Albania: quando l’arbitro è di parte
Quanto avvenuto in Albania nel dopo elezioni amministrative ricorda un passato che si pensava ormai superato. "E’ come se l’arbitro ad un certo punto indossasse la divisa di una delle due squadre pretendendo di rimanere imparziale". Un commento
Per raccontare cosa sta accadendo a Tirana nell’incredibile secondo tempo elettorale (in diretta tivù e dunque davanti al mondo) per l’elezione del sindaco della capitale, più che un commentatore politico ci vorrebbe uno scrittore di grande talento. Ci sta provando Ismail Kadarè che dall’alto della sua indubbia autorevolezza intellettuale ha chiesto a Lulzim Basha, l’avversario di Edi Rama, di ritirarsi dalla competizione “in nome di un interesse più grande, quello del Paese”, evocando il gesto di Ismail Qemali, un padre della Patria.
Ma è la corda del grottesco quella forse che meglio interpreta ciò a cui si è assistito, e dunque più congeniale allo stile di un Fatos Kongolli o di una Ornela Vorpsi o dell’amico Visar Zhiti. Ci permettiamo di girare l’idea agli autori citati scusandoci naturalmente per averli convocati senza alcun preavviso.
Non è infatti assolutamente normale che, dopo due settimane, la Commissione elettorale centrale (CEC), l’organo che deve presiedere al controllo sulla regolarità del conteggio delle schede per l’elezione del sindaco di Tirana, abbia in corso d’opera e a spoglio delle schede ultimato, votato a maggioranza di cambiare il regolamento (per altro scritto e condiviso da tutte le forze politiche in campo in tempi non sospetti).
E’ come se un arbitro di calcio decidesse, ad un certo punto della partita, di vestire la maglia di una delle due squadre pretendendo di essere considerato comunque imparziale.
Ecco il casus belli per chi non avesse seguito l’intera vicenda: le elezioni amministrative per la nomina ai diversi ruoli elettivi, da quello di sindaco a quello di consigliere comunale, di presidente delle Unità amministrative e dei relativi consiglieri, richiedono un totale di quattro schede per ciascun elettore ben distinte tra loro e prevedono ovviamente quattro urne. L’elettore che inserisce la propria scheda nell’urna sbagliata si assume la responsabilità della inevitabile invalidazione del voto. Tutto chiaro? Evidentemente no. A Tirana la Commissione elettorale centrale, a maggioranza, ha deciso di contravvenire alle regole. A ragion veduta. Il punto è che la ragione è quella del candidato Lulzim Basha che, uscito per un soffio sconfitto dalle urne, pare per una manciata di voti, ha preteso, sotto gli occhi increduli di tutti gli osservatori oltre che naturalmente della parte lesa, di raddrizzare a modo suo, cioè fuori da ogni principio di legittimità, l’esito elettorale.
Ci siamo diffusi a lungo sulla vicenda in sé perché indicativa di un’idea di legalità e di stato di diritto che sembra ancora essere un riflesso condizionato di una lunga stagione politica che si pensava definitivamente archiviata.
Difficile è prevedere cosa potrà accadere nei prossimi giorni. Il cul de sac in cui si è infilata la Commissione elettorale centrale uscendo, con la sua incredibile decisione, dal ruolo di soggetto terzo rende tutto molto più complicato rinviando ad altre istanze istituzionali di natura giuridico- legale la valutazione della legittimità degli atti adottati.
Anche l’OSCE, sebbene con qualche ritardo, ha pubblicamente preso posizione contro l’iniziativa illegittima della Commissione. Mentre l’UE ha disdetto, all’ultimo momento, l’annunciata visita di Barroso a Tirana.
Insomma ci vorrà ancora molto tempo prima di leggere il finale della storia che ha dell’incredibile. Ma gli effetti potenzialmente destabilizzanti della decisione del CEC su pressione del premier Berisha, sono purtroppo già in atto: mentre i leader socialisti, a Tirana, chiamano alla protesta di piazza il proprio elettorato, a Valona, Durazzo, Korca, Fier e in altre città dell’Albania lo sconcerto e la rabbia si vanno manifestando nella forma dell’occupazione a singhiozzo delle grandi arterie che collegano il sud al nord dell’Albania con immaginabili disagi negli spostamenti per le popolazioni locali. E si teme siano avvisaglie di altri più problematici eventi.
Il dato certo è che, ancora una volta, il ceto politico albanese insieme a quello economico (in Albania stanno tra loro in un inquietante rapporto simbiotico), escono ulteriormente ridimensionati sul piano della credibilità interna ed internazionale, proprio nella tornata elettorale che avrebbe dovuto invece rappresentare agli occhi dell’Europa un segnale forte e positivo di discontinuità rispetto al recente passato.
* Ennio Grassi Sociologo della letteratura, è stato parlamentare alla Camera dei Deputati, Consigliere Diplomatico a Tirana e Consigliere scientifico presso il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero degli Affari Esteri Italiani.