2018: all’Italia la presidenza dell’Osce
L’11 gennaio si è inaugurato l’anno di presidenza italiana presso il Consiglio Permanente dell’Osce. Uno sguardo su attività e meccanismi in cui si troverà ad operare, nell’area post-sovietica, la presidenza italiana
L’Osce – Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa – nasce come struttura permanente dalla Conferenza per la Sicurezza e Cooperazione in Europa. La Conferenza si era tenuta a Helsinki la prima volta nel 1973 e, dopo vent’anni di crescita in peso politico e funzioni, nel 1995 divenne un’organizzazione permanente. Oggi l’Osce conta 57 paesi membri, con una presidenza a rotazione per un anno.
Il 2018 è l’anno della presidenza italiana . Le parole chiave che ispireranno l’impronta della presidenza italiana sono Dialogue, Ownership, Responsibility.
Nel suo discorso inaugurale il ministro degli Esteri Alfano ha spiegato il senso del motto in virtù dello spirito di Helsinki e di oggi, esordendo con un riferimento diretto a una delle principali aree di crisi in area Osce, l’Ucraina.
La presidenza è infatti coinvolta ed è tenuta a contribuire alla soluzione delle sfide di competenza dell’Osce. Nell’area post-sovietica si tratta di cinque teatri differenti: la guerra in Ucraina e i 4 de facto di Transnistria, Abkhazia e Ossezia del Sud, Nagorno-Karabakh, entità politiche de jure appartenenti ai membri Osce di – rispettivamente – Moldavia, Georgia, Azerbaijan.
L’Osce nell’ex-URSS: ruoli diversi in scenari diversi
L’ex Urss dell’Osce presenta uno scenario molto complesso che vede membri della stessa organizzazione su fronti contrapposti e con posizioni inconciliabili, e in cui la stessa Osce si trova a giocare ruoli di peso differente. A rendere il quadro ancora più complesso, la stessa presidenza ha margini di manovra con gradazioni di autonomia ed incidenza variabili, a seconda di altre istituzioni o meccanismi già in funzione nelle aree di crisi. Ci sono missioni, meccanismi diplomatici creati ad hoc, tavoli permanenti o ricorrenti di negoziazione, o missioni chiuse che però hanno lasciato sul terreno tracce su cui si può continuare a lavorare, ritagliando nuovi margini.
Se si segue l’ordine di precedenza espresso dal discorso inaugurale, si partirà dall’Ucraina, per poi seguire gli scenari di Transnistria e dei paesi secessionisti caucasici.
Osce, Italia e Ucraina
Il primo viaggio diplomatico della presidenza italiana annunciato da Alfano è fra Kiev e Mosca. L’Italia, nel discorso inaugurale, dichiara che “[…] il nostro principale banco di prova è la ricerca di una soluzione alla crisi ucraina.”
L’Osce è l’organizzazione internazionale più direttamente coinvolta e attiva per la soluzione della guerra in Ucraina. Ha un rappresentante speciale e una missione permanente di monitoraggio che dal 2014 opera sul territorio con un quartier generale a Kiev e pattuglie che si muovono nelle varie zone di conflitto. Il monitoraggio riguarda anche due check point russo-ucraini, ma nessuna pattuglia è autorizzata a entrare in Crimea. I monitor sono civili e disarmati. Nell’aprile 2017 un monitor è morto quando il veicolo su cui viaggiava è rimasto danneggiato per l’esplosione di una mina vicino a Luhansk.
Difficile che la presidenza possa negoziare una più ampia area di competenza per la missione, ma il pieno sostegno può contribuire al continuo consolidamento, e alla legittimità cui, come nota lo stesso Alfano, è ipotecata la stessa credibilità dell’Osce.
La presidenza può giocare un ruolo importante nel riattivare uno strumento come il Joint Center for Control and Coordination (JCCC) di cui facevano parte Ucraina, Federazione Russa e Osce e che avrebbe dovuto garantire il controllo e il coordinamento per il regime di cessate il fuoco. Il JCCC è entrato, in “congelamento”, per dirla con il ministro. E forse anche di questo si parlerà a Kiev e a Mosca, a fine mese.
Pieno sostegno è stato espresso dalla presidenza anche per tutti i negoziati attivati, per gli Accordi di Minsk e indubbiamente nell’agenda degli incontri rientrerà la spinosa questione della loro implementazione.
Osce, Italia e i 4 de facto
Altrettanta attenzione verrà data ai tavoli negoziali già aperti relativamente all’irrisolta soluzione politica che riguarda i secessionismi della Transnistria, delle due regioni georgiane di Abkhazia e Ossezia del Sud, e del Nagorno-Karabakh, conteso fra Armenia e Azerbaijan.
In Transnistria l’Osce gioca un ruolo importante. Dal 2005 esiste un formato di colloqui denominato 5+2. I “5” sono i mediatori (Osce, che presiede il formato, Russia, Ucraina, Unione Europea e Stati Uniti) mentre i 2 sono le parti in causa, i secessionisti della Transnistria e la Moldavia. Pur con varie peripezie il negoziato si tiene ora regolarmente . Vi vengono discusse le questioni legate alla libertà di movimento, istruzione, telecomunicazioni, economia, trasporti, ambiente e sicurezza dei residenti su entrambe le sponde del Dniestr. Per il 2018 il rappresentante speciale della presidenza italiana Osce per la Transnistria sarà Franco Frattini. L’Osce ha anche una missione di supporto alla soluzione del conflitto .
In Nagorno-Karabakh l’Osce dispone di un Rappresentante Speciale che fa capo alla presidenza di turno ma il ruolo politico vero e proprio è svolto da un organo dell’Organizzazione creato ad hoc per la crisi, il Gruppo di Minsk , cioè una co-presidenza di 3 mediatori (Russia, Stati Uniti, Francia). La presidenza italiana dichiara che: “Appoggeremo il lavoro dei Co-Presidenti del Gruppo di Minsk per una soluzione definitiva e condivisa del conflitto”. La missione che nel 1994 si sarebbe voluta inviare nella zona del cessate il fuoco non è mai stata creata per una serie di complicate questioni politiche e geopolitiche.
Scenario differente in Georgia, dove c’è una missione dell’Unione Europea . Una missione Osce c’era, in Ossezia del Sud, ma è stata di fatto spazzata via dalla guerra del 2008. Rimane una certa expertise maturata dall’Osce su questioni socio-economiche dell’area che periodicamente riemerge, insinuandosi nelle maglie di un rapporto non facile della comunità internazionale con Tskhinvali. La co-presidenza del tavolo negoziale "Geneva International Discussions (GID)" che si occupa delle conseguenze del confitto russo-georgiano del 2008 è tripartita: Unione Europea, Osce e Nazioni Unite. La presidenza italiana Osce dovrebbe confermare l’incarico all’ambasciatore Günther Bächler , nominato dalla presidenza tedesca nel 2016 e confermato da quella austriaca nel 2017.
Il ministro degli Esteri Alfano ha promesso continuità e impulso. Chi dopo le elezioni parlamentari di marzo si troverà a presiedere l’Osce erediterà un’agenda rodata da tre mesi di attività e – almeno nello spazio post-sovietico – da almeno due incontri bilaterali, quello a Kiev e quello a Mosca. Un’eredità che difficilmente potrà conoscere stravolgimenti.