Albania: gli affreschi di Onufri e la politica
Il 30 dicembre 2012 alcuni vandali hanno saccheggiato gli affreschi di Onufri, capolavoro dell’arte post-bizantina del XVImo secolo. Si è trattato di saccheggio o di un atto politico contro il patrimonio ortodosso? L’analisi dell’architetta Nikelina Bineri
(pubblicato originariamente da Le Courrier des Balkans 1 febbraio 2013)
Un fatto gravissimo per quanto riguarda la tutela del patrimonio culturale in Albania ha attirato l’attenzione in questo inizio 2013. La chiesa di San Paraskevi (Shën Premtes), datata XVI secolo, è stata saccheggiata in due successive occasioni. La chiesa in questione è situata nei pressi del villaggio di Vlash, non lontano da Elbasan. E’ una chiesa piccola, dalla pianta semplice, ad una navata. Oltre al suo valore storico – si tratta di una delle rare chiese che ci restano del XVI secolo – l’unicità del monumento dipende dalle sue decorazioni interne con affreschi dipinti nel 1554 dal famoso pittore albanese Onufri.
Questi ultimi occupano un posto importante nella storia della pittura post-bizantina. La posizione dei corpi e le espressioni dei visi dei suoi personaggi sono realistici, una novità per le norme della pittura religiosa bizantina. Onufri è ugualmente celebre per aver introdotto nella pittura religiosa un tipo tutto particolare di colore rosso, del quale non ha mai rilevato il segreto di fabbricazione. Gli affreschi nella chiesa di Shën Premtes sono stati oggetto di numerosi studi da parte di specialisti del patrimonio culturale. Negli affreschi saccheggiati vi era inoltre un’iscrizione di Onufri che conteneva informazioni sulla sua vita.
La chiesa e i suoi affreschi sono protetti come monumento culturale a livello nazionale. L’accademico Moikom Zeqo, autore di numerose pubblicazioni sui dipinti di Onufri, ritiene che gli affreschi di Shën Premtes siano unici e non rimpiazzabili. La perdita di questi capolavori è a suo avviso un vero motivo di lutto nazionale. Per Moikom Zeqo, Onufri fa parte della “santa trinità” delle grandi figure che si trovano alla base della cultura nazionale albanese assieme a Marin Barteti (visse a cavallo tra XV e XVI secolo ed è considerato il primo storico albanese, ndr) e Gjon Buzuku (XVI secolo, è autore del primo testo scritto in lingua albanese, ndr). L’accademico considera la sparizione di questi affreschi come un crimine nei confronti della memoria del popolo albanese e la memoria dell’umanità.
Gentian Stratoberdha, architetto, esperto in conservazione dei beni culturali e consulente per la Chiesa ortodossa albanese ha spiegato in un’intervista al quotidiano Dita che l’analisi da parte di esperti dei danni lasciati dai vandali dopo il primo saccheggio, avvenuto lo scorso 30 dicembre, hanno dimostrato che le pitture sarebbero state asportate con dei coltelli. Gli affreschi ne sono risultati seriamente danneggiati e frammenti di muro sono stati ritrovati sul pavimento. Questo dimostra secondo gli esperti che i ladri non avevano esperienza nell’esportazione di affreschi. Le parti di dipinto più ricercate dai ladri sono state le teste dei santi. Anche l’iscrizione nella quale Onufri dava informazioni sulla sua vita è sparita.
Saccheggio o vandalismo “ideologico”?
Vi sono due ipotesi alla base di questo crimine contro il patrimonio culturale. La prima è quella di un crimine premeditato motivato da ragioni ideologiche che Moikom Szeqo paragona alla distruzione dei Buddha in Afghanistan da parte dei talebani. La seconda ipotesi sarebbe quella che gli affreschi sono stati sottratti per essere rivenduti sul mercato nero delle opere d’arte.
E’ da tempo che gli esperti di patrimonio culturale albanesi suonano i campanelli d’allarme. Dato il gran numero di oggetti preziosi spariti in questi ultimi anni, tra i quali anche alcune opere del grande pittore di inizi XX secolo Vangjush Mijo, hanno proposto la creazione di un Comitato d’urgenza per i monumenti e beni culturali.
Il Forum per la protezione del patrimonio dell’Albania ha denunciato il saccheggio degli affreschi quale un “crimine contro il patrimonio”. Nel corso di una manifestazione di protesta promossa l’11 gennaio scorso davanti alla sede del ministero della Cultura i responsabili del Forum hanno chiesto le dimissioni del ministro Aldo Bumçi.
Ritengono infatti che vi è responsabilità del ministero in quest’ultimo saccheggio e denunciano il silenzio durato per ben 10 giorni prima che la catastrofe accaduta a Shën Premtes fosse resa pubblica. Per Auron Tare, membro del Forum e deputato del Partito socialista, le dimissioni del ministro avrebbero un valore simbolico perché qualcuno deve assumersi la responsabilità per quanto sta accadendo. Auron Tare ritiene che la sparizione degli affreschi di Onufri sia il risultato di anni di indifferenza da parte del ministero e di malagestione di tutto il sistema che dovrebbe occuparsi della tutela del patrimonio culturale in Albania.
