Albania: la miseria che fa vendere i figli e l’impotenza dello Stato

Storie di vendita di organi e di bambini nel paese delle aquile e nei Balcani. I quotidiani locali ne parlano, ma le autorità sembrano cadere dalle nuvole. Povertà e disperazione tra le cause di questo complesso fenomeno

02/03/2004, Indrit Maraku - Tirana

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Il traffico d’organi e di bambini sta diventando sempre più uno dei problemi sociali di maggiore gravità in Albania. Ma, nonostante il fenomeno si propaghi, spesso cambia forma e diventa più organizzato, le autorità che hanno il compito e il dovere di contrastarlo continuano ad essere colte di sorpresa e spesso sono incoerenti nelle loro azioni. Ad investigare nella maggior parte dei casi sono i media, lasciando alla polizia e ai servizi segreti il "compito" di verificare quanto pubblicato dai giornali.
L’ennesimo caso è di qualche giorno fa, quando il quotidiano di Tirana "Gazeta Shqiptare" ha pubblicato un rapporto segreto della polizia italiana, secondo il quale un medico greco, Fotis Andropulos, con l’aiuto di un suo compaesano e di un cittadino italiano, stava cercando di costruire due cliniche nelle città di Durazzo e di Fier, le quali sarebbero parte di una rete di traffico d’organi e di bambini che coinvolgerebbe l’Albania, la Macedonia, la Grecia e in fine l’Italia.

Come al solito, non sono mancate le reazioni, a volte così ridicole da strappare un sorriso amaro, da parte di ministri e non, i quali presi dalla voglia di negare il tutto, sono usciti con dichiarazioni frettolose e per niente pertinenti, affermando che in Albania è tecnicamente impossibile effettuare un trapianto di organi, come se la frase "stanno cercando di costruire" la leggessero "hanno già costruito".

L’impotenza dello Stato
Il rapporto della polizia italiana sul traffico di bambini e dei loro organi ha mostrato palesemente ancora una volta l’impotenza dello Stato albanese nel contrastare questo fenomeno sempre in metamorfosi. Dopo il polverone scatenato dai media sull’argomento, le autorità si sono limitate a dare dei consigli e a mettere in guardia quelle donne che preferiscono partorire i loro bambini nella vicina Grecia.
Il ministero degli Interni ha preferito sottolineare da subito che non ha mai ricevuto nessuna segnalazione dai colleghi di Roma o di Atene sull’esistenza o sul pericolo di un’"industria degli organi" in Albania, come se questo bastasse a lavarsene le mani e tirarsi fuori da ogni responsabilità.

Il Ministero della Sanità, invece, ha controllato in fretta e furia tutte le cliniche nelle città di Durazzo e Fier: alla fine il ministro Leonard Solis ha ritenuto impossibile qualsiasi trapianto d’organi nel Paese visto che "non risultano esserci cliniche con questo tipo di capacità".

Negazioni, giustificazioni, ma nessuna parola sulla strategia delle autorità riguardo la lotta a questo problema tutt’altro che sconosciuto: infatti, già nel 2002, una donna di Korcia aveva accusato il medico greco Andropulos di averle rubato il figlio che aveva partorito nella sua clinica a Salonicco.
I servizi segreti sono riusciti a scoprire soltanto una "filiale" di questa rete di traffico a Skopje, in Macedonia. Per il resto sono i quotidiani a scavare e trovare documenti e testimonianze: solo pochi giorni fa "Gazeta Shqiptare" ha pubblicato nelle sue pagine una lista con i nomi di 20 donne le quali avrebbero venduto i propri figli al medico Fotis Andropulos. All’indomani, due agenti del Shish (servizi segreti albanesi) si sono presentati alla redazione chiedendo l’aiuto del giornale riguardo la lista con i nomi delle 20 venti donne.

La miseria che fa vendere i figli
Troppo occupati a seguire gli sviluppi politici nel Paese, dallo scontro tra Nano e Meta alle proteste di piazza di Berisha, nessuno degli opinionisti albanesi ha ritenuto importante scrivere due righe sulle cause che spingono queste famiglie a vendere i propri figli per una manciata di soldi. "La famiglia albanese è in crisi" si leggeva ogni qual volta che un padre uccideva la figlia perché era uscita col ragazzo, oppure quando il marito sparava alla moglie perché lo tradiva con un altro. E quando una madre vende il figlio nessuno ha niente da dire?! …o meglio: nessuno osa dire qualcosa?

Quello che nei giornali di Tirana non è mai stato scritto su questo fenomeno, è che la povertà e la miseria che regnano sovrane in alcune zone dell’Albania costringono addirittura a commettere atti di questo tipo. Forse è anche vergognoso, ma è la verità, e tacendola non si risolve nulla. Spesso si tratta di famiglie numerose che devono fare i conti ogni giorno con la disoccupazione da una parte e i prezzi sempre in rialzo dall’altra.
Eclatante è il caso-record di una 35enne la quale ha venduto ad Andropulos 3 bambini che aveva fatto nascere nella sua clinica a Salonicco. Si chiama Munire Hasan Leka, è nata a Tirana ma è sposata in un paesino montagnoso della città di Peshkopije (nord) nel quale non si può arrivare in auto neanche d’estate. Secondo i racconti degli abitanti del paese, Munire ha fatto nascere il primo figlio nel 1997, "ma noi non sappiamo quanto ha preso per il bambino". Il secondo invece nel 2000, ma in questo caso le autorità giudiziarie elleniche li hanno scoperti condannando lei e suo marito a 18 mesi di reclusione. Una volta fuori, lei ha fatto nascere anche il terzo bambino, raccontano alcuni parenti della coppia che vivono tutt’ora nel paesino mezzo deserto.

Tuttavia il suo caso non è affatto isolato: al secondo posto nella lista c’è il nome di Etleva K. della città di Korcia (sud est) la quale ha venduto al medico greco due figli, uno nel 1999 e l’altro nel 2002.
Quel che preoccupa di più è la totale mancanza di una strategia da parte dello Stato nel contrastare questo fenomeno. D’altronde, che ci si può aspettare da uno Stato che riesce a dare alle famiglie bisognose soltanto un aiuto simbolico? Che ci si può aspettare da uno Stato il quale chiede l’aiuto investigativo dei giornalisti? E che ci si può aspettare dai giornalisti i quali invece di sensibilizzare l’opinione pubblica, sono costretti a fare i poliziotti? Beh… forse l’unica speranza è che ognuno possa cominciare ad occupare il più presto possibile il proprio ruolo nella società.

Vedi anche:
Albania, il paese più povero d’Europa
vai al nostro dossier sul trafficking nei Balcani

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