Transnistria: carta da poker di Putin?
Il suo futuro sembra essere incerto, compresso tra la rivoluzione arancione in Ucraina e la virata anti-russa delle autorità moldave. Ma il suo Ministro degli esteri Valeri Letskai ostenta sicurezza. "Siamo una delle carte migliori nelle mani di Putin". Un’intervista
Di Jean-Arnault Dérens e Antoine Ageron – Le Courrier des Balkans
Valeri Letskai ha un ventre imponente. Riceve in un ufficio al quinto piano della sede del Soviet supremo di Tiraspol, la capitale della « Repubblica moldava di Transnistria » che ha proclamato la propria indipendenza separandosi dalla Moldavia dopo un sanguinoso conflitto nel 1992.
Da allora la situazione militare rimane congelata dalla presenza dei soldati della XIVma armata russa e da "forze di pace" miste.
L’entità secessionista, che si distende tra la riva sinistra del fiume Dniestr e la frontiera ucraina, ha circa 600.000 abitanti, in maggioranza russi, ucraini e moldavi.
Dietro alla scrivania di Valeri Letskai una foto del Ministro in tenuta da judoka al fianco dell’emblema della Repubblica, dove non manca la falce ed il martello. L’ufficio è carico di decorazioni: una bandiera russa, una miniatura della Tour Eiffel e molte immagini del Budda. Sulla televisione una riproduzione in plastica di una nave corsara.
Sulla spianata del Soviet supremo un’immensa statua di Lenin continua a puntare il dito nella direzione del radioso avvenire.
Alla vigilia delle elezioni parlamentari in Moldavia, un gruppo di studenti attraversava il centro di Tiraspol brandendo dei drappi della Transnistria, e vilipendendo il presidente moldavo, all’urlo di "Voronine fascista".
Come definireste la natura politica della Repubblica della Transnistria?
Non abbiamo un’ideologia particolare. Nel nostro parlamento, vi è un solo comunista. L’economia è l’elemento principale. I capi d’impresa sono i veri dirigenti di questa Repubblica. Hanno condotto bene le privatizzazioni, alla loro maniera, perché non abbiamo seguito modelli applicati all’estero, in Russia o in Europa centrale. Ciascuna azienda ha seguito regole proprie ed il solo criterio guida sono stati i soldi.
La Transnistria è una democrazia?
Certamente no! Non vi è democrazia in tempo di crisi. Diciamo che abbiamo una forma molto particolare di democrazia. Si potrebbe comparare la Transnistria a ciò che era la Corea del Sud vent’anni fa: un Presidente potente, un esercito potente e dei capi di aziende estremamente potenti. Ma la Transnistria al tempo stesso non è una dittatura. Igor Smirnov, il nostro Presidente, non è certo Saddam Hussein! C’è una divisione dei poteri, ma anche il nostro Presidente è del tutto particolare e non corrisponde all’immagine che di lui si ha all’estero. Vi sono 5-6 gruppi di influenza diversi tra loro.
Tiraspol ha una degli stadi più grandi dell’Europa dell’est …
Ne siamo fieri! Questo stadio è stato realizzato dalla compagnia Sheriff, un’impresa privata molto ricca, che non centra nulla con lo Stato. Questa compagnia ha in programma molti altri progetti. Vuole ora realizzare un hotel a cinque stelle. Sheraton e Hilton hanno proposto di costruire l’hotel in un anno,garantendo il 50% dei proventi alla Sheriff, ma la compagnia ha rifiutato quest’accordo perché non era abbastanza vantaggioso.
La Transnistria è spesso accusata dai Paesi europei di favorire i traffici di sigarette, di droga, di armi e di esseri umani. Cosa rispondete?
Le pubbliche relazioni sono pubbliche relazioni … L’Europa può dire ciò che vuole. L’Unione europea ha spesso la tendenza a credere che la Transnistria si trovi sulla luna. Ma deve invece comprendere che noi siamo rinchiusi. Cosa possiamo commerciare? Non abbiamo tabacco, non produciamo prodotti esportabili … certamente molti prodotti che arrivano al porto di Odessa transitano per la Transnistria. Ma Odessa non è sul nostro territorio ma su quello ucraino. Se vi sono dei traffici vi sono coinvolti tre attori: l’Ucraina, la Transnistria e la Moldavia. Perché accusare solo la Transnistria?
