Albania: media al guinzaglio?
Polemica sulla libertà di stampa. L’opposizione accusa il governo di controllare i media. Quest’ultimo si difende, ma anche dalla compagine governativa alcune voci denunciano che i mass media sono compromessi con il potere politico.
Lunedì 23 giugno il Partito Democratico all’opposizione ha presentato un disegno di legge sulla libertà dei mezzi di informazione che ha infuocato il dibattito parlamentare a Tirana. La proposta è stata respinta da parte della maggioranza guidata dal Partito Socialista con 62 voti contro e 30 a favore. La risoluzione del PD sottolineava che la stampa e la televisione in Albania sono soggetti ad aperta pressione da parte del governo, in particolare nella persona del primo ministro Fatos Nano. Il PD accusa il premier di aver comprato una parte di mass media e di aver chiesto l’apertura di procedimenti giudiziari contro giornalisti che hanno criticato il governo (Shekulli, 24.06.2003).
Nel suo intervento al parlamento, Nano si è detto deciso a mettere un freno alla pratica diffusa nel paese per cui "i giornalisti lavorano in nero mentre i media ostacolano il lavoro delle istituzioni" (Shekulli, 24.06.2003).
Entrambe le parti mettono in luce una parte della situazione, ma come ammette persino uno dei deputati del Partito Socialista, l’ex ministro della difesa Sabit Brokaj, "in Albania si è passati dalle forme brutali di repressione del passato, alla compra-vendita di informazione, arrivando a risultati simili, ovvero il fatto che i giornalisti hanno paura ed i mass media sono compromessi con il potere politico" (Panorama, 25.04.2003).
Il rischio che i mass media siano al servizio del governo non è frutto solo della pressione di quest’ultimo ma anche dell’uso spregiudicato che ne fanno i loro proprietari. Questi ultimi usano i mezzi di informazione di loro proprietà per creare condizioni favorevoli alla loro attività imprenditoriale e, ad esempio, scatenano campagne di diffamazione contro uomini politici che considerano di ostacolo ai loro interessi economici.
D’altra parte il governo ha in mano una carta essenziale per influenzare stampa e televisione: la pubblicità. Gli organi di informazione albanese si finanzia con le pubblicità governative o di interesse pubblico, come gli annunci di gare d’appalto, che costituiscono il 60% del giro pubblicitario sui media del paese. Chi critica l’attuale governo di limitare la libertà dei media lo accusa di distribuire questi fondi sulla base delle posizioni politiche assunte dai vari organi di informazione.
Nella seduta parlamentare di lunedì, vari deputati hanno cercato una soluzione a questa situazione allo scopo di proteggere la libertà di stampa. L’editore del quotidiano ‘Koha Jone’ Nikolle Lesi, che siede in parlamento nelle file del partito democristiano, ha proposto una legge che proibisca ai proprietari dei mezzi di informazione di prendere parte alle gare d’appalto pubbliche in modo di evitare la dipendenza dal governo (Koha Jone, 24.06.2003). Lesi ha proposto anche la creazione di una commissione parlamentare per accertare come siano usati i fondi pubblici nel settore dell’informazione. Un altro deputato dell’opposizione, Preç Zogaj, ha chiesto che le pubblicità statali vengano distribuite solo ai mezzi di informazione di proprietà dello stato oppure in modo uguale a tutti gli organi di informazione per evitare in questo modo "il traffico delle raccomandazioni".
Anche l’ultimo rapporto di Human Rights Watch mette in luce la precaria situazione dei mass media in Albania rispetto alle ingerenze del governo di Tirana. Uno dei casi più dibattuti in questi giorni riguarda il pubblicista Fatos Lubonja, denunciato per diffamazione dal proprietario del quotidiano Shekulli, Koço Kokëdhima. Lubonja aveva accusato il suo editore di censura perché si era rifiutato di pubblicare un suo articolo di critica alla politica del premier. Secondo Lubonja, la ragione del rifiuto sarebbero stati i legami politico-economici che legano Kokëdhima a Nano.
A livello normativo in Albania i mezzi di informazione sono protetti dall’articolo di legge che si limita a dichiararne la libertà. Oggi si moltiplicano le voci di chi chiede una legge che regoli e garantisca l’autonomia del settore e il governo si è impegnato a preparare una normativa adeguata.
Dalla fine degli anni ’90 in Albania si pubblicano 12 quotidiani con una circolazione cha varia da 1.000 a 14.000 copie. Secondo i dati dell’Istituto dei Mass Media, circa il 29% degli albanesi legge il giornale ogni giorno, mentre circa il 27% lo compra. A parte il costo dell’abbonamento, che nelle zone rurali costituisce in media il 20% del reddito, secondo le statistiche dell’Istituto dei Mass media in molti sono insoddisfatti della qualità dei giornali perché ritengono che riportino solo informazioni sui dibattiti politici e non la realtà che vive la gente. Dal 1998, infine, vi sono più di 40 radio private e più di 70 stazioni televisive, delle quali solo 2 coprono tutto il territorio nazionale.