Albania, Kosovo, Albania
Si è concluso il "Mese della Cultura Nazionale Comune", 30 giorni di iniziative culturali e sportive itineranti tra Tirana e Pristina all’insegna del sentimento nazionale albanese. L’evento maggiore mai realizzato dal ministero della cultura dell’Albania diventerà un appuntamento fisso
Da Durazzo, scrive Francesca Niccolai
Non è un caso che proprio settembre sia stato scelto quale "Mese della Cultura Nazionale Comune Albania-Kosovo". Fu nel settembre del 1998 che i primi profughi dal Kosovo iniziarono ad affluire in Albania per sfuggire a una guerriglia ormai endemica nella provincia della ex Jugoslavia; fu all’inizio di settembre del 1999 che, dopo i mesi convulsi dei bombardamenti NATO sulla Serbia e sul Kosovo, gli ultimissimi di questi profughi fecero ritorno nella stessa provincia, trasformata in protettorato dell’ONU; ed è alla fine di agosto che, ogni anno da quel fatidico 1999, migliaia di turisti venuti dal Kosovo lasciano l’Albania dopo avervi trascorso le ferie estive – "vacanze patriottiche", le ha recentemente definite un quotidiano albanese, constatando amaramente che gli unici turisti che frequentano l’Albania sono i connazionali kosovari in pellegrinaggio nella Nëna Shqipëri (Madre Albania).
Settembre come mese emblematico delle relazioni fra Albania e Kosovo, dunque, sebbene questo simbolismo non sia stato apertamente espresso. Settembre, che vede gli albanesi d’Albania e del Kosovo salutarsi e darsi appuntamento all’estate successiva, è stato scelto come periodo di prosecuzione ideale di questo rapporto oltre la stagione turistica, ospitando una serie di manifestazioni volte a enfatizzare i valori culturali che accomunano le terre a popolazione schipetara.
Ufficialmente patrocinato dal presidente del consiglio albanese Sali Berisha e dal suo omologo kosovaro Agim Çeku – come sottolineavano le decine di cartelloni al neon affissi nei centri delle città albanesi – il "Mese" si è aperto a Priština col concerto degli amatissimi "tre tenori" schipetari, proseguendo con una maratona di appuntamenti culturali e sportivi tenutisi nei due paesi per i trenta giorni successivi.
In Albania, le attività si sono inaugurate alla Galleria d’Arte Nazionale di Tirana con una mostra dal titolo emblematico, "I valori di una storia comune", che vedeva esposte 55 tele dei più celebri artisti albanesi, ripercorrendo l’evoluzione della pittura skipetara da Kol Idromeno a Spiro Xega, da Nexhmedin Zajmi a Zef Shoshi, da Thoma Thomai a Maks Velo, più le opere di pittori albanesi del Kosovo e della Macedonia quali Fatmir Krypa, Muslim Mulliqi, Reshat Ahmeti, Halil Muhazheri e altri. Se la pittura ha fatto la parte del leone nell’intera maratona culturale – una decina di gallerie d’arte, solitamente desolate, hanno ospitato per tutto il mese mostre di autori più o meno noti – il teatro e la danza sono seguiti a ruota, con la trasmissione su megaschermi delle principali realizzazioni teatrali prodotte dal gennaio al luglio 2006 in Albania e le performance dell’Ensemble dei Canti e delle Danze Popolari del Kosovo.
Così, fra gare ciclistiche, settimane dell’artigianato e perfino la proiezione del film "I pirati dei Caraibi" con Johnny Depp, ufficialmente inserita nel cartellone della manifestazione (!), il "Mese" si è concluso con un altro concerto, intitolato "Saluto al Kosovo", presentato a Priština dal Teatro Nazionale del Balletto e dell’Opera di Tirana. Quest’ultimo spettacolo consisteva nell’esecuzione di una "antologia selezionata della migliore musica nazionale e internazionale", spiegavano alla stampa gli organizzatori, fra i quali il viceministro albanese della cultura e del turismo, la direttrice d’orchestra Suzana Turku. La selezione musicale comprendeva stralci delle prime due opere albanesi, "Mrika" e "Goca e Kaçanikut", ma il sentimento nazionalista ha toccato l’apice col balletto "Shota e Azem Galica", che ha per protagonista una coppia di eroi antiserbi dell’epoca delle guerre balcaniche.
E proprio il nazionalismo è stato il protagonista indiscusso del "Mese". Gli organizzatori hanno dichiarato che la collaborazione culturale fra Albania e Kosovo è l’unica via per "costituire la piattaforma comune dell’operatività artistica del gene del talento nazionale" e che "l’idea di istituire un mese simbolo della condivisione dei valori dell’universalità albanese si è trasformata in un’azione che vivrà altri sviluppi inarrestabili". Né sono mancate gaffe più o meno involontarie, quali il definire Tirana e Priština "capoluoghi" (di province grandalbanesi?).
Vale inoltre la pena notare che, proprio l’ultimo giorno della manifestazione, si è tenuta la presentazione del libro "Rrno për me tregue" ("Vivi per raccontare", nella lingua gheg parlata dagli albanesi del Kosovo), dell’anziano padre francescano Zef Pëllumbi, che la critica kosovara ha definito "una seconda Divina Commedia". Due le presenze significative al piccolo evento: il titolare della casa editrice "55", che ha pubblicato l’opera, noto per le sue posizioni di estrema destra nazionalista e militarista, e il rappresentante della Chiesa cattolica kosovara. Diversi analisti hanno sottolineato il pericolo di una nazionalizzazione del cattolicesimo nelle terre a popolazione albanese, cattolicesimo che potrebbe in futuro sostituire l’islam quale religione "nazionale", continuando a demarcare l’identità albanese rispetto ai popoli ortodossi confinanti.
E sempre all’insegna del nazionalismo, il ministro della cultura del Kosovo, Astrit Haraqia, aveva dichiarato già in apertura che il "Mese" intende unificare la cultura albanese, "separata per troppo tempo dagli eventi storici, che non hanno mai permesso di organizzare eventi del genere". Haraqia ha inoltre affermato che l’intento condiviso col suo omologo albanese Bujar Leskaj è "unificare ancora di più la nostra cultura, per abbattere definitivamente il confine che a lungo ha separato la nostra cultura comune". Ma il viceministro albanese Suzana Turku si è spinta ancora oltre, concludendo la manifestazione con l’annuncio che l’iniziativa sarà ripetuta ogni anno, diventando "tradizionale" per le terre albanesi, in modo da "cancellare i confini amministrativi tra i nostri due paesi, e sentirci finalmente un tutt’uno nella cultura, nella lingua e nella nostra identità albanese comune".
Così è terminato il "Mese della Cultura Nazionale Comune Albania-Kosovo", che gli organizzatori definiscono "l’evento maggiore mai realizzato dal ministero della cultura albanese". E tuttavia, a fronte di tanto entusiasmo da parte delle élites politiche e intellettuali, la gente comune non ha risposto, soprattutto in Albania, con la partecipazione che ci si attendeva. La maratona culturale è rimasta in sordina, offuscata dagli eventi della politica quotidiana e dalle polemiche parlamentari che, come logico, attirano l’attenzione popolare ben più della politica estera, per non parlare di mostre pittoriche e opere teatrali. A meno che la sordina non fosse pianificata, in modo da non allarmare una comunità internazionale che, almeno ufficialmente, si dichiara contraria ad ogni ipotesi di "Grande Albania".