Abkhazia e Ossezia del Sud, sempre più chiuse
Le misure adottate per contrastare la diffusione del covid prima, quelle dai secessionisti filo-russi poi per recidere i legami con Tbilisi e la guerra in Ucraina stanno portando Abkhazia e Ossezia del Sud ad un sempre maggiore isolamento
Sono sempre più prigionieri del proprio territorio gli abitanti di Abkhazia e Ossezia del Sud. Nino Lomjaria, Ombudsperson georgiana e il suo team, ha segnalato nell’ultimo report presentato al parlamento che i territori occupati sono soggetti a crescenti restrizioni della liberà di movimento operate dalle autorità de facto e dall’esercito russo.
I checkpoint di attraversamento sono spesso chiusi, a volte ininterrottamente soprattutto con l’Ossezia del Sud. Ad Akhalgori uno di questi attraversamenti, usati giornalmente da 400 persone, è chiuso in via permanente.
Inoltre stanno aumentando le misure restrittive burocratiche per andare nella Georgia sotto il controllo di Tbilisi. A Gali, Abkhazia, per il transito si usava il così detto formulario n. 9 il cui utilizzo, però, è dal 2022 bandito da Sukhumi. L’alternativa per i georgiani che vivono a Gali, sotto il governo secessionista, è di registrarsi come stranieri, anche se nati e sempre vissuti lì, e chiedere il permesso di soggiorno che peraltro non dà accesso ai diritti di proprietà. Fino al 2017 il modello n. 9 era usato da circa 12000 persone. Ora si transita o con un passaporto georgiano con il visto, o con il permesso di soggiorno, o con il nuovo passaporti abkhazo per ottenere il quale bisogna rinunciare alla cittadinanza georgiana.
Per tutti, eccetto un pugno di paesi, il passaporto abkhazo non ha valore perché il paese non è riconosciuto. Per cui chi lo dovesse adottare è, fuori da Abkhazia, Russia, Siria e pochi altri, un apolide. Lo stesso vale per il passaporto dell’Ossezia del Sud. In Ossezia del Sud non esisteva una procedura tipo il modello n. 9, ma c’è un pass che si può richiedere per entrare nel resto del paese e che stando all’Ombudsperson è una procedura che foraggia un giro di bustarelle e corruzione.
Per muoversi nella regione e internazionalmente, molti cittadini delle due aree sotto il controllo russo adottavano la cittadinanza russa e quindi il passaporto russo, cosa che Mosca ha incoraggiato negli anni. Ora questo escamotage non è più applicabile con l’Europa di Schengen.
La nuova norma
A novembre la Presidenza del Consiglio dell’UE e l’Europarlamento hanno raggiunto un accordo provvisorio sulla decisione di non accettare i documenti di viaggio emessi dalla Russia nelle zone che sta occupando militarmente. Questo riguarda quindi Abkhazia, Ossezia del Sud e l’area dell’Ucraina ancora in mano a Mosca. La misura nasce come reazione all’aggressione russa all’Ucraina e risponde alla volontà di non legittimare il controllo del territorio e dei suoi abitanti effetto di occupazioni militari. L’UE riconosce l’integrità territoriale e l’inviolabilità delle frontiere di Georgia e Ucraina, pertanto solo le sovranità di Tbilisi e Kiyv sono riconosciute come legittime e, ipso facto, l’emissione di validi documenti di viaggio.
La decisione ha agitato gli animi. Abkhazi e ossetini erano abituati a viaggiare in Europa con i passaporti russi e la novità non è stata accolta positivamente. Le lamentele dirette sono arrivate immediatamente e di persona ai tre co-presidenti delle Discussioni Internazionali di Ginevra, OSCE, UE e ONU
Dopo l’attacco all’Ucraina il formato dei colloqui internazioanali per le conseguenze della guerra russo georgiana del 2008 (che ospita anche la Russia come partecipante insieme ad abkhazi, ossetini, georgiani e statunitensi) ha avuto una battuta di arresto. C’è stata poi una breve sessione a Ginevra, e il prossimo incontro, il 57esimo, si terrà a febbraio 2023. Come è prassi fra una sessione e l’altra i tre co-presidenti viaggiano nella regione e incontrano i partecipanti. A Sukhumi il ministro degli Esteri de facto ha sollecitato a trovare una soluzione perché chi risiede in Abkhazia possa viaggiare con il passaporto abkhazo come accade per altri paesi che non sono membri dell’ONU ma i cui cittadini si muovono con i propri documenti come palestinesi o kosovari.
L’area grigia
Ovviamente se abkhazi, ossetini e ucraini dell’est hanno passaporti georgiani e ucraini il problema di viaggiare non si pone. I loro documenti di viaggio vengono riconosciuti legittimi. Il problema quindi sorge quando sono nell’area in cui risiedono e dove il possesso di questi passaporti e cittadinanza causa una restrizione di diritti o anche di sicurezza personale.
Alcuni abkhazi e ossetini hanno preso in considerazione l’ipotesi di superare le difficoltà che conseguono alla nuova norma prendendo o riprendendo il passaporto georgiano. Secondo Paata Zakareishvili, ex ministro per la Riconciliazione e Equità Sociale, si tratta di qualche dozzina di persone, viaggiatori frequenti verso l’Europa, per cui non c’è da aspettarsi un movimento di massa verso il passaporto georgiano. Zakareishvili ipotizza l’adozione di un documento di viaggio che permetta ai residenti nelle zone occupate di poter viaggiare in Europa ma che non abbia lo stesso status di un passaporto, che implica un riconoscimento di natura politica.
È verosimile che seguirà una negoziazione e che i singoli casi verranno trattati separatamente, come avviene già per gli attraversamenti verso il territorio controllato da Tbilisi. Lo si vede anche negli attraversamenti: i check point ossetini sono chiusi da Tskhinvali, ma Tbilisi continua a curare e accogliere persone con problemi di salute che non possono essere trattati nelle due aree occupate verso le quali le autorità de facto adottano misure speciali. Dall’Abkhazia è poi importante il flusso di studenti, anche se Sukhumi non riconosce i titoli di studio emessi da Tbilisi e questo limita le capacità occupazionali e anche i rientri delle persone qualificate.
È quindi verosimile ipotizzare che si negozierà sulle modalità di viaggio di chi si trova in situazioni di emergenza umanitaria, per i fora di conciliazione post-bellica e forse anche per motivi di studio e formazione.
È certo però che le misure adottate per contrastare la diffusione del covid prima, quelle dai secessionisti filo-russi poi per recidere i legami con Tbilisi, e la guerra in Ucraina stanno portando Abkhazia e Ossezia del Sud e relativi bacini demografici in un’area sempre più grigia, in un sempre maggiore isolamento. Le due regioni occupate hanno già visto più che dimezzata la propria popolazione ai tempi dalla pulizia etnica operata a danno dei georgiani e dalla recessione che ha seguito le guerre. Rimanere a vivere come cittadini di queste aree ha un prezzo sempre maggiore.