerca di enfatizzare le radici occidentali della cultura nazionale, spesso perdendo di vista il carattere multiculturale del paese. Tale tendenza assume tratti ancora più marcati in particolar modo dopo l’11 settembre, mentre nei primi anni ’90 la classe politica disorientata e tentata dall’opportunismo politico non aveva sdegnato del tutto il mondo musulmano, almeno in politica estera. In vista dell’integrazione europea cui l’Albania aspira, le élite culturali e politiche sono per lo più intente a smentire l’immagine svantaggiosa che potrebbe scaturire dal fatto che ufficialmente l’Albania risulti un paese a maggioranza musulmana.
Le reazioni da parte dei non musulmani contro il velo sono per lo più intransigenti, mentre i docenti, e gli psicologi affermano che spesso le ragazze che scelgono di coprirsi subiscono l’emarginazione da parte dei loro coetanei. Oltre alla diffidenza causata dal carattere religioso, la loro scelta è poco conciliabile con i comportamenti dei giovani albanesi, mentre nel paese da qualche anno a questa parte sta avvenendo una vera e propria rivoluzione sessuale che vuole contrastare le strutture sociali estremamente vincolanti della libertà personale ereditate dal passato, e consolidate dal regime.
In molti si chiedono quali siano le ragioni per cui delle giovanissime ragazze, optino per una modalità dell’Islam molto più rigoroso rispetto alla tradizione albanese. Il fatto che per lo più si tratti di ragazze provenienti da famiglie disagiate, da zone in cui le risorse economiche e culturali sono alquanto scarse, fa avanzare l’ipotesi che si tratti di un risultato dell’attività delle varie organizzazioni umanitarie e religiose. La totale mancanza di politiche sociali e di programmi di sviluppo per intere zone poco sviluppate, fa sì che spesso le organizzazioni religiose diventino l’unico punto di riferimento nelle zone più sperdute del paese.
Ma non si tratta semplicemente di un fenomeno riguardante le periferie più marginali dell’Albania. Negli ultimi anni è venuta a crearsi un’élite musulmana che ha aggiunto la voce dell’identità musulmana nei numerosi dibattiti culturali e identitari che coinvolgono la società albanese. Si tratta per lo più di giovani che hanno ricevuto una formazione in scuole di cultura islamica, e hanno trascorso parte della loro vita in diversi paesi musulmani. L’apertura di svariati istituti scolastici privati, finanziati da stati musulmani, ha costituito in particolar modo negli anni ’90 l’unico modo per riuscire a ottenere una borsa di studio all’estero, mentre l’Europa occidentale, risultava accessibile a pochi. I giovani musulmani sono un risultato del pluralismo postcomunista e costituiscono oggi un gruppo al margine della società albanese, che continua a essere profondamente segnata dall’ateismo e dall’occidentalismo.