Albania: la fine di un’era
Una vittoria netta, riconosciuta da tutti, con un’affluenza alle urne superiore alle politiche precedenti. In Albania da questo voto è emersa una situazione che nessuno si aspettava. Ora la coalizione di centro-sinistra si appresta a governare, mentre Sali Berisha ha annunciato la sua uscita di scena
È accaduto quello che nessuno si aspettava. Le politiche del 23 giugno in Albania sono andate secondo il miglior scenario possibile. Isolati incidenti durante le votazioni (seppur estremamente tragici, con la morte di una persona), un’affluenza maggiore rispetto alle elezioni del 2009 e la partecipazione di molti migranti in particolar modo venuti dalla vicina Grecia. Lo scrutinio dei voti si è concluso la sera del 26 giugno, a smentire gli albanesi che già scommettevano che come in passato sarebbe stato lungo e logorante e preambolo dell’ennesima crisi politica.
Sorprese elettorali
Come non era mai successo nella storia del pluralismo albanese, tutte le forze politiche – tranne i nazionalisti di Kreshnik Spahiu – hanno accettato i risultati delle urne. Una maggioranza da record, ben 84 deputati, andrà alla coalizione di centro-sinistra con a capo il Partito Socialista di Edi Rama. Mentre sono rimasti solo 56 deputati alla coalizione di centro-destra guidata dal Partito Democratico di Berisha.
Non sono riusciti a superare la soglia di sbarramento i nazionalisti di Kreshnik Spahiu, gli esponenti della nuova destra scissi dal PD qualche mese fa, FRD, e nemmeno i candidati indipendenti come l’ex LSI Dritan Prifti, e l’ex PS Arben Malaj.
Una vittoria quindi molto netta della coalizione di sinistra che ha stupito gli albanesi, ha smentito tutti i sondaggi e anche gli analisti che prevedevano un testa a testa con pochi punti percentuali di differenza tra le due coalizioni principali.
Il Partito Democratico ha perso persino nelle sue roccaforti come la città settentrionale di Scutari, ed è riuscito a mantenere le proprie posizioni solo nella regione di Tropoja, al confine con il Kosovo, zona di provenienza del premier uscente Berisha. Una sconfitta senza precedenti.
Addio Berisha
Per tre giorni – smentendo le sue abitudini – il premier Berisha non è apparso in televisione. I media hanno iniziato a speculare sulle cause del suo silenzio, tra cui non mancavano le ragioni di salute presumendo eventuali shock psicologici dovuti alla profonda sconfitta o la preparazione in silenzio e dietro le quinte di scenari nefasti e alleanze speculative con Ilir Meta, dell’LSI, per continuare a stare al potere.
Ma il silenzio del premier è durato solo fino alla chiusura dello scrutinio. In seguito Berisha è apparso sotto i riflettori dalla sede del suo partito. Con la voce non più rauca, decisa, ma un volto stanco e impassibile si è congratulato con Edi Rama e i socialisti, e ha annunciato che rinuncia anche a qualsiasi carica all’interno del suo partito, lasciando le sorti del PD in mano all’attuale sindaco di Tirana Lulzim Basha.
“Mi assumo personalmente la responsabilità della sconfitta – ha affermato Berisha. – il nostro avversario è stato più competitivo di noi, per via del suo programma elettorale, ma noi non potevamo fare promesse che poi non avremmo potuto mantenere come la sanità gratuita o l’aliquota progressiva”.
Tra le lacrime dei militanti del PD e le ovazioni “Sali, eroe, non ci lasciare”, Berisha ha affermato esplicitamente di accettare i risultati e ha augurato buon lavoro al nuovo premier che sarà come annunciato il leader del Partito Socialista.
Dopo il discorso di Berisha hanno tirato un sospiro di sollievo tutti gli albanesi che si erano già imbottiti credenze e frigoriferi con riserve di cibo, temendo disordini e violenze.
In molti sono rimasti increduli davanti a uno scenario che sarebbe più che normale in altri paesi più democratici, ma che nessuno si aspettava in Albania. Berisha l’inossidabile ha annunciato nel modo più democratico possibile la sua uscita di scena dopo ben 23 anni da protagonista nella politica albanese, l’ultimo dei leader autoritari ancora in circolazione della famigerata generazione dei comunisti riciclati nei Balcani.
