Adesione UE: Cipro d’esempio per Ucraina, Georgia e Moldova?
La mancanza di integrità territoriale di Cipro – dal 2004 membro dell’Ue – non è mai stato un problema esistenziale per l’Unione, ma per i tre nuovi candidati potrebbe non essere lo stesso. Intervista a Denis Cenușa, esperto associato al Geopolitics and Security Studies Center

CYPRUS
Posto di guardia abbandonato dell'UNFICYP nella zona cuscinetto il 10 gennaio 2017 - Foto Commissione europea, Libero uso
Sono passati ormai tre anni e mezzo dalla richiesta di adesione all’Unione europea da parte di Ucraina, Moldova e Georgia. Tra percorsi spediti verso l’obiettivo 2027, a ostacoli con i veti dell’Ungheria di Orbán, o bloccati per gli incontestabili regressi democratici, per tutti i tre candidati rimane presente – seppur sottotraccia – una questione tanto cruciale sul piano nazionale quanto complicata a livello europeo: la presenza di territori separatisti o occupati dalla Russia.
A osservare bene, da oltre vent’anni all’interno dell’Unione europea c’è già un membro che non esercita pienamente la propria sovranità sull’intero territorio nazionale. L’isola di Cipro dal 1974 è divisa in due – la Repubblica di Cipro e la Repubblica Turca di Cipro del Nord – e nemmeno l’adesione all’UE nel 2004 ha sancito una riunificazione (a causa dell’opposizione della comunità greco-cipriota nell’apposito referendum). È così che solo la Repubblica di Cipro è entrata a far parte dell’Unione europea e, a oggi, è stato vano ogni sforzo diplomatico per risolvere un caso unico nell’UE.
“La verità è che la mancanza di integrità territoriale di Cipro non ha mai rappresentato alcun tipo di problema esistenziale per l’UE nel suo complesso. Con tutta probabilità, l’idea è stata quella di fare lo stesso pensiero per i territori in Georgia, Moldova e Ucraina”, spiega Denis Cenușa, scienziato politico moldavo ed esperto associato presso il Geopolitics and Security Studies Center (GSSC), in un’intervista per OBCT.
Ma, di fronte a una questione così complicata, bisogna chiedersi fino a che punto l’isola di Cipro può rappresentare un precedente che indichi la via a Bruxelles su come procedere nello scenario dell’ingresso dei tre nuovi candidati. Senza dimenticare che l’adesione all’UE potrebbe rientrare tra le “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina nei possibili futuri negoziati di pace con la Russia.
Cipro può effettivamente rappresentare un esempio per l’integrazione nell’UE di un Paese che non esercita piena sovranità sull’intero territorio nazionale?
Nel momento in cui l’UE ha concesso lo status di candidato a Ucraina, Moldova e Georgia, sapeva già che avrebbe dovuto affrontare anche questioni di separatismo e integrità territoriale. Insomma, a Bruxelles si sapeva benissimo cosa si stesse facendo. Dopotutto, c’è già un Paese con un problema territoriale che è membro dell’Unione.
A mio avviso, è molto difficile definire Cipro una soluzione “positiva”. Direi piuttosto che questo è l’unico modo per l’UE di procedere.
In altre parole, Cipro è servita come una sorta di processo di apprendimento per l’UE su cosa significhi avere al suo interno un Paese interessato da una questione esistenziale sul piano di sovranità territoriale, ma che non è altrettanto esistenziale per l’UE nel suo complesso.
Ma l’UE potrebbe fare lo stesso con l’Ucraina?
Bisogna riconoscere che il problema è duplice, ma si può riassumere nel fatto che la Russia, attualmente, è un caso completamente diverso dalla Turchia.
In primo luogo, per quanto riguarda Cipro, dall’altra parte abbiamo uno Stato che è candidato all’adesione all’UE e che non è mai stato considerato una minaccia per la sicurezza dell’Unione europea. Sebbene il processo con la Turchia sia congelato, non è paragonabile a ciò che rappresenta la Russia con Ucraina, Georgia e Moldova.
Il secondo aspetto riguarda la vicinanza geografica. Non si tratta solo del fatto che Mosca sta occupando dei territori, quanto piuttosto che è considerata la principale minaccia esistenziale per gli Stati membri più vicini alla Russia, e per esteso per tutta l’Unione.
Quali limiti mostra Cipro a proposito di integrazione europea?
La mancanza di un controllo completo sull’intero territorio è sia una questione di sicurezza sia socioeconomica, che crea difficoltà strutturali per il Paese e che può anche scoraggiare gli investimenti diretti esteri.
I territori si stanno sviluppando in modo disomogeneo, sono contesi in termini di amministrazione pubblica e hanno visto la popolazione emigrare dalle regioni che sono passate sotto il controllo turco.
Inoltre, quando si tratta di separatismo, tali situazioni creano problemi tra gli Stati membri dell’UE e i Paesi che vogliono aderire. Se si leggono gli eventi con la lente turca, spesso si sostiene che Cipro, insieme alla Grecia, sia il principale ostacolo all’adesione della Turchia all’Unione. Non le questioni relative alle istituzioni democratiche e allo Stato di diritto, ma piuttosto la mancanza di buoni rapporti con i vicini.
Tuttavia, non credo che la Turchia scenderà a compromessi, anche considerato che sicurezza e difesa sono diventate i punti principali all’ordine del giorno nelle discussioni con l’UE. Se gli Stati membri vogliono davvero rafforzare la sicurezza europea, non possono farlo senza la Turchia.
L’argomento della sicurezza sta assumendo un ruolo più importante rispetto al passato nei negoziati di adesione. È un fattore molto importante nel modo in cui l’UE sta definendo la sua politica di allargamento.
