Albania, crocevia dei traffici e della prostituzione
Migliaia di donne albanesi adescano sui marciapiedi dell’Europa Occidentale. Vivono sotto il pugno di ferro degli sfruttatori. La prostituzione e il comportamento delle autorità danno un’immagine disastrosa dell’Albania dentro e fuori dal paese
Un commentatore albanese si interroga sulla immagine del paese all’estero, sulle conseguenze politiche e sociali di una crescita fondata in gran parte su rimesse provenienti dall’economia illegale e sull’atteggiamento compiacente delle autorità. Traduciamo questo articolo pubblicato sul periodico albanese Koha Jone e selezionato dai nostri partners di Courrier des Balkans
Di: Kreshnik Spahiu
Tradotto da: Mandi Gueguen
Traduzione dal francese: Carlo Dall’Asta
L’Albania ha appena ricevuto ancora una volta il solito sermone in cui le si rimprovera di esportare criminalità. Gli Albanesi godono di una cattiva reputazione. Sono visti come sfruttatori, trafficanti d’armi, di droga, e di macchine rubate. La voglia di sfuggire alla povertà, curiosamente, non li ha incitati tutti a lavorare, a studiare e a integrarsi. Numerosi sono quelli che hanno scelto le vie dell’illegalità. Qualche tempo fa, l’Albania era stata elogiata per aver sensibilmente ridotto i suoi traffici illegali. Era passata dal livello tre al livello due, e s’aprivano così le vie dell’integrazione europea. Eppure, da quel giorno, le critiche e i rimproveri sono continuati.
Se il numero dei misfatti si sia davvero abbassato, questo non è mai stato detto esplicitamente, forse perché in Albania nessuno s’interessa agli affari e alle gesta degli espatriati. La lotta contro la criminalità, in assenza di statistiche ufficiali, non poteva durare a lungo. Dopo un piacevole pranzo a Vlora, il Primo Ministro, per celebrare la distruzione di organizzazioni mafiose, ha fatto bruciare tre pneumatici. È ben poca cosa… I malfattori albanesi sono ormai cittadini tedeschi, italiani, svizzeri, belgi, inglesi e così via. I mezzi finanziari di cui dispongono gli hanno consentito di avere permessi di soggiorno e documenti in regola. Queste persone hanno ormai gli stessi diritti di qualsiasi cittadino europeo, ed è questo che spaventa gli occidentali. Essi hanno deciso, dopo un lungo soggiorno all’estero, di scegliersi una nuova "carriera". Tornano in patria per creare i loro piccoli affari. L’Albania sembra essere il nirvana per questo genere di attività, dal momento che nessuno si cura dell’origine delle fortune accumulate. Grattacieli, motel, ristoranti e hotel spuntano come funghi. I proprietari sono talvolta dei vecchi pastori che, dopo un soggiorno all’estero, sono tornati col frutto del "loro" lavoro, per diventare delle personalità di alto rango. Migliaia di automobili di lusso, comprate o rubate, sfilano sotto le finestre dei membri del governo. Di tanto in tanto, questi ultimi fanno mostra d’arrestare qualche trafficante, senza mai interessarsi all’origine delle fortune accumulate.
Centinaia di contadini hanno tagliato le loro vigne per piantare… cannabis! Sono imitati in questo da decine di cittadini che riempiono di piante psicotrope i vasi da fiori dei loro balconi! Il riciclaggio di denaro sporco è passato sotto silenzio, perché ha contribuito ad alimentare gli investimenti locali. Comunque, i danni per la società albanese sono considerevoli. Dei mostri controllano oggi l’economia locale: sfruttano la prostituzione, vuotano gli orfanotrofi e gli ospedali per offrire dei bambini a "uomini d’affari" poco puliti. Finanziano le campagne elettorali con il loro denaro sporco, e controllano così la società e l’economia del paese.
Sono più numerosi di quanto non si creda, anche se lo Stato non è in grado di stilarne la lista e di combatterli. Sulla scena europea, le autorità albanesi non devono comportarsi come una prostituta. Invece di auto-celebrarsi per complimenti estemporanei farebbero meglio ad ascoltare i rimproveri che gli sono rivolti. E’ un’armata di giovani ragazze e di bambini a sostenerli. E invece, lo Stato realizza il proprio programma a colpi di denaro sporco, onorando in questo modo i trafficanti della peggior specie.
In Albania, le sanzioni legali restano virtuali. Le prigioni sono vuote ed è impossibile trovare un trafficante a scontare dieci o quindici anni di prigione. Le migliaia di donne albanesi obbligate a prostituirsi hanno più etica del governo locale. Lo Stato ha fallito il suo compito: non dovrebbe assicurare la difesa dei più indifesi? Comunque, non è mai troppo tardi per rimediare. Per portare a buon fine questa operazione mani pulite, bisognerebbe mettere in cantiere una decina di processi, perché un giorno, se non si fa niente, i mafiosi prenderanno il potere.