Si conclude così un’epoca per gli albanesi che avevano visto in Berisha un punto di riferimento e di certezze clientelistiche, oppure un ostacolo, e il primo responsabile delle difficoltà del paese.
Il governo che verrà
Sarà Edi Rama il prossimo premier del paese delle aquile. L’ex sindaco di Tirana, l’artista e il rappresentante dell’Albania urbana progressista e anticonvenzionale ha saputo attirare a sé persino i fedeli di Berisha delle zone più settentrionali del paese. Una vittoria assolutamente imprevista che più che motivata dal programma elettorale del PS e dei suoi alleati sembra essere il risultato di un voto di punizione contro Berisha, e la stanchezza dilagante per lo status quo conflittuale e poco costruttivo che ha caratterizzato la politica albanese negli ultimi 8 anni.
Spetterà quindi ai socialisti attuare le riforme necessarie all’integrazione europea del paese e colmare i buchi di bilancio dovuti alle politiche pubbliche molto generose del governo precedente che aveva fatto delle grandi opere pubbliche la sua priorità in economia.
A prima vista il governo di sinistra avvia il suo lavoro in un periodo molto difficile ed è a rischio di forte impopolarità, ricordando molto il governo di Fatos Nano dopo la sconfitta di Berisha nel ’97. Rimane solo da augurarsi che il prossimo governo abbia migliori capacità tecniche rispetto ai governi socialisti del passato.
Con umiltà e entusiasmo anche Edi Rama ha tenuto un discorso davanti agli albanesi affermando di essere il nuovo premier del paese ma anche il capo-servo degli albanesi e si è prefisso di intraprendere passi decisivi per portare l’Albania più vicina all’UE.
Flop nazionalista
Non sono riusciti invece a superare la soglia di sbarramento i nazionalisti di Alleanza Rosso-nera. Nonostante la grande grinta e le spese esorbitanti con cui hanno iniziato la loro campagna elettorale, non ha funzionato la loro retorica anacronistica arrivata con almeno 20 anni di ritardo rispetto a quanto è avvenuto – e tragicamente funzionato – nei paesi vicini.
Gli albanesi possono vantarsi di nuovo di essere l’unico paese nei Balcani a non avere in parlamento dei rappresentati apertamente nazionalisti e fascistoidi.
Vittoria del pragmatismo
Con il voto del 23 giugno i cittadini dell’Albania hanno dimostrato di essere pragmatici, di non meritare i vecchi schemi della politica degli ultimi anni, e di poter decidere democraticamente sulle proprie sorti. Nonostante nessuno ci credesse realmente, le ultime elezioni, sicuramente grazie anche alla cospicua presenza internazionale, hanno apportato il cambiamento che ci si augurava.
La scena politica albanese nel prossimo futuro sarà dominata principalmente dal Partito Socialista e da un Edi Rama che nonostante abbia tendenze al leaderismo, come dimostrano vari episodi avvenuti all’interno delle strutture del PS, sarà molto più propenso alla negoziazione e al compromesso di Berisha.
Dalla parte opposta dell’arena politica, il Partito Democratico dovrà invece reinventarsi, dopo il passo indietro del suo leader carismatico che con il pugno di ferro è stato capace di tenere sotto controllo le personalità più forti all’interno del partito tra cui non da ultimo l’ambiziosa Jozefina Topalli.
Difficilmente Lulzim Basha riuscirà a competere con la statura di Berisha, e questo potrebbe portare nella politica albanese alla fine del bipolarismo che l’ha pesantemente caratterizzata sino ad ora. Questo potrebbe comportare grandi vantaggi nel superamento della conflittualità vissuta sino ad ora, ma anche un’asimmetria e un venir meno del ruolo costruttivo dell’opposizione in un parlamento dalla schiacciante maggioranza socialista.
Quello che si può dire sicuramente fin da ora è però che l’Albania ha inaugurato una nuova fase di rottura con un passato semi-autoritario e che gli albanesi si sono dimostrati cittadini più consapevoli e reattivi di quattro anni fa.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa.