Acqua bene comune nella prospettiva dell’allargamento

Intervento di Emilio Molinari, Vice Presidente del Comitato Italiano per il Contratto Mondiale sull’Acqua

31/12/2003, Redazione -

C’è una prima questione di cui vorrei parlare cioè, quella, di trovare un linguaggio comune, stamattina la sensazione era di parlare, di capire, di intendere secondo il mio linguaggio e non secondo quello dei miei interlocutori.

In Europa, nell’Europa già costruita, le leggi, le normative, si formano, anche, attraverso una dialettica con movimenti reali, non solo sul pensiero istituzionale di alcuni rappresentanti di burocrazie o di rappresentanti istituzionali eletti, ma si formano su una dialettica che esprime la voce dei cittadini sulle singole questioni. Oggi per affermare due principi che stanno sulla carta costituzionale e in quella del nostro movimento, cioè che: "l’acqua è un diritto umano" e "l’acqua è un bene comune", stiamo costruendo un movimento internazionale, intorno a ciò che sta diventando la risorsa acqua su questo nostro pianeta, questo è uno degli elementi; il secondo, è il linguaggio, che come ho notato è differente; forse, noi, venendo dall’Occidente ci portiamo dietro, una sorta, di visione disincantata della bontà del liberismo economico, tutto il dibattito in Europa che, attraversa i movimenti, le forze sociale e politiche è improntato alla critica di questo sistema economico, e, valutiamo e misuriamo le cose che hanno già avuto su di noi ricadute, sulle quali stiamo riflettendo, e che forse non era bene che l’economia dei nostri paesi sia andata in quella direzione. Qui invece c’è una visione disincantata di un’economia centralizzata, burocratizzata, che ha dominato per tanti decenni, che forse oggi vede nel liberismo la forza liberatrice, fa sì che i nostri linguaggi non sempre si comprendano nella valutazione di ciò che è necessario fare e di ciò che stiamo già facendo. Dobbiamo trovare un linguaggio comune, con il quale poterci misurare e trovare punti di convergenza.

Vorrei spendere qualche parola sulla questione acqua. Perché un gruppo di intellettuali e un insieme di movimenti, in più di tenta paesi si uniscono e si muovono per affermare questi diritti?

Perché l’acqua, è ora che ne prendiamo atto tutti, comincia a scarseggiare e dobbiamo prendere anche atto che negli ultimi quarant’anni di vita di questo pianeta, le attività produttiva, i consumi, il modo di vivere, di concepire l’agricoltura e l’industria e tutta una serie di attività umane, hanno fatto sì che più della metà delle risorse idriche di cui disponevamo, siano inservibili, questi sono dati delle Nazioni Unite.

Nel 1960 disponevamo, per persona, di più di 17mila metri cubi, all’anno, di acqua, ora soltanto di 7000 e le Nazioni Unite ci dicono che nel 2025 disporremmo solo di 5000 metri cubi. Questo è un trend insostenibile e oggi siamo dentro a questa crisi ambientale che diventa sociale e politico, 1 miliardo e 400 milioni di persone è privo dell’accesso all’acqua e quando trentamila persone al giorno muoiono perché non c’è acqua e che ogni 15 secondi muore un bambino, nessuno è esente da questi problemi. Ad esempio in Cina, le falde si abbassano di un metro e mezzo all’anno, e i cinesi in questo momento stanno costruendo 311 grandi dighe, come risposta a questa emergenza, negli Stati Uniti, la più grande falda, negli ultimi quarant’anni , da 200 volte la portata del Colorado che rappresentava, ora porta 20 volte la portata del Colorado. I fiumi dell’ex Unione Sovietica che componevano il mar d’Ara, oggi, non ci arrivano più. In Italia, abbiamo due regioni, che hanno dovuto alzare la soglia di tollerabilità dell’atrazina, per rendere potabili alcuni pozzi, insomma, sono andati fuorilegge altrimenti quell’acqua non si poteva bere.

Un’altra emergenza è questa: noi abbiamo scarsità d’acqua, e l’insieme dei poteri politici e delle istituzioni mondiali discutono di privatizzare i servizi idrici pubblici, discutono del 10% dell’acqua, non discutono del restante 70% impiegato in agricoltura, che avendo introdotto produzioni e semi ormai uniformati ha una richiesta d’acqua molto esigente da essere ormai insostenibile e ha una ricaduta inquinante anch’essa insostenibile. I pesticidi, negli ultimi vent’anni, sono aumentati di ben 15 volte gran parte delle falde europee sono inquinate da queste sostanze, il 70% di ciò che si produce in agricoltura va all’alimentazione animale, perché il modello alimentare che si sta diffondendo va verso questa direzione, questo vuol dire che stanno aumentando a dismisura le produzioni di mais e di soia con cui si fanno i mangimi. Non possiamo andare avanti così, allora, bisogna ricominciare a pensare le leggi, il modo con il quale si produce, all’agricoltura, all’urbanizzazione, alla fuga dalle campagne, l’ONU ha previsto che il 70% degli abitanti del pianeta, vivrà in città che superano i 2 milioni di abitanti e la domanda è: si può continuare ad urbanizzare senza avere problemi di acqua e approvvigionamento? Questo avverrà dappertutto, quindi, bisogna cambiare la cultura, i nostri consumi, bisogna formare le nuove generazioni e quindi una classe politica che sia in grado di affrontare, quando legifera, il problema dell’acqua.

Nel 1948 c’è stata la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, la carta più alta che l’umanità abbia prodotto, ma non c’è scritto il diritto all’acqua per tutti e noi stiamo chiedendo a Kofi Annan che questo diritto entri nella legislazione internazionale. Nel frattempo dobbiamo fare in modo che quel 10% che serve per bere, per lavarsi, per i servizi igienici non diventi privatizzato.

Oggi mentre noi stiamo discutendo, sta succedendo a Cancun qualcosa, l’organizzazione mondiale del commercio ha messo nei propri negoziati la liberalizzazione dei servizi idrici pubblici su tutto il pianeta. Quando un organismo internazionale, decreta la privatizzazione, diventa un fatto che ha un peso politico sulla vita delle nazioni perché diventa pressione sulle legislazioni, ma non solo, diventa un fatto ideologico perché quando la mercificazione di una risorsa diventa una scelta ideologica che fa l’intero mondo, questo è un fato su cui dobbiamo ragionare, per esempio; in Italia, la nostra legislazione si è subito adeguata a queste normative e, primo caso in tutto il mondo, ha partorito una legge in cui fa obbligo a tutti di mettere sul mercato i propri servizi idrici.

L’Europa ha fatto richiesta, nell’ambito dei negoziati del WTO, che nei paesi in via di sviluppo che venga liberalizzata l’acqua, per poter permettere alle loro multinazionali di entrare e comperarsi i servizi idrici.
I paesi qui rappresentati, entrano in Europa, a livello di questo dibattito, dobbiamo condurre tutti assieme delle battaglie di movimento per interferire dentro a queste decisioni, oggi si sta costruendo la costituzione europea, dobbiamo far diventare l’acqua un diritto, la costituzione si deve formare sui grandi principi e non sul mercato, altrimenti, non si fa un soggetto politico Europa, ma un libero mercato, dentro il quale, le multinazionali scorrazzano e le nazioni più forti dominano e i paesi più deboli sono semplicemente mercato. Dobbiamo discutere la questione della costituzione europea insieme e vedere che cosa possiamo fare, che aiuto possiamo dare, perché sulla questione dell’acqua si apra un dibattito nelle scuole, si apra una nuova cultura che abbia al centro la modificazione di un certo modo di produrre, di consumare, che abbia rispetto dell’acqua.

L’Europa è attraversata da grandi dibattiti sui grandi fiumi transfrontalieri, sulla costruzione di dighe per produrre più energia elettrica, bisogna chiedersi però cosa succede dopo, bisogna vedere cosa succede quando si fanno le dighe, oggi ce ne sono 800mila di cui 45mila grandi, il mondo non regge più, dobbiamo sapere, quando si entra nella logica delle privatizzazione e della mercificazione dell’acqua, succede che verranno piccole o grandi multinazionali per comprare le sorgenti, modificandone il flusso e modificando anche il flusso dei grandi fiumi. In Italia l’acqua del rubinetto costa una lira e mezzo, l’acqua in bottiglia costa mille lire e finiranno lì le acque delle sorgenti. Allora dobbiamo batterci per una nuova forma di democrazia che è quella che parte dal locale, che ricopre le comunità e che fa partecipare tutti i cittadini nella gestione del bene pubblico.

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