4 mesi, 3 settimane e 2 giorni
A Cannes il film di Cristian Mungiu, regista romeno. Le protagoniste due studentesse nella Romania del 1987, sotto Ceausescu. Bucarest si scopre uno dei luoghi più vivaci delle cinematografia europea contemporanea
In attesa di Emir Kusturica, che sabato chiuderà il concorso del 60° Festival di Cannes (le premiazioni saranno domenica sera) con "Promise Me This", il primo grande film dell’edizione 2007 è arrivato dalla Romania.
Uno dei paesi cinematograficamente meno conosciuti d’Europa ma negli ultimi tre anni tra i più vivaci con almeno 5-6 film da non perdere realizzati da autori under 40. "4 mesi, 3 settimane e 2 giorni" di Cristian Mungiu, già regista di "Occidente" (2002) e di un segmento del collettivo "Lost and Found" (2005), è un film che non si dimentica: durissimo, teso, spiazzante. Le protagoniste sono due studentesse che vivono in una residenza universitaria nella Romania del 1987 sotto Ceausescu.
Parlano tra loro, Gabita resta nella sua stanza, Otilia va nelle stanze delle altre compagne e si prepara ad uscire. Il film si dipana a poco a poco, svia lo spettatore su false piste, non si lascia scoprire. La macchina a mano crea tensione, i piani sequenza con i dialoghi mai scanditi da tagli di montaggio rivelano la bravura delle interpreti Anamaria Marinca e Laura Vasiliu.
A metà film si capisce a cosa serva quella stanza doppia d’albergo che una delle due cerca di prenotare. La mora Gabita deve abortire un feto che ha il tempo del titolo. Arriva da loro un uomo, "consigliato" da un’amica e compie la pratica. La bionda Otilia, attraverso la quale sono seguiti i fatti deve far sparire il corpicino una volta espulso. Mungiu (che ha dichiarato di essere contro l’aborto, ma soprattutto di aver voluto mostrare le conseguenze delle scelte che le persone compiono) non risparmia il dettaglio "lynchiano" del feto insanguinato sul pavimento, ma senza compiacimento.
Mostra il dolore delle due, l’irrimediabilità di una scelta. Il tema, più che l’aborto, è l’amicizia, un legame che arriva fino in fondo, fino a sotterrare nel segreto uno dei gesti più estremi degli esseri umani.
La pellicola non è pessimista come sembra, è un pugno nello stomaco ben dato grazie anche alla tecnica del "pedinamento" dei personaggi cara ai fratelli Dardenne.
Mungiu, all’opera seconda, e le sue attrici difficilmente sfuggiranno alla giuria (tra i quali lo scrittore turco Orhan Pamuk e il regista italiano Marco Bellocchio) al momento dei premi, anche se il concorso è zeppo di grandi nomi (i fratelli Coen, il russo Sokurov che porta un film sul conflitto ceceno, Gus Van Sant, Quentin Tarantino, Wong Kar-Wai, il coreano Kim Ki-Duk) o di giovani talenti come il russo Andrey Zviagyintsev ("Il ritorno") in gara con "Izgnanie – L’esilio" o il turco-tedesco Fatih Akin ("La sposa turca") con "The Edge of Heaven".
Tra gli eventi fuori concorso, la giornata slovena prevista per venerdì che presenterà alcuni dei lavori più interessanti prodotti dalla piccola repubblica ex jugoslava negli ultimi anni. Tra questi anche "Odgrobadogroba" di Jan Cvitkovic, vergognosamente non ancora distribuito in Italia.