9 ottobre, il d-day della Croazia

Mentre il primo ministro Racan discuteva a Bruxelles con Romano Prodi del possibile ingresso nella Ue, a New York Carla Del Ponte relazionava al Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla cooperazione tra Croazia e Tribunale dell’Aja. Ecco come è andata.

13/10/2003, Drago Hedl - Osijek

Il 9 ottobre, data considerata da molti Croati come una delle più decisive nell’ultima decade, è andato meglio del previsto. Il primo ministro Racan ha presentato a Romano Prodi le risposte da parte croata a circa 4.500 domande, e ha sentito il presidente della Commissione Europea pronunciare parole di speciale importanza: "Spero che la Croazia diventi un paese candidato già l’anno prossimo e che possa iniziare i negoziati di adesione alla Unione Europea." Qualche ora più tardi nel corso della stessa giornata, il 9 ottobre, a New York la procuratrice capo del Tribunale Internazionale per i Crimini di Guerra dell’Aja, Carla Del Ponte, ha presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite il rapporto sulla cooperazione con la Croazia. Il rapporto era negativo, ma non al punto da mettere in pericolo il percorso di avvicinamento di Zagabria alla Unione Europea entro i termini del 2007.
Poco più di un mese prima delle elezioni politiche nel Paese, il primo ministro Racan può congratularsi con se stesso: una delle direttive strategiche del suo governo, l’ingresso nella Ue entro il 2007, sembra ora piuttosto probabile, malgrado ci siano ancora parecchi ostacoli sul cammino.

Solo pochi giorni prima di quel 9 ottobre sembrava che gli auspici stessero vacillando. La decisione del Parlamento di dichiarare una zona ecologica e di pesca in Adriatico aveva provocato molte proteste, principalmente da parte delle confinanti Slovenia ed Italia. Il 6 ottobre poi, la procuratrice capo dell’Aja era giunta a Zagabria per avere un duro incontro con Racan e i suoi collaboratori. Voci dall’Aja sostenevano che Carla Del Ponte avesse prove certe che il latitante Gotovina, ricercato dal Tribunale Internazionale e latitante da due anni, non solo si trovasse in Croazia, ma fosse anche sostenuto da alcuni funzionari del governo croato.
Sembra, tuttavia, che Racan sia riuscito a convincere la procuratrice che le cose non stavano esattamente in questo modo. Il primo ministro ha tenuto risolutamente la sua posizione dichiarando che il governo croato non aveva nessuna cognizione di dove fosse nascosto il generale Gotovina, e ha confermato che lo avrebbe fatto arrestare nel caso in cui avesse avuto informazioni sul suo nascondiglio in Croazia. E’ questo il motivo per cui la dichiarazione di Carla Del Ponte dopo l’incontro è stata significativamente più morbida di quella che ci si aspettava, e lo stesso profilo è stato mantenuto di fronte al Consiglio di Sicurezza.

Molti osservatori ritengono ancora che Zagabria non dovrebbe essere troppo sicura che il 9 ottobre, il "d-day della Croazia", abbia risolto tutto e che le porte di Bruxelles siano ora spalancate. E’ di questo avviso il noto commentatore politico Damir Grubisa, dell’Istituto per le Relazioni Internazionali:
"E’ un dato di fatto che il ritorno dei profughi serbi rimane una questione cruciale. L’intera comunità internazionale e in particolare la Unione Europea insistono perché questa questione venga risolta, e questa circostanza resterà cruciale nel determinare la velocità del percorso di avvicinamento della Croazia alla Ue. Anche la dimensione della cooperazione regionale avrà importanza, ed è quasi certo che la reazione croata di rifiuto all’ingresso in un’area di libero scambio comune ai Paesi dei Balcani occidentali avrà un impatto negativo – ha affermato Grubisa."

Attualmente, il problema maggiore per Zagabria consiste nella ratifica dell’Accordo di Stabilizzazione e Associazione alla Unione Europea da parte di Regno Unito e Olanda. In caso questo non avvenga – e Londra non sembra ottimista, dal momento che la Gran Bretagna vorrebbe vedere Gotovina all’Aja prima di ratificare l’accordo – il sogno croato non diventerà realtà. L’anno prossimo 10 nuovi Paesi entreranno nella Ue e anche loro dovrebbero quindi ratificare l’accordo. Questo rallenterebbe l’intero processo rendendo impossibile a Zagabria di diventare una delle capitali della Europa unita entro il 2007.

Vedi anche:

– La Croazia dichiara una zona ecologica e di pesca in Adriatico

– Arrestare Gotovina: la posta in gioco

– L’impossibile ritorno dei Serbi in Croazia

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