Ma per l’UE quanto è più importante integrare un Paese anche se non ha la piena sovranità del suo territorio, piuttosto che lasciarlo fuori?
È sicuramente un fattore molto importante. L’Unione può utilizzare l’integrazione europea come forza motrice per incoraggiare le comunità dei territori occupati a ricollegarsi al controllo costituzionale.
Allo stesso tempo, va rilevata un’altra differenza tra Cipro e i tre Paesi candidati. Il territorio cipriota sotto il controllo turco sta vivendo un certo grado di sviluppo, perché la Turchia è una potenza regionale con un’economia che continua a funzionare, nonostante tutti i suoi problemi e le sue debolezze, ed è un attore diplomatico importante.
Per quanto riguarda Ucraina, Georgia e Moldova, anche se la Russia dovesse improvvisamente iniziare a svilupparsi rapidamente, i territori che occupa direttamente o indirettamente rimarrebbero comunque delle zone grigie in cui nessuno sarebbe veramente interessato a investire. Avrebbero molte meno opportunità di sviluppo rispetto ai territori turco-ciprioti, che Ankara sostiene economicamente e che hanno legami ufficiali con l’economia turca.
Inoltre, né la Turchia né i territori turco-ciprioti sono soggetti a sanzioni internazionali. Al contrario, quelli occupati dalla Russia in Ucraina sono soggetti a sanzioni dell’UE e non potranno svilupparsi affatto. Questa è una differenza importante.
Il sostegno finanziario dell’UE alla comunità turco-cipriota va letto come una speranza dell’UE che la riunificazione di Cipro è uno scenario possibile?
Cipro non avrà un percorso facile verso la riunificazione, perché la Grecia e la Turchia sostengono, per ragioni diverse, le due comunità dell’isola.
Il sostegno economico fornito dall’UE alla comunità turco-cipriota attraverso il suo bilancio pluriennale [438 milioni di euro nella proposta per il 2028-2034, ndr] è una sorta di mano nascosta dell’Unione per cercare di mantenere lo sviluppo a Cipro il più equilibrato possibile.
A mio avviso, l’approccio è quello di non distorcere lo sviluppo delle due comunità. Questo è possibile in coordinamento – o quantomeno in stretta comunicazione – con la Turchia, perché non potrebbe accettare nulla senza il proprio consenso in quella parte dell’isola.
Un supporto simile potrebbe ripetersi anche nel caso dei tre Paesi candidati, se diventeranno membri a pieno titolo?
È uno scenario che potrebbe applicarsi in particolare alla Moldova, dove la regione della Transnistria commercia già con gli Stati membri dell’UE, soprattutto con la Romania.
Questo è possibile perché la Moldova sta attuando parte del suo accordo di associazione in ambito economico con l’UE. In modo non del tutto sincronizzato, anche la regione della Transnistria beneficia indirettamente dell’accesso al mercato dell’Unione. La situazione è invece completamente diversa per Georgia e Ucraina.
In Ucraina è ancora in corso una guerra, ma anche prima del 2022 le regioni separatiste del Donbas e di Luhansk non potevano commerciare con l’UE, in quanto soggette a sanzioni internazionali. Lo stesso vale per la Crimea dal 2014, anche se abbiamo assistito alla vendita di prodotti all’estero attraverso l’elusione delle sanzioni.
Per la Georgia, il caso è ancora più complicato. I territori dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud hanno dichiarato l’indipendenza, che è stata riconosciuta solo dalla Russia e da pochi altri. Di fatto sono Stati indipendenti e l’UE non può davvero fare nulla, nemmeno sanzionarli. Allo stesso tempo Tbilisi non ha alcuna leva per imporre le norme dell’UE su questi due territori, come invece può fare Chișinău con la Transnistria, che non può vendere merci in Romania senza passare dal territorio costituzionale della Moldova o dall’alleata Ucraina.
Quando si parla di “garanzie di sicurezza” per l’Ucraina si cita anche l’adesione all’UE. Ma il fatto di non esercitare la piena sovranità sui territori occupati dalla Russia potrebbe rappresentare un ostacolo per i negoziati con Bruxelles?
Questa questione è importante per due motivi. In primo luogo, indipendentemente da ciò che accadrà ai territori occupati dalla Russia, quando l’UE ha concesso lo status di candidato all’Ucraina, lo ha fatto per l’intero Paese. Non ha separato l’Ucraina controllata da Kiev dalle regioni sotto l’occupazione russa, compresa la Crimea.
Di default, l’adesione all’UE, quando avverrà, si applicherà all’intero Paese. E lo stesso principio vale per la Georgia e la Moldova.
La seconda questione è se in quei territori ci saranno ancora azioni militari attive in corso. Sarebbe una situazione senza precedenti. Già ora l’UE sta creando un nuovo precedente avviando negoziati di adesione con un Paese in guerra contro la minaccia diretta alla sicurezza dell’UE.
Questo non è mai successo nella storia dell’allargamento dell’Unione. Ma è comunque possibile perché Bruxelles ha già riconosciuto che dovrà negoziare con un Paese candidato i cui territori sono contesi dal suo principale rivale geopolitico.
Questo articolo è stato scritto nell'ambito del progetto "InteGraLe - Balcani occidentali e Trio a confronto: mercato unico, coesione e politica regionale per l’integrazione graduale nell’UE". Il progetto è realizzato con il contributo dell’Unità di Analisi, Programmazione, Statistica e Documentazione Storica – Direzione Generale per la Diplomazia Pubblica e Culturale del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, ai sensi dell’art. 23 – bis del DPR 18/1967. Le opinioni contenute nella presente pubblicazione sono espressione degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
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