Albania al voto: tra continuità, nuovi partiti e il voto all’estero
L’Albania torna al voto con il governo di centrosinistra in cerca di una quarta riconferma consecutiva, malgrado le ombre delle inchieste per corruzione. Tra le novità del voto 2025, l’ingresso di nuovi partiti pronti a conquistare l’elettorato indeciso e, per la prima volta, il voto dall’estero

Albania-al-voto-tra-continuita-nuovi-partiti-e-il-voto-all-estero
© flagmotions/Shutterstock
Domenica 11 maggio i cittadini albanesi tornano alle urne per rinnovare i 140 seggi del Parlamento. A contendersi la scena sono, ancora una volta, il Partito Socialista (PS) e il Partito Democratico (PD), che da oltre trent’anni si alternano al potere, anche grazie a riforme elettorali congiunte che ne hanno rafforzato il predominio a livello nazionale.
Il Partito Socialista, guidato dal Premier uscente Edi Rama, si presenta alle elezioni con l’obiettivo di ottenere un inedito quarto mandato consecutivo. Figura centrale della politica albanese, dal 2005 Rama mantiene salda la propria leadership del partito, nonostante i numerosi scandali di corruzione che hanno colpito figure chiave del suo governo negli ultimi dodici anni.
Sul fronte opposto, il Partito Democratico ha visto il ritorno alla guida di Sali Berisha, già presidente della Repubblica negli anni Novanta e poi primo ministro fino al 2013. Politico divisivo e attualmente sotto inchiesta per corruzione, anche Berisha conserva il controllo del partito ma fatica a riacquistare consenso al di fuori della base tradizionale.
Campagna senza confronto, tra retorica e pressione sociale
A pochi giorni dalle elezioni di maggio, il Partito Socialista, che ha vinto tutte le ultime tornate dal 2013, si presenta in vantaggio, grazie anche alla frammentazione dell’opposizione. I suoi dirigenti non hanno fatto mistero dell’intenzione di ottenere una maggioranza qualificata, puntando a conquistare i tre quinti dei seggi per guadagnare maggiore agilità legislativa, potenzialmente anche su questioni legate a riforme elettorali o giudiziarie.
La campagna è cominciata con largo anticipo rispetto ai termini di legge, ma al netto di slogan e comizi, a Tirana ci si chiede se dietro il rumore elettorale ci siano contenuti e programmi reali.
A dominare questa tornata elettorale, secondo la giornalista Esiona Konomi, è “un vuoto ideologico”, dove i due principali schieramenti “fanno leva sulle emozioni degli elettori ricorrendo a sarcasmo e retorica aggressiva”, invece di proporre contenuti e confrontarsi sui risultati.
“Manca un confronto reale di idee, un bilancio di quanto fatto e un senso di responsabilità. Come credo documenteranno anche i rapporti di monitoraggio, l’amministrazione sarà sottoposta a forti pressioni fino alla conclusione della campagna”, dice Konomi ad OBCT.
"Non si può nemmeno parlare di campagna elettorale", denuncia l’editor di BIRN Gjergj Erebara, secondo cui in Albania oggi domina un clima di paura che scoraggia l’impegno politico e perfino la semplice espressione del dissenso.
Il timore più diffuso è quello di perdere un posto di lavoro, proprio o di un familiare, in un contesto in cui il pubblico impiego rappresenta una leva fondamentale del potere. “In un Paese in cui il settore pubblico impiega circa 185.000 e un partito può arrivare a governare con appena 600.000 voti, ogni posto di lavoro diventa uno strumento di pressione politica.”
Secondo il giornalista, il Partito Socialista ha da tempo messo in moto la sua macchina elettorale, trasformando la politica in un sistema capillare di ricatti e clientelismo. “Il premier Rama sembra più interessato a costruire una parvenza di consenso popolare, che in realtà poggia su un apparato statale piegato agli obiettivi elettorali: dal controllo sui posti di lavoro fino all’accesso a diritti fondamentali come i titoli di proprietà, che appaiono subordinati al sostegno elettorale al partito”, sostiene ancora Erebara
Per la prima volta al voto: l’impatto della diaspora sul panorama elettorale
Per la prima volta, alle elezioni albanesi potranno votare anche i cittadini residenti all’estero. Una novità significativa introdotta nel 2024, quando il Parlamento — con consenso trasversale — ha approvato gli emendamenti al Codice Elettorale che permettono il voto a distanza.
La riforma nasce in risposta ad una sentenza della Corte Costituzionale, che ha riconosciuto il diritto di voto a tutti i cittadini albanesi, sollecitando il Parlamento a intervenire per colmare un vuoto normativo che per anni ha escluso milioni di albanesi emigrati.
Una richiesta costante della diaspora, che oggi rappresenta quasi la metà della popolazione del Paese. Secondo l’ultimo censimento, infatti, solo 2,4 milioni dei 4,6 milioni di cittadini albanesi risiedono effettivamente nel Paese.
Per votare fuori dall’Albania si sono registrati circa 245.000 elettori, in gran parte residenti in Italia, Grecia e Kosovo. I voti verranno espressi per corrispondenza e saranno attribuiti al collegio elettorale corrispondente all’ultima residenza prima dell’emigrazione. Un apporto che potrebbe incidere sensibilmente sui risultati, soprattutto nei collegi elettorali più contesi.
Secondo Celik Rruplli, il voto della diaspora è atteso da tempo, considerando che si tratta di una delle comunità albanesi più numerose al mondo e che contribuisce in modo significativo al PIL nazionale attraverso le rimesse. "Il suo impatto potrebbe essere determinante in collegi strategici, spiegando l’intensa mobilitazione dei partiti tra gli elettori all’estero”, sostiene l’analista.
Per Esiona Konomi, si tratta di un passo storico che sta comunque procedendo positivamente, nonostante le inevitabili difficoltà legate alla sua attuazione inedita, “Servono regole più chiare per la distribuzione dei voti e sanzioni efficaci in caso di inadempienze da parte della società postale, specialmente per ritardi o mancate consegne dirette agli elettori. Nonostante questo, il numero di schede già rientrate ha superato ogni previsione.”
Rimane più incerto, invece, l’impatto effettivo di questo nuovo elettorato sul risultato finale. “In termini assoluti, il numero di voti espressi dalla diaspora sarebbe sufficiente per determinare fino a venti seggi”, precisa Konomi, “ma non essendo prevista una circoscrizione estera autonoma, i voti verranno redistribuiti tra i vari collegi nazionali. In questo modo, il loro peso politico rischia di essere diluito”.
Nuovi partiti in corsa per scardinare il duopolio PD-PS
Un’altra novità nelle elezioni albanesi riguarda la crescente partecipazione di nuovi attori politici, che questa volta sembrano avere concrete possibilità di entrare in Parlamento e sfidare il consolidato duopolio tra socialisti e democratici.
Alcuni di questi partiti nascono da scissioni interne dell’opposizione di centrodestra. Tra i protagonisti c’è infatti l’ex deputato Agron Shehaj, imprenditore nel settore dei call center con esperienza di vita in Italia, che corre con il partito da lui creato Mundësia (Opportunità). Il suo programma punta su una pubblica amministrazione più snella, una tassazione ridotta e un mercato competitivo.
Altri due nomi di rilievo provengono sempre dalle fila del Partito Democratico: l’ex presidente Lulzim Basha, attuale leader della Coalizione Euro-Atlantica, e l’ex vice presidente del partito Enkelejd Alibeaj.
Entrambi hanno deciso di separarsi dal PD a causa della crescente vicinanza del partito all’ex primo ministro Sali Berisha, in particolare per le sue vicende giudiziarie e lo scontro con i partner internazionali dell’Albania. Le loro nuove formazioni puntano a raccogliere il malcontento di quegli elettori che ritengono il PD troppo legato al passato e ai suoi conflitti interni.