Vi è quindi contrabbando?
Ma certamente sì.
Cosa fanno le autorità della Transnistria per contrastarlo?
La Repubblica moldava della Transnistria, l’Ucraina e la Moldavia si battono contro il contrabbando, ma senza grande successo! (risate) Il Presidente Igor Smirnov non è però l’organizzatore ed il capo di questi traffici.
E per quanto riguarda il traffico d’armi?
Noi abbiamo un’azienda che produce armi. Per i bisogni della nostra difesa. Non vendiamo armi a nessuno. Se armi da noi prodotte sono fossero state trovate in Cecenia i russi ci avrebbero già uccisi! Se avessimo venduto le nostre armi a Bin Laden o ai palestinesi ci avrebbero uccisi gli USA! La CIA è presente a Tiraspol, lavora e non dorme mica. E non ha trovato nulla … Da due anni abbiamo ufficialmente domandato all’OSCE di effettuare un’ispezione sulle nostre industrie. Siamo in attesa che ci rispondano. L’anno scorso i moldavi avevano addirittura affermato che eravamo in possesso degli elementi per costruire la bomba atomica. C’è stata un’ispezione di quell’agenzia delle Nazioni Unite … non ricordo più come si chiami. Non hanno trovato nulla. L’assenza di prove dimostra che non si tratta che di propaganda contro di noi.
Temete che i cambiamenti politici in Ucraina metteranno la Transnistria in una posizione delicata?
Siate chiaro: subiremo un embargo? In passato la Moldavia ha speso tutte le sue risorse militari, politiche ed economiche per ridimensionarci. Ma senza successo. Attualmente la Moldavia conta sull’appoggio dell’Ucraina e dell’Unione europea. Ma qui, il solo attore che conta, è la Russia. Voronin lo sa bene, non ha illusioni su questa questione. La Russia è stata presente in passato, lo è attualmente e lo sarà in futuro. Ciononostante Voronin si fa illusioni in merito all’Europa e all’Ucraina. Sino ad ora l’Ucraina non ha avuto alcuna politica autonoma. Sotto Kouchma l’Ucraina seguiva la Russia. Attualmente vuole avere una politica autonoma, ma queste pretese sono poste su un’illusione. La Russia e gli USA non desiderano alcun embargo, e quindi non vi sarà alcun embargo.
Ciononostante dal 1 febbraio l’Ucraina non riconosce più i passaporti emessi dalla Transnistria e potrebbe chiudere le frontiere …
Abbiamo tratto lezione dalle esperienze degli embarghi alla Jugoslavia ed all’Abkazia. In caso di embargo la situazione economica diviene molto difficile. Ho parlato assieme ad alcuni rappresentanti bulgari e rumeni, che mi hanno descritto quanto i loro Paesi abbiano sofferto dal blocco contro la Jugoslavia. In caso di embargo contro di noi la stessa sorte verrebbe subita dall’Ucraina, e nessuno arriverà in suo soccorso, sicuramente non l’Unione europea. L’esempio dell’Abkazia dimostra inoltre che le popolazioni fuggono in caso di embargo. Nessuno vuole morire a causa delle frontiere. Cosa se ne farebbe l’Ucraina di 200.000 rifugiati provenienti dalla Transinistria? L’embargo è poco probabile. Una nuova guerra è anch’essa poco probabile. Noi abbiamo chiarito alla NATO ed all’Europa che siamo pronti, se necessario, a fare una nuova guerra. Ma l’Europa non è pronta a fare di nuovo la guerra contro una regione russa, per i begli occhi di Voronin. Il nostro esercito può mobilitare 40.000 uomini e, nel 1992, abbiamo avuto il sostegno di 10.000 volontari cosacchi dalla Russia. Una guerra qui? La Transnistria sarà un secondo Iraq.