Il ministro Aldo Bumçi ha risposto che è impossibile proteggere tutti gli edifici iscritti nella lista del patrimonio nazionale 24 ore su 24. Ad avviso del ministro guardie armate a protezione dei monumenti o telecamere di sorveglianza avrebbero costi che il ministero non può affrontare col suo piccolo budget. Il ministro ha poi elencato tutti i progetti portati avanti in questi ultimi anni, prima di spiegare che “la comunità internazionale tutta intera è responsabile del saccheggio”, data la mancanza diffusa di sensibilità nei confronti del patrimonio culturale.
Ciononostante, questa mancanza di sensibilità dei confronti del patrimonio rimane responsabilità del governo, che non garantisce alcuna formazione in tal senso a livello scolastico e che non conduce campagne di sensibilizzazione al fine di far conoscere questo patrimonio culturale.Vi è qualche università privata come l’Università Polis e l’Università Epoka, che promuovono corsi e conferenze su temi legati al patrimonio culturale, ma in quelle pubbliche l’offerta di formazione in questo campo rimane molto limitata. La maggior parte degli specialisti di tutela dei beni culturali in Albania si è formata all’estero, mentre i più anziani hanno acquisito le loro conoscenze direttamente sul campo. Il ministro ha concluso il suo intervento affermando che l’attività di Forum, principalmente animata a suo avviso da politici socialisti, è propaganda politica, assicurando poi che la sua risposta arriverà “alle urne” alle prossime politiche del 23 giugno.
L’integrazione europea e la testa di Alì Pasha
Il saccheggio degli affreschi di Onufri non rivela solo l’incapacità del governo di proteggere il patrimonio culturale albanese ma anche la costante strumentalizzazione del patrimonio da parte della politica. Quest’anno gli albanesi andranno alle urne. Il Partito democratico ha di fatto iniziato la campagna elettorale nel novembre scorso, con i grandi festeggiamenti per il centenario dell’indipendenza albanese. Naturalmente hanno dominato i toni nazionalisti.
Le armi dell’eroe nazionale Skanderbeg, che fanno parte della mostra permanente della collezione delle armi e armature del Kunsthistorisches Museum di Vienna sono state esposte presso il Museo storico nazionale di Tirana. Per l’occasione il primo ministro Sali Berisha ha dichiarato che il governo albanese avrebbe fatto tutto il possibile per acquistare quei tesori, in modo da integrare l’esposizione permanente del Museo nazionale. Moikom Zeqo ritiene che questa promessa non è che farsa elettorale aggiungendo che sarebbe più opportuno le armi rimanessero a Vienna, dove sono tutelate meglio.
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Il legame tra le politiche nazionaliste e il patrimonio culturale è ben noto. La nazione si crea in riferimento ad un patrimonio ed il patrimonio è identificato come tale in funzione delle necessità della costruzione nazionale. In Albania il governo, in continua ricerca di simboli nazionali, ha promesso ai cittadini di far ritornare in Albania la testa di Ali Pasha da Tepelena, che era stata inviata a Istanbul per dimostrare la morte del potente pasha di Janina. Ciò che scandalizza, non è stata solo la strumentalizzazione del patrimonio per fini politici, ma anche il tipo di patrimonio scelto.
Il sindaco della città di Tepelena, della quale il pasha in questione era originario, ha richiesto che al posto della testa, vengano dati piuttosto dei fondi per ristrutturare il castello appartenuto al pasha, che sta cadendo in rovina.
La scelta governativa di questi oggetti ha però una chiara spiegazione. Il ritorno in patria della armi di Skanderbeg o della testa di Ali Pasha Tepelena produrrebbero un forte effetto nazionalista facilmente percepibile da un ampio pubblico, nonostante lo scarso livello di conoscenza del patrimonio culturale nazionale. Il restauro di un monumento ha meno visibilità, richiede più tempo e resta meno apprezzato dal pubblico. Il monumento è attaccato al suolo dove sorge mentre gli oggetti possono viaggiare per essere mostrati ovunque nel paese.
Gli esempi di strumentalizzazione del patrimonio a fini politici sono molti nel passato. Una gran parte degli edifici storici, in particolare quelli religiosi, sono stati abbattuti dallo stato comunista nel quadro della sua politica ateista.
Il governo attuale, con le sue campagne per la distruzione della piramide di Tirana o quella dei bunker, non fa che inserire i propri passi in quelli del passato regime: si tratta della stessa tendenza a distruggere il patrimonio culturale per fini politici. La città di Tirana riporta le ferite tragiche di queste politiche. Nella situazione di instabilità politica che caratterizza l’Albania negli ultimi 23 anni, il patrimonio soffre. Il popolo albanese sta perdendo tutta la sua memoria culturale e presto non rimarrà nulla su cui costruire la propria identità.
Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa.