A Bihać, cane mangia cane

Un centinaio di cani, richiusi in gabbie di due metri. Muoiono congelati o divorati da altri per fame. E’ l’inferno del canile di Gorjevac, voluto poco prima delle elezioni locali dall’ex sindaco di Bihać. I cani che rimangono per strada, vengono avvelenati o uccisi a colpi di pistola

20/12/2012, Silvia Maraone - Bihać

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Canile di Gorjevac, Bihać - foto di Silvia Maraone

A Bihać, nella Krajina bosniaca, verrebbe da aspettarsi che con l’arrivo dell’inverno uno dei problemi più grandi da affrontare sia legato alla neve, agli spostamenti, alla legna da tagliare e le stufe da mantenere sempre accese. Purtroppo, da qualche anno a questa parte, il problema più grosso riguarda i cani randagi. Con il freddo e con la neve, infatti, diventa più difficile per i tanti quadrupedi che popolano la Bosnia trovare cibo, con la conseguenza che gli animali sono meno intimoriti ad avvicinare gli uomini per annusare se tra le borse e i sacchetti non ci sia qualcosa da mangiare.

Il risultato è che chi è meno attento e non sa comportarsi con calma, reagisce a questi avvicinamenti in maniera aggressiva, scatenando a sua volta l’aggressività dei cani, che spesso si muovono in piccoli branchi.

Questi incidenti, che spesso si risolvono in tanto abbaiare per nulla, sono però sufficienti a scatenare la consueta caccia alle streghe (con la coda in questo caso). Portali di informazione locale – dal taglio del giornaletto scandalistico prodotto in casa – titolano a caratteri cubitali: “Branchi di cani inferociti attaccano e feriscono gravemente i cittadini indifesi: quando il comune risolverà definitivamente il problema dei randagi?” allegando foto di cani rabbiosi recuperate a caso in internet.

E tutto questo, di fronte all’inazione delle istituzioni, causa vere e proprie ronde. Giustizieri che con bastoni ammazzano cani, di notte e di nascosto. Ma ultimamente anche di giorno come accaduto pochi giorni fa, lasciando tracce di sangue anche sul simbolo della città – la Torre del Capitano – sotto lo sguardo impassibile dei passanti.

Il canile di Gorjevac, novembre 2012 - foto di Silvia Maraone

Il canile di Gorjevac, dicembre 2012 – foto di Silvia Maraone

I cittadini di Bihać avevano quest’estate accolto favorevolmente l’iniziativa del sindaco Albin Muslić che ha aperto un canile "secondo gli standard europei", ben lontano dalla città. Peccato che si sia trattata di una manovra pre-elettorale mal gestita e senza alcuna sostenibilità, che per altro non ha sortito alcun effetto avendo Muslić perso le elezioni.

C’è di peggio. Il canile si trova a Gorjevac, a 18 km dal centro città, esattamente di fianco alla discarica cittadina. La discarica non è altro che un’enorme fossa scavata nel terreno e a cielo aperto, che da tempo straripa di rifiuti. Il canile è formato da 50 gabbie semi-coperte da un tettuccio in alluminio e può ospitare circa 100 cani. Si stima che la popolazione canina nella municipalità conti circa 3.000 esemplari.

Già in partenza, esaminando questo dato, appare evidente che qualcosa non funzioni. Che soluzione è rinchiudere un centinaio di cani sfortunati in gabbie di due metri, mentre altri 2.900 girano sul territorio? Senza contare che il budget comunale oramai è arrivato agli sgoccioli e non ci sono soldi nemmeno per pagare gli stipendi. Così i primi tagli colpiscono le spese considerate meno importanti, come il cibo per i cani. Da un mese circa, i cani del canile di Gorjevac vengono nutriti con pane secco. Il freddo, la fame e la follia ha spinto i cani a mangiarsi l’uno con altro e, non è un modo di dire, da allora cane mangia cane.

Attraverso i contatti con l’associazione animalista locale "Spas“ anch’io ho cominciato da qualche mese ad offrire il mio aiuto. Una volta alla settimana viene permesso ai volontari di portare cibo, acqua, e dare una mano a pulire le gabbie.

Il luogo è terribile di per sé e il fetore di immondizie putrescenti ti entra nelle narici e ti si incolla addosso e sui vestiti. In mezzo ai rifiuti ci sono non solo gabbiani, ma anche cornacchie e un branco di almeno un centinaio di cani randagi arrivati o abbandonati lì. L’acqua la si può portare solo con i secchi, perché chi ha costruito il canile non ha pensato a un sistema di tubature per facilitare la pulizia e l’abbeveramento.

E poi cadaveri. Sono i corpi di cane che ogni settimana contiamo, nell’inferno di Gorjevac. Sono i cuccioli morti congelati, che sembrano pupazzi che dormono. Sono cani fatti a pezzi. Sabato 15 dicembre, dopo una settimana a meno 16 gradi, abbiamo trovato 11 cani morti: di due di questi abbiamo trovato solo la testa, il resto del corpo l’avevano divorato gli altri cani. Gli operatori comunali non erano riusciti a raggiungere Gorjevac a causa della neve, così i cani sono rimasti una settimana senza cibo.

I cuccioli sono i primi a morire. Cuccioli… come mai ci sono dei cuccioli in un canile con cani sterilizzati? Infatti, cosa strana, alcune cagne con la targhetta rossa sull’orecchio – che sta a indicare che sono state trattate dall’Ambulatorio veterinario comunale che è responsabile della gestione del canile insieme all’Azienda comunale per la raccolta e gestione dei rifiuti – sono rimaste gravide. Per ogni cane sterilizzato la Veterinarska Stanica percepisce un compenso. Il dubbio che sovviene è che venga dichiarato di aver sterilizzato un cane, senza in realtà averlo fatto, ma mettendogli solo la targhetta all’orecchio. Chi mai andrà a controllare?

I volontari di Spas all’opera – foto di Silvia Maraone

Chi si oppone a questo trattamento bestiale? Chi mai denuncia? L’associazione Spas ci prova. E’ formata da un gruppo di ragazzi, che viene regolarmente insultato perché per molti dei cittadini il problema sono loro. Tra i commenti più frequenti, dopo il classico "la soluzione è ammazzarli tutti (riferito ai cani)" viene loro detto "se vi piacciono tanto portateveli a casa vostra e dategli voi da mangiare". Cosa che questi ragazzi già fanno. Così come tentano di farli adottare, fuori dalla Bosnia e si autotassano per comprare cibo e medicine perché le donazioni sono molto scarse.

In loco, trattare l’argomento non è facile. Si rischia di passare per persone che antepongono il bene degli animali a quello degli esseri umani. E infatti, una delle critiche più classiche è: non spendiamo i soldi del budget cittadino per i cani quando la gente fruga tra i rifiuti perché non ha da mangiare. Non c’è da dargli torto, è una buona argomentazione.

Ma il problema è complesso, articolato e rappresenta in generale l’intero fallimento di uno stato alla deriva. Innanzitutto, un problema politico ed economico. Mancano competenze delle cariche pubbliche e dei funzionari incaricati ad occuparsi di determinati temi. E mancano i soldi nei budget degli enti pubblici.

C’è poi un altro problema, la mancanza di una cultura di tolleranza e la mancanza di educazione alla gestione degli animali (domestici, ma non solo).

La legge sulla protezione degli animali è entrata in vigore dal 2009. Prima di allora in Bosnia Erzegovina non c’erano così tanti randagi. Perché esisteva una categoria del tutto particolare di persone che risolveva il problema: gli šinteri . Cacciatori di taglie. Per ogni coda di cane ammazzato ricevevano dai comuni 10 marchi convertibili…

La legge è una buona legge, creata sul modello delle leggi vigenti nell’Ue. Ma di difficile applicazione. In primis senza soldi per le strutture come i canili. E poi, per la difficoltà di far capire alla popolazione locale che i cani vanno vaccinati e microchippati, nonché tenuti sotto controllo. Del resto, non esiste nemmeno un’anagrafe canina, i registri vengono scritti a mano. Come si fa a risalire al proprietario di un cane abbandonato, quando bisogna sfogliare pagine e pagine di cartacce messe in disordine e non in rete? E poi si torna al solito problema: vaccinare e sterilizzare un animale ha un costo… perché farlo?

I cittadini non si rendono conto che il problema dei randagi in qualche modo è un problema creato da loro stessi e dalla loro noncuranza.

Il neo-sindaco di Bihać è un veterinario, che era a capo fino a pochi mesi fa dell’Ente veterinario cantonale. La soluzione alla pressione di queste ultime settimane, causata da presunti incidenti alla cittadinanza, è stata quella di fare retate di cani in giro per la città. I cani vengono (de)portati nel canile-lager di Gorjevac, dove li attende la morte per sfinimento, fame e freddo. Ma lontano dalla città.

Da privata cittadina italiana, residente a Bihać, assieme ad un mio amico e collega stiamo cercando di trovare delle soluzioni, concordandole con le diverse parti coinvolte nella soluzione del problema. In contatto con l’ ENPA nazionale, che ha fatto una prima donazione in denaro ed è ora pronta a donare forniture di cibo, abbiamo provveduto a un primo carico di crocchette. Una goccia nell’oceano, ma un primo passo concreto.

E’ necessario ora organizzare quella che è l’unica vera soluzione: una sterilizzazione di massa e una campagna di educazione alla cittadinanza. E data la recalcitranza delle autorità locali è importante che parta un’operazione di pressione internazionale, attraverso l’invio di mail e lettere. Per far capire al sindaco che deve reagire in maniera organica al problema e che la questione non può essere sottovalutata.

 

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Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell’Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l’opinione dell’Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l’Europa all’Europa

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