Albania: frizioni con gli USA
E’ una novità assoluta per la recente politica albanese. Un duro scontro tra un’istituzione del paese, la procura generale, e l’ambasciata USA. Sullo sfondo la riforma della giustizia e probabili vicende personali
L’implementazione della recente riforma della giustizia albanese, settore radicalmente modificato dopo l’approvazione parlamentare il 21 luglio scorso di apposite modifiche costituzionali, è il banco di prova decisivo dell’aspirazione di Tirana di aprire rapidamente i negoziati di adesione all’Unione Europea.
Oltre a Bruxelles, tutto il processo è attentamente osservato sin dai suoi inizi anche dagli Stati Uniti. Da settimane l’ambasciata USA a Tirana è impegnata in un acceso conflitto con la procura generale albanese, istituzione che gli americani ritengono stia rallentando l’attuazione della riforma. La dura reazione della procura alle accuse americane sta producendo un inedito conflitto.
I fatti
Il 26 gennaio scorso, attraverso un suo comunicato, l’ambasciata USA a Tirana ha reso noto di aver revocato i visti a diversi giudici e procuratori albanesi, alla vigilia dell’inizio del cosiddetto “vetting”, la verifica delle credenziali di chi si candiderà alle cariche previste dal nuovo sistema giudiziario e dopo l’uso improprio del visto da parte di un alto ufficiale della procura e di sua moglie. Il timore americano era che gli ufficiali avessero potuto recarsi oltre l’Atlantico per evitare le verifiche reddituali previste dalla procedura del “vetting”. L’alto ufficiale menzionato nella nota – la quale però non conteneva nomi – era il procuratore generale albanese Adriatik Llalla, la cui moglie aveva partorito negli USA usufruendo di un visto per motivi di lavoro.
Lo scontro tra le due istituzioni è diventato pubblico il 2 febbraio. In un suo discorso l’ambasciatore americano Donald Lu ha accusato Llalla di essere, da 18 mesi, di impedimento alla riforma della giustizia. Il diplomatico ha rivelato che a fine 2016 la procura ha cercato di sequestrare i server dell’ILDKPKI, l’ente nazionale incaricato delle verifiche reddituali e dei possibili conflitti di interesse dei funzionari albanesi, verifiche necessarie al “vetting”.
Inoltre, Lu ha affermato che il procuratore aveva violato lo spirito della Costituzione albanese in merito alla proposta dei nomi che dovevano essere sorteggiati nella selezione dei componenti del Consiglio delle Nomine della Giustizia (KED). Il KED è un organismo costituzionale di controllo composto da 9 membri e inserito nell’organigramma giuridico albanese all’interno dell’articolo 149/d della nuova Costituzione dopo le modifiche del luglio scorso. Il sorteggio sulle nomine è avvenuto il 27 gennaio e il procuratore aveva presentato solo tre nomi per i tre posti riservati alla procura nella KED: nomi ovviamente tutti e tre selezionati (Rovena Gashi, Gentian Trenova, Fatjona Mencaj). I 9 membri del neonato KED saranno sottoposti anche loro al "vetting" prima di entrare nella pienezza dei loro poteri, che consistono principalmente nel verificare le competenze professionali e morali dei candidati alle funzioni di Alto Ispettore della Giustizia e membro della Corte Costituzionale.
La procura risponde
La risposta di Llalla alle accuse è stata immediata. Attraverso una lettera rivolta ai presidenti della Repubblica Bujar Nishani e del Parlamento Ilir Meta, il procuratore ha affermato che da tempo l’ambasciatore USA, presentandosi come acceleratore della riforma della giustizia in Albania, ha fatto pressioni affinché la procura generale appoggiasse un pacchetto legale preconfezionato, anche nei casi in cui i contenuti del pacchetto sono risultati in contrasto alle norme costituzionali e al rispetto dei diritti umani. "L’essere questi contenuti del pacchetto contrari a queste norme – si scrive nella lettera – è stato accertato dall’opinione della Commissione di Venezia. Nelle comunicazioni ufficiali e informali l’ambasciatore Lu ha reso noto al procuratore generale che vi sarebbero state delle conseguenze personali e istituzionali se il procuratore non avesse difeso pubblicamente le modifiche di legge".
Per la procura la revoca dei visti è stata inoltre una forma di pressione per deragliare indagini riguardanti politici albanesi vicini all’ambasciata USA. In un’intervista durante la seguitissima trasmissione TV serale "Opinion", Llalla ha affermato che nella scrittura del pacchetto legale della riforma erano state incluse "persone del vecchio regime comunista albanese" e "collaboratori della Fondazione Società Aperta" in Albania, fondazione multinazionale presieduta dal miliardario George Soros, visto a Tirana come legato al Partito Socialista al potere.
Llalla ha poi difeso la legittimità della presentazione di soli tre nomi al sorteggio sui membri del KED, rimarcando che Gashi, Trenova e Mencaj erano i soli procuratori che rispettavano i requisiti richiesti. Il tentativo di accedere ai server dell’ILDKPKI è stato giustificato dal procuratore come atto procedurale dovuto in merito ad indagini avviate dalla procura e non per evitare la diffusione di notizie sui redditi dei funzionari oggetto alle verifiche del "vetting".
Interferenze
Sia nella lettera a Nishani e Meta, sia nel corso dell’intervento a "Opinion" Llalla ha accusato l’ambasciatore USA di interferenze nelle indagini sulle esplosioni (2015) nei pozzi petroliferi in Albania gestiti dalla "Bankers Petroleum". Su questo fatto, nel luglio 2016, il quotidiano "Gazeta Dita" aveva pubblicato i contenuti di una lettera confidenziale del luglio 2015 rivolta da Lu a Llalla, al primo ministro Edi Rama e al ministro dell’Energia Damian Gjiknuri: in essa si chiedeva alla procura di essere imparziale nella conduzione delle indagini sulle esplosioni.
Lo scontro ambasciata USA – procura generale è importante soprattutto per l’oggetto del conflitto, l’implementazione della riforma della giustizia e per il dibattito che ne è scaturito sulle influenze esterne sull’attuazione delle riforme nel paese. In Albania le pressioni americane furono determinanti nel convincere nel luglio scorso il Partito Democratico all’opposizione a votare a favore delle modifiche costituzionali sulla giustizia. L’attuale scontro però è inedito e la procuratrice generale che ha preceduto Llalla, Ina Rama (2007-2012), aveva collaborato molto strettamente con i predecessori di Lu, Withers e Arvizu, che l’avevano affiancata nei suoi contrasti con il governo Berisha.
Ora, vista la posizione della procura generale albanese, che evidentemente ritiene che il coinvolgimento americano nella stesura del pacchetto legale della riforma della giustizia e la vigilanza nella sua messa in pratica costituisca una forzatura, altre istituzioni albanesi potrebbero sollevare nuove riserve sul ruolo degli "internazionali" (USA e UE in primis), ritardando una veloce implementazione della riforma e di conseguenza anche l’avvio dei negoziati di adesione di Tirana nell’Unione Europea.