Albania: il giorno dopo la protesta dell’opposizione

Sabato scorso le manifestazioni promosse dall’opposizione in Albania sono rapidamente degenerate in violenza. Una rassegna

18/02/2019, Gentiola Madhi -

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Manifestazioni a Tirana (Fonte: Partito Democratico dell'Albania)

Lo scorso sabato, Tirana ha assistito all’inizio di una nuova ondata di proteste organizzata dalla coalizione dell’opposizione, con l’obbiettivo di “sconfiggere il governo del narco-traffico", guidato da Edi Rama, leader del Partito Socialista.

Nelle scorse settimane, il leader del Partito Democratico, Lulzim Basha, ha attraversato il paese con l’intenzione di sentire e raccogliere personalmente il malcontento dei cittadini contro il governo, in seguito alle accuse sugli scandali di corruzione riguardanti la costruzione di strade, la compravendita di voti nelle elezioni del 2017, la complicità della politica con la sfera criminale, così come l’alto tasso di disoccupazione e l’emigrazione dei giovani.

Insieme alla leader del Movimento Sociale per l’Integrazione, Monika Kryemadhi, Basha ha più volte sottolineato che la protesta del 16 febbraio era destinata a diventare la più grande manifestazione a cui l’Albania avesse mai assistito negli ultimi 30 anni.

La protesta dello scorso sabato

Sebbene fosse dichiarata inizialmente come una protesta pacifica, seguita anche dalla distribuzione di fiori da parte di un gruppo di dimostranti, la manifestazione è degenerata in azioni violente dopo soli 30 minuti dal suo inizio. Un gruppo di manifestanti ha istigato un confronto contro un cordone di polizia vicino al palazzo del governo, scagliando delle bombe molotov e altri oggetti. L’obbiettivo era entrare e occupare simbolicamente l’ufficio del primo ministro.

In risposta, le forze di polizia hanno lanciato gas lacrimogeno e dell’acqua contro i manifestanti, al fine di ripristinare l’ordine. Messaggi pre-registrati sono inoltre stati trasmessi attraverso megafoni piazzati sul viale, invitando i dimostranti a mantenere la calma ed evitare la distruzione di beni pubblici,violando la legge in vigore.

La protesta è durata 4 ore ed è terminata con il parziale danneggiamento della facciata del palazzo di governo e di due installazioni artistiche. 19 cittadini sono rimasti feriti, tra cui agenti di polizia, giornalisti e manifestanti. 16 manifestanti sono stati arrestati. I rappresentanti dell’opposizione non hanno denunciato l’uso della violenza. Al contrario, hanno accusato la polizia di aver istigato i cittadini alla violenza e hanno dichiarato la loro intenzione di ritornare in piazza il prossimo giovedì 21 febbraio.

Reazione immediata dai corpi diplomatici

Tutte le missioni straniere accreditate a Tirana hanno rilasciato immediatamente dichiarazioni stampa condannando la violenza. Pur riconoscendo il diritto dei cittadini a riunirsi e protestare per condizioni di vita migliori e a favore dei principi democratici, hanno richiesto un comportamento maturo e costruttivo da entrambe le parti.

La delegazione dell’Unione europea ha esortato entrambi le parti alla moderazione e l’ambasciata Usa ha "invitato le parti coinvolte nella protesta di sabato, e tutti dirigenti politici albanesi, di respingere la violenza e assicurare che le dimostrazioni vengano condotte in maniera pacifica e costruttiva".

"L’escalation della violenza in strada rappresenta un’infrazione dei principi di una protesta democratica e pacifica. Gli istigatori e i responsabili si devono assumere le proprie responsabilità per gli incidenti", ha dichiarato in conferenza stampa il responsabile OSCE in Albania. Due giorni prima, l’OSCE aveva già rilasciato una dichiarazione, augurandosi che la manifestazione si sarebbe tenuta in modo pacifico e non avrebbe degenerato in violenza.

La mancanza di alternative

Tirana si è svegliata domenica in silenzio, tra il disappunto generale dei cittadini e la fatica di lunga data dovuta alla "tradizionale" degenerazione delle proteste in violenza, fiamme e animati dibattiti politici.

Il malcontento generale contro le misere condizioni di vita, la corruzione ed il crimine organizzato, accompagnato dalla mancanza di speranza, tiene ancora i cittadini ostaggi di un futuro incerto.

E’ evidente che non tutti i manifestanti di sabato approvano queste proteste "vecchio-stile" e lo sfruttamento della loro miseria con il fine del singolo di acquisire il potere. Dalle interviste raccolte dai mezzi di informazione in merito al giorno della protesta, un numero considerevole di manifestanti ha espresso la propria insoddisfazione sull’arroganza del governo e non si sentivano necessariamente rappresentati dai leader dell’opposizione.

Al momento non sembrano essere disponibili alternative adeguate per dare risposta alla sfiducia assai diffusa contro i partiti politici attuali e i rispettivi dirigenti. Il sistema elettorale in vigore rende, a sua volta, praticamente impossibile per nuovi partiti entrare in Parlamento.

Grazie a un consenso trasversale dei partiti politici a livello nazionale, i leader politici tengono per loro il potere di definire le liste di partito dei candidati obbligando così i cittadini alle elezioni ad esprimere le loro preferenze solo per un determinato partito non potendo scegliere tra i candidati. Inoltre non vi è alcun controllo vero e proprio sui candidati designati a sedersi in Parlamento per quattro anni con il fine di rappresentare gli interessi dei cittadini. Questo divario tra l’elettorato e i parlamentari contribuisce ad una responsabilità limitata di questi ultimi e ad una limitata rappresentatività, che, in ultima istanza, ha come risultato un governo forte, con una limitata supervisione da parte del parlamento.

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