Al caffè con Papandreu
La sua prima visita all’estero dopo essere stato eletto? In Turchia, rompendo con la tradizione che voleva i neopremier greci visitare, come primo passo, Cipro. Papandreu apre alla Turchia e in un bar greco di Smirne non si parla d’altro
All’Isola della Masticha (Sakiz Adasi in turco), il primo caffè greco aperto in Turchia, sul lungomare di Smirne, è il tema del momento. "Papandreu piace ai turchi", ci racconta al telefono Nektarios Menekas, uno dei tre imprenditori ellenici, originari dell’isola di Chios a un’ora di nave dalla costa anatolica, che hanno investito due anni fa in quello che è già considerato uno dei ritrovi più trendy in città.
"Considerano il nostro nuovo primo ministro un leader alla mano", aggiunge Menekas, parlando su uno sfondo di brindisi e bouzoukia. "Greci e turchi sono come due rami dello stesso albero: siamo vicini di casa. E i nostri clienti, per la maggior parte manager e studenti anatolici, hanno molto apprezzato il fatto che Papandreu addirittura il giorno seguente alla sua nomina, abbia visitato a sorpresa proprio la Turchia, il Paese con cui la Grecia ha più problemi ma molti interessi in comune. Adesso siamo più vicini. A tutto vantaggio dell’import export, che negli ultimi anni sta fiorendo da una parte all’altra dell’Egeo: lo vedo sotto i miei occhi, perché ai nostri tavolini, fra un caffè e un dolce a base di masticha (una resina aromatica tipica di Chios che dà nome al negozio ndr) si firmano molti contratti".
Non è un caso che la settimana scorsa siano stati inaugurati i primi collegamenti aerei Smirne-Atene, gestiti dalla greca Aegean Airlines e dalla turca Pegasus airlines. E che si sia da poco concluso un forum della Camera di commercio locale con 20 aziende greche e altrettante turche: proprio a Smirne, la città simbolo di una ferita bruciante nella memoria storica dei greci, da quando nel settembre 1922 la popolosa comunità ellenica fu massacrata.
Ghiorgos Papandreu è arrivato a Istanbul il 9 ottobre per partecipare alla Conferenza Panbalcanica (Gruppo di cooperazione dell’Europa sudorientale) dove ha proposto una tabella di marcia per l’ingresso di tutti i Balcani occidentali nell’Unione europea di qui al 2014, centenario della Prima guerra mondiale la cui scintilla divampò appunto a Sarajevo, cuore della Regione.
Il neo primo ministro ha riaffermato, in questo modo, quella che è stata l’idea-guida della politica greca ai tempi del precedente governo socialista, in cui lo stesso Papandreu era ministro degli Esteri dal 1999 al 2004: ossia Atene come motore dello sviluppo economico e geostrategico dei Balcani. Ghiorgos a Istanbul ha parlato, ovviamente, anche dell’eventuale ingresso della Turchia in Europa, il cui dossier sarà esaminato a dicembre dai 27 rappresentanti della famiglia Ue. "Bruxelles deve inviare segnali adeguati al popolo turco perché si senta benvenuto in Europa" si è augurato, ricordando però che Ankara deve ancora soddisfare determinati criteri e proseguire nelle riforme, con principale riferimento alla questione cipriota: "L’obiettivo deve essere una Cipro unita, senza truppe occupanti".
Una posizione che Papandreu ha poi ribadito il 19 e 20 ottobre quando è volato a Nicosia: "L’osservanza dei trattati internazionali e delle risoluzioni dell’Onu per quanto riguarda Cipro, sarà la migliore dimostrazione che la Turchia sta cambiando davvero, nell’ambito del suo processo di candidatura a membro nell’Unione" ha detto parlando ai deputati della Repubblica democratica di Cipro. Sono posizioni note: il ritiro dei circa 30mila militari anatolici che ancora occupano un terzo dell’isola, dopo l’invasione del 1974 che ha portato alla divisione di fatto delle due comunità greco-cipriota e turco-cipriota; il sostegno alle trattative in corso fra la Repubblica democratica di Cipro (greco-cipriota e membro Ue dal 2004) e l’autoproclamata Cipro nord (turco-cipriota) per arrivare a una Federazione e non a due Stati distinti.
Ma Papandreu, con questo viaggio lampo a Istanbul ha comunque spiazzato tutti, persino il primo ministro turco Erdogan che ha lasciato ogni impegno per correre a incontrarsi con lui. Già, perché la tradizione vuole che la prima visita ufficiale di un premier greco neoeletto all’estero sia da decenni nell’isola di Cipro, come atto di solidarietà dopo l’invasione turca. Perché scambiare l’ordine consueto e andare prima in Turchia?
Spezzando questa «regola non scritta» Papandreu ha suscitato le critiche di alcuni analisti sia ad Atene, sia a Nicosia. Tuttavia ha preferito anteporre la politica di avvicinamento con Ankara, che aveva inaugurato in passato insieme all’allora collega turco Ismail Cem (ricordate la diplomazia dei terremoti del 1999? ), sulla cui tomba è ora andato a deporre un ramoscello d’ulivo, gesto che ha molto colpito l’opinione pubblica anatolica. Erdogan non si è fatto scappare l’occasione annunciando di volere anche lui una nuova stagione di incontri con Papandreu. Il motivo? A distanza di dieci anni dal 1999, vi sono altre buone ragioni per un dialogo: la crisi economica mondiale ha colpito duramente sia la Grecia sia la Turchia. Paesi che ogni anno spendono mezzo miliardo di euro solo per i loro «duelli aerei» sul mare Egeo, per ribadire le rispettive e diverse posizioni riguardo al concetto di spazio aereo nazionale. Alla luce del collasso economico è un assurdo spreco di risorse, specialmente quando mancano molti scuole e ospedali su entrambe le sponde.
"Resta da stabilire se oggi la Grecia ha la stessa forza contrattuale che aveva prima di dare l’ok all’inizio delle trattative per l’ingresso di Ankara nell’Unione europea" si domanda, però, in un editoriale l’autorevole quotidiano ellenico To Vima, non certo portavoce dei conservatori e nazionalisti. "Anche perché" continua To Vima "oggi Atene ha di fronte una Turchia diversa da quella di dieci anni fa. Una Turchia che, vista la forza dell’asse franco-tedesco non benevolo nei confronti dell’ingresso di Ankara nell’Ue, pensa ormai che questo obiettivo europeo rimarrà per Ankara un sogno irrealizzato. E quindi ha cominciato a tracciare una nuova strategia politica, il cui ispiratore è soprattutto l’attuale ministro degli Esteri Ahmet Davutoglu, islamista come Erdogan e convinto che la Turchia, in quanto erede dell’impero ottomano, possa diventare una potenza regionale rivolta soprattutto all’Asia e al Medio Oriente. Frutto di questa visione è anche il recente accordo con l’Armenia".
Sarà davvero così? Nel caffè greco di Smirne la pensano diversamente: "Qui in città gli imprenditori sono convinti che l’ingresso della Turchia in Europa sia una strada ineluttabile e ormai tracciata" dice il proprietario del locale Nektarios Menekas. Complice il sapore della masticha.