11 luglio: a Srebrenica per la pace e la giustizia
L’11 luglio a Srebrenica verranno tumulati i resti di 33 persone tra le centinaia di cui si cercano ancora le tracce nelle fosse comuni. Alla funzione parteciperanno anche seimila persone provenienti da diversi paesi europei ed extraeuropei, che dall’8 luglio faranno la Marcia della Pace percorrendo, al contrario, un tratto del percorso fatto allora da chi tentò di scappare
L’11 luglio al Memoriale di Potočari vicino a Srebrenica verranno tumulati i resti di 33 persone degli 8.372 di cui dal 1995 si cercano le tracce nelle fosse comuni. La vittima più anziana tra queste 33 che verrà tumulata è Saha Cvrk, uccisa all’età di 82 anni. La più giovane è Osman Cvrk, nato nel 1979 e che quindi quel luglio del 1995, in cui venne perpetrato ciò che è stato decretato dalla giustizia internazionale essere stato genocidio, aveva 16 anni. I resti di Osman, depositati nella piccola bara di legno verde, sono stati ritrovati sparsi in più fosse comuni.
L’11 luglio del 1995 le truppe serbo-bosniache di Ratko Mladić (il quale è stato condannato in primo grado dal TPI all’ergastolo, per genocidio e crimini contro l’umanità, nel novembre 2017) entrarono a Srebrenica, cittadina decretata “Area protetta” dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU tra aprile e maggio 1993 con le Risoluzioni 819 e 824 e posta sotto protezione dei Caschi blu, dove si erano assembrati migliaia di bosniaci musulmani fuggiti dai villaggi della zona. Quel giorno a migliaia, t[]izzati dopo l’ingresso in città delle truppe, avevano cercato rifugio nella base dei caschi blu di Potočari a pochi chilometri da Srebrenica.
Le truppe olandesi invece consegnarono i civili ai soldati. Vennero deportate, uccise e occultate in fosse comuni più di 8mila persone, tutti bosgnacchi (bosniaci musulmani). Centinaia di civili, tra bambini, donne e vecchi, vennero sfollati con la violenza, altri tentarono la fuga percorrendo quella che fu per molti una marcia della morte.
La ricerca dei resti degli scomparsi è stata lunga e difficile, e prosegue dopo 24 anni. Oltre ad occultare i cadaveri nelle fosse comuni, i responsabili tentarono di cancellare le prove, redistribuendo i resti in più fosse comuni, più piccole, distribuite sul territorio. Fosse comuni di cui si è dovuto trovare traccia attraverso testimonianze dei superstiti e documenti raccolti lungo le decine di processi per crimini di guerra che si sono succeduti, al Tribunale per crimi di guerra dell’Aja come, in seguito, nelle decine svoltesi presso le Corti speciali della regione .
Resti che poi, depositati in sacche al Centro di identificazione di Tuzla , sono stati sottoposti al lungo lavoro di ricomposizione e al riconoscimento, oltre che con gli effetti personali e i resti dei vestiti, attraverso l’incrocio del DNA prelevato dalle ossa e i campioni di sangue depositati presso il Centro dai familiari superstiti.
Alla funzione parteciperanno anche le donne e gli uomini che dall’8 luglio faranno la Marcia della Pace, alla sua 15esima edizione. La “Marš Mira”, la Marcia della Pace, si tiene ogni anno nell’anniversario del genocidio. Parte da Nezuk la mattina dell’8 luglio e arriva al Memoriale la sera del 10 luglio. Sono circa 100 km che percorrono a ritroso il cammino forzato di migliaia di cittadini che tentarono la fuga dall’enclave di Srebrenica, tra le montagne in direzione di Tuzla e della zona cosiddetta “libera”, fino al villaggio di Nezuk.
La “Marš Mira” si è svolta la prima volta nel 2004, su iniziativa di circa 700 superstiti di quella fuga, per ricordare quella terribile marcia, fatta senza cibo e acqua sotto i colpi dei cecchini e dei mortai dell’esercito serbo-bosniaco. Da allora la marcia si è trasformata in un appuntamento annuale alla quale partecipano in numero sempre crescente persone provenienti oltre che dalla regione da altri paesi europei ed extraeuropei. Inoltre, da alcuni anni si svolge anche la marcia di decine di motociclisti, iniziativa partita da gruppi bosniaci e dalla diaspora, ma alla quale si sono poi aggiunti gruppi di cittadini dell’Unione.
Quest’anno è prevista la partecipazione di 6mila partecipanti, tra i quali anche singoli e gruppi di italiani. Vengono da Milano, Brescia, Trento, Bolzano, Venezia, Trieste, Bologna, Firenze, Roma, persone che negli anni ‘90 portavano aiuti umanitari in Bosnia, altri che hanno accolto famiglie intere, altri che hanno conosciuto il paese nel post-conflitto e si sono poi legati a persone e luoghi. Tra questi ci sono alcuni che si uniranno al gruppo di Sarajevo “Testimoni dei nostri tempi”, con l’obiettivo “di portare un forte messaggio di pace, un richiamo alla giustizia, non alla vendetta”.
Con l’11 luglio del 2019 le 33 salme si aggiungeranno alle 6.610 vittime tumulate tra il 2003 e il 2018 al Memoriale di Potočari. Vogliamo ricordarne nomi e cognomi:
Bektić (Redžo) Mevlid (1962), Bajraktarević (Osman) Nedžad (1975), Salkić (Alija) Bajro (1957), Husić (Husein) Muradif (1949), Purković (Ahmet) Šemso (1952), Isaković (Muhizin) Kasim (1973), Isaković (Muhizin) Asim (1975), Avdić (Hasan) Šemso (1964), Suljić (Nazif) Adil (1952), Cvrk (Osman) Rešid (1940), Cvrk (Arif) Šaha (1913), Gabeljić (Jusuf) Fadil (1974), Memić (Hasan) Sidik (1960), Tihić (Šukrija) Vekaz (1975), Tahić (Hamed) Enver (1976), Meholjić (Hakija) Husejn (1929), Salkić (Fadil) Sabahudin (1972), Mehmedović (Džemail) Mali (1959), Suljić (Salko) Sabit (1974), Mehmedović (Suljo) Ismet (1937), Hirkić (Bajro) Behadil (1973), Nukić (Haso) Esad (1977), Jašarević (Halid) Ahmet (1950), Mujić (Ramo) Zijo (1968), Mujić (Ramo) Fahrudin (1970), Tabaković (Zajko) Hajro (1938), Ahmić (Ismet) Omer (1973), Cvrk (Behaija) Osman (1979), Pilav (Rasim) Zaim (1946), Pilav (Zaim) Fuad (1976), Šaranović (Ševkija) Sadik (1969), Tabaković (Nurija) Smail (1964) e Tihić (Mustafa) Hamed (1928).