Un’altra novità di questa tornata elettorale è l’alleanza tra “Nisma Thurje” (Iniziativa Hashtag) e “Shqipëria Bëhet” (L’Albania si può fare). I due soggetti convergono al centro dello spettro politico e propongono un programma comune che include misure di democrazia diretta, l’introduzione di un sistema di flat tax, e lo smantellamento delle strutture clientelari e non meritocratiche che hanno consentito alla vecchia classe politica di "catturare" lo Stato.
Inoltre, per la prima volta alle elezioni si presenta anche Lëvizja Bashkë (“Movimento Insieme”), un partito di sinistra che sostiene una tassazione progressiva e si oppone fermamente alla cattura dello Stato da parte degli interessi oligarchici, proponendo una visione fortemente statalista per i settori chiave dell’economia.
“La presenza di nuovi partiti in questa tornata elettorale è accolta con favore dall’elettorato albanese, ormai stanco dei dodici anni di governo socialista e del possibile ritorno sulla scena politica di Sali Berisha”, ci dice Celik Rruplli.
Alcuni di questi movimenti si presentano come alternative credibili, con reali possibilità di conquistare seggi in Parlamento. “Un risultato che, se raggiunto, avrebbe una portata storica, grazie alla freschezza della loro narrativa, all’energia e alla diversità delle esperienze, anche generazionali, che questi partiti portano con sé”. Sarebbe la prima vera opposizione nata nel nuovo millennio, una ‘opposizione Gen Z’, per così dire,” sottolinea l’analista.
Meno ottimista la visione di Gjergj Erebara, che accusa l’attuale "regime mediatico" albanese di impedire ai partiti minori di farsi conoscere. Secondo Erebara, le principali emittenti televisive, in vista delle elezioni, preferiscono lasciare gli schermi vuoti piuttosto che intervistare i candidati di formazioni minori.
"La campagna elettorale sembra essere orientata, salvo rare eccezioni, esclusivamente intorno alle dichiarazioni del Premier e di Berisha", sostiene il giornalista, evidenziando quella che percepisce come una strategia comunicativa studiata ad hoc dal governo.
La stessa dinamica si riflette sulla situazione dell’opposizione, che rischia di vedere erodere ulteriormente il proprio consenso a causa di una crescente frammentazione interna e della presenza di ex dirigenti in liste separate.
"L’unica preoccupazione del leader del PD sembra essere quella di mantenere saldamente il controllo sul proprio partito", continua Erebara, aggiungendo che entrambi i poli principali appaiono uniti da un interesse comune: impedire che i partiti minori possano accedere ai media. Di conseguenza, l’impatto di queste formazioni minori non si prevede significativo, almeno non al di fuori di Tirana.
"L’unico spazio rimasto dove il contenuto contava più delle sponsorizzazioni era TikTok, ma anche quello è stato chiuso alla vigilia delle elezioni, in modo palesemente illegittimo e anticostituzionale", conclude Erebara. "Così, i partiti minori hanno perso anche l’ultima risorsa utile per comunicare direttamente con gli elettori."
Politici sotto indagine: la decriminalizzazione in gioco
Alla fine del 2015, sotto la pressione di Stati Uniti e Unione Europea, il parlamento albanese ha approvato la cosiddetta “legge della decriminalizzazione”. L’obiettivo della norma era quello di rafforzare l’integrità e la fiducia nelle istituzioni, stabilendo l’esclusione dal Parlamento e da altri incarichi istituzionali per chi fosse stato condannato per gravi reati. Da allora, oltre 700 funzionari pubblici hanno dovuto lasciare incarico , tra cui deputati, sindaci e consiglieri comunali.
A dieci anni di distanza dall’entrata in vigore della legge, un’analisi di BIRN Albania evidenzia che le due principali forze politiche in corsa alle elezioni dell’11 maggio presentano nelle loro liste una dozzina di candidati attualmente sotto inchiesta, per lo più accusati di corruzione dalla Procura Speciale contro la Corruzione e la Criminalità Organizzata (SPAK).Tra questi, figurano nomi di spicco, come l’ex ministra degli Esteri Olta Xhaçka, l’attuale presidente della Commissione Giustizia Klotilda Bushka e il deputato socialista Plarent Ndreca.
Sul fronte dell’opposizione, oltre a Sali Berisha, sono presenti anche il leader del Partito della Libertà ed ex presidente della Repubblica Ilir Meta, e il leader del Partito Repubblicano Fatmir Mediu.
La situazione non si limita alla politica centrale. In 36 dei 61 comuni del paese, sindaci ed ex sindaci sono finiti nel mirino della magistratura, in alcuni casi come indagati, in altri come persone informate sui fatti. Le inchieste spaziano dalle irregolarità negli appalti pubblici alla compravendita di voti durante le elezioni. Finora sono 15 i sindaci o vice sindaci già condannati.
Ultimo in ordine di tempo tra i casi eccellenti della giustizia albanese, il sindaco di Tirana Erion Veliaj si trova attualmente in detenzione cautelare. Figura centrale del Partito Socialista e da tempo indicato come potenziale erede di Edi Rama, Veliaj è indagato – insieme alla moglie – con l’accusa di aver ideato e gestito un sistema di corruzione e riciclaggio di denaro riconducibile al Comune della capitale, che guida da tre mandati.
Un colpo duro per l’immagine del governo, anche perché nella circoscrizione di Tirana si assegnano 37 dei 140 seggi del parlamento.
L’Europa è solo uno slogan
Le elezioni di maggio si inseriscono nel contesto del cammino europeo dell’Albania, che lo scorso ottobre ha ricevuto il via libera per l’avvio dei negoziati con l’Unione Europea. In questa campagna, il Primo Ministro Edi Rama ha scelto lo slogan "2030: Albania nell’UE", invitando i cittadini a votare per il PS con l’obiettivo di "dare ai propri figli un passaporto europeo".
“Mentre queste elezioni sembrano rispolverare il passato, riaccendendo la storica rivalità tra Rama e Berisha, la novità risiede nel contesto europeo in cui si svolgono. L’Albania ha infatti già aperto i cluster 1, 2 e 6, che riguardano temi come la democrazia, lo Stato di diritto e la buona governance”, spiega Rruplli.
"Gran parte del merito dei progressi verso l’integrazione nell’UE va al sistema giudiziario riformato, in particolare al ruolo della Corte Anticorruzione SPAK, che ha portato all’arresto o all’inchiesta di ex e attuali funzionari di alto rango di entrambi i principali partiti. Non c’è da sorprendersi dunque se i sondaggi indicano proprio la SPAK come l’istituzione più fidata in Albania", conclude.
Secondo Esiona Konomi, l’enfasi posta dal partito al governo sull’integrazione europea contribuisce a costruire una narrazione fuorviante, volta a suggerire che il destino dell’adesione dell’Albania all’Unione Europea sia legato unicamente all’azione del Partito Socialista.
“Appare del tutto forzato far ruotare l’intera campagna attorno al simbolo del “passaporto europeo” in un contesto dove il consenso sull’integrazione europea è trasversale e l’euroscetticismo praticamente inesistente”, dice Konomi.
Anche per Erebara, la narrazione intorno all’Europa è un costrutto retorico tanto fallace quanto pericoloso. “Il racconto secondo cui l’UE abbia oggi aperto una finestra che potrebbe presto chiudersi sposta la responsabilità del mancato progresso da Tirana a Bruxelles, sollevando le istituzioni albanesi da ogni colpa. In realtà, l’Albania è rimasta indietro perché l’integrazione europea non è mai stata un obiettivo concretamente perseguito, né dal governo attuale né da quello precedente. Le riforme richieste, come la giustizia indipendente e i diritti fondamentali, si scontrano da anni con interessi politici radicati”, conclude Erebara.
Tag:
I più letti
- Transizione energetica