Quali soluzioni si possono allora individuare per uscire dalla crisi ?
Ma noi abbiamo la soluzione che ci serve! La nostra Repubblica è la soluzione! Noi siamo favorevoli al piano di federalizzazione della Moldavia proposto due anni fa. Abbiamo preso lezione da tutte le esperienze europee, in particolare quelle dell’Irlanda del Nord, esperienze che riguardano il decentramento dei poteri. Specialisti britannici sono venuti qui per darci consigli e per formarci. Lo statuto dell’Irlanda del Nord ci andrebbe benissimo, lasciando qualche competenza al potere centrale di Kichinev (in moldavo Chisinau, ndr), ma mantenendo una larga autonomia, in particolare mantenendo la nostra polizia. Dieci anni fa l’Europa non aveva alcuna esperienza in merito alla risoluzione dei conflitti. Non conosceva che la forza. Poi si sono sviluppate molteplici esperienze, in particolare quella degli accordi di Pace di Dayton, in Bosnia Erzegovina. La Transnistria appartiene alla Comunità degli Stati indipendenti, ma il nostro conflitto è un conflitto europeo e non un conflitto caucasico o asiatico.
Cosa significa tutto questo?
Sono stato spesso in Abkazia, ed ho visto delle differenze con la nostra situazione. Laggiù hanno praticato la pulizia etnica. Qui no. Quando dico alla gente dell’Abkazia che i moldavi sono nostri vicini e che da noi possono vivere in pace rimangono stupiti. Nella nostra Repubblica vivono russi, ucraini, moldavi, bulgari, gagauzi … se si vuole applicare una metodologia asiatica per risolvere un conflitto europeo si farebbe un grave errore. Il tipo di risoluzione di conflitto che si sceglierà in Transnistria avrà implicazioni molto importanti perché determinerà anche la soluzione del conflitto della regione del Karabagh e di altre aree.
Si potrebbe verificare un ritiro delle truppe russe dalla Transnistria?
Si sta parlando di politica, non di calcio! Innanzitutto l’Armata russa non è qui. Una grande bandiera russa sventola a Tiraspol, ma l’armata russa non è là. Ci sono 1000 soldati russi, armati in modo molto leggero. In caso di conflitto siamo noi, con i nostri 40.000 uomini, che li dovremo proteggere! Non hanno né blindati né aviazione. Parlare di presenza dell’armata russa non è che uno slogan politico. Anche ad Hong Kong sventolava una grande bandiera della Gran Bretagna, c’era anche qualche soldato britannico. Ma era un fatto simbolico, non erano certo lì per far guerra alla Cina. Gli imperi impiegano molto a morire. D’altronde la maggior parte dei soldati russi sono sì cittadini della Federazione russa, ma sono originari della nostra regione.
La Transnistria è un protettorato della Russia?
Ma no! E’ la Moldavia di Voronin che è un protettorato della Russia! La Moldavia non ha nulla. Per il petrolio, il gas e la sua energia dipende completamente dalla Russia. Si deve situare il problema della Transnistria nel contesto geopolitica più ampio. Se si guarda solo Tiranspol non si capisce nulla. Il tutto è legato al sistema di sicurezza del Mar Nero. Noi facevamo parte di un sistema di difesa dell’Unione sovietica. Dall’aeroporto di Tiranspol si poteva arrivare ad Istanbul. Per il momento non vi sono altri sistemi di sicurezza che abbiano come epicentro il Mar Nero. Gli USA lo hanno capito. Non l’Unione europea che cerca a tutti i costi di raggiungere il Mar Nero attraverso il Danubio. Questo conflitto non è una continuazione della guerra fredda. La questione del controllo del Mar Nero è anteriore alla nascita dell’Unione sovietica. Gli USA avranno presto proprie basi militari in Romania, sul delta del Danubio ed a Costanza. Ma Vladimir Putin non è Gorbaciov: non mostra le proprie carte, e non ha ancora buttato le sue carte migliori. Noi siamo una delle carte di Putin, come l’Abkazia.