A passo d’oca verso l’integrazione europea
Come l’integrazione europea può essere applicata con metodi degni dei tempi di Nicolae Ceausescu: l’esempio della Romania
di Petar Ivanov – ("Kapital" Sofia, 25 ottobre 2003)
traduzione di Andrea Ferrario (Notizie Est – Balcani)
Due eventi verificatisi in Romania la settimana scorsa sono diventati un esempio lampante di come l’integrazione europea venga messa in atto con metodi degni dei tempi di Nicolae Ceausescu. Il primo e più importante evento è stato quello del referendum per l’approvazione di una nuova costituzione che corrisponda completamente ai requisiti europei per l’adesione all’UE. Tale modifica legislativa sarebbe stata una cosa lodevole, se non vi fosse il fatto curioso che i metodi utilizzati dal governo per "stimolare" l’attività elettorale sono stati non dissimili da quelli totalitari. Il governo di Adrian Nastase ha utilizzato ricatti, pressioni, promesse di premi materiali e, secondo le organizzazioni per la difesa del diritto e l’opposizione, perfino falsificazioni per raggiungere il risultato sperato: un’attività elettorale di oltre il 50%, con un 90% di voti favorevoli alla bozza di costituzione.
Nei primi giorni dopo il referendum, la stampa romena ha riportato in grande evidenza le informazioni sulle azioni illegali del governo. Secondo i media, alti funzionari governativi hanno promesso a sindaci ogni tipo di "stimoli personali", ivi incluse vacanze in paesi esotici, nel caso in cui fossero riusciti a garantire un’alta attività elettorale nelle loro municipalità. Così i sindaci di alcuni villaggi hanno promesso di pagare le bollette del riscaldamento a coloro che si fossero recati alle urne e hanno minacciato di non distribuire le pensioni a coloro chi, invece, avesse disertato il voto. In altri centri abitati, in cambio del voto sono stati offerti televisori, mobili, legno per riscaldamento e perfino biglietti per partite di calcio. A molti preti è stato ordinato di portare i propri parrocchiani, dopo la fine della messa domenicale, direttamente alla sezione elettorale, in maniera organizzata. Nei maggiori mercati di Bucarest, invece, sono state installate delle urne elettorali mobili, destinate secondo la legge solo al voto degli invalidi e dei malati gravi che non sono in grado di recarsi alle sezioni elettorali. "I metodi costrittivi usati dalle autorità ricordano molto da vicino i tempi del comunismo", ha scritto in una sua contestazione ufficiale, inviata alla Commissione Elettorale Centrale, l’Agenzia per il monitoring della libertà di stampa – un’organizzazione per la difesa dei diritti che fa da osservatore delle modalità di voto.
Parallelamente a ciò, l’opposizione ha comunicato che, secondo dati in suo possesso, l’attività elettorale effettiva non ha superato il 45% e ha accusato il governo di avere falsificato il voto. "La Romania è l’unico paese che fa propri i valori europei non attraverso la libera volontà dei cittadini, ma tramite abusi di potere, un fatto che è in contraddizione con lo stesso spirito europeo. Manipolazioni, pressioni e ricatti – sono questi i metodi utilizzati dal governo per convincere i romeni a dire sì", ha commentato sulle sue pagine il "Cotidianul".
Il successivo esempio di distorsioni nell’eurointegrazione è quello della decisione del premier Nastase di accettare le dimissioni di tre ministri in seguito ad accuse di corruzione. Il tema della lotta alla corruzione rientra tra le principali critiche dell’UE nell’ultimo documento sul progresso della Romania nel processo di adesione, e la rimozione dei ministri discreditati avrebbe dovuto soddisfare Bruxelles. Solo che il premier romeno si è deciso a intraprendere questo passo assolutamente controvoglia e ha lasciato l’impressione di agire non per sincera convinzione, ma per fare fronte alle pressioni anticorruzione provenienti dall’UE. "Questi ministri hanno dato le dimissioni perché volevano risparmiare al governo qualsiasi ulteriore problema", ha dichiarato Nastase, sottolineando che secondo lui sono innocenti e il loro atto va lodato, perché si ritirano al fine di non minare la fiducia nel governo.
Tuttavia le accuse contro i tre sembrano più che serie. Il ministro per l’integrazione europea, Hildegard Puvak, è stato accusato di diversione di fondi europei e da Bruxelles hanno chiesto che sul caso venissero condotte indagini. Inoltre la Commissione Europea ha insistito affinché la famiglia del ministro restituisse 150.000 euro prelevati illegalmente dal programma Leonardo, con il coinvolgimento diretto della Puvak.
E’ eloquente anche il caso del ministro senza portafoglio, Serban Mihailescu: è stato estromesso dal governo perché coinvolto nello scandalo, che si fa sempre più grave, della diversione di fondi del programma europeo PHARE e per altri scandali di corruzione. La commissione nazionale per la lotta contro la corruzione ha cominciato a esaminare anche le affermazioni di un imprenditore svizzero di origine romena, secondo cui un sottoposto di Mihailescu gli ha chiesto una tangente di 2 milioni di dollari per ottenere il permesso di costruire un centro sciistico nei Carpazi.
Nel frattempo, il ministro della sanità Mircea Beuran è stato anch’egli discreditato da uno scandalo per malversazione, sebbene di entità più limitata. L’indagine interna speciale ha dimostrato che i manuali di medicina pubblicati sotto la sua redazione sono un aperto plagio di pubblicazioni analoghe uscite negli USA e in Francia. Dopo tale indagine, il consiglio dell’Università di Medicina di Bucarest ha rescisso il contratto con Beuran e gli ha vietato di insegnare.
E’ del tutto logico che di fronte a una situazione del genere, il referendum e le modifiche apportate alla composizione del governo abbiano avuto un effetto decisamente negativo sull’esecutivo, e ciò sia nel paese che all’estero. Ne sono stati un segno l’infuriata reazione pubblica e le accuse dei leader dell’opposizione Teodor Stolojan e Traian Basescu, secondo i quali per il referendum il premier ha fatto ricorso a mezzi illeciti. Inoltre, l’opposizione e le organizzazioni non governative hanno invitato la procura ad avviare indagini e hanno minacciato di rivolgersi alla Corte Costituzionale affinché annulli il voto.
E’ stato molto eloquente anche il freddo atteggiamento di Bruxelles. I rappresentanti della Commissione Europea sono stati molto prudenti e hanno rifiutato di commentare i risultati del referendum con la scusa che bisogna ancora attendere i risultati ufficiali. In ogni caso la posizione ufficiale dell’UE diventerà nota con la pubblicazione del documento sui progressi della Romania, attesa per il 5 novembre. E secondo fonti di Bruxelles la Commissione Europea non intende modificare la propria posizione, secondo cui i principali problemi della Romania continuano a essere la corruzione endemica, il basso standard di vita e le riforme economiche incompiute.