Lyuba, la regina della notte

Una lavoratrice del sesso russa in Italia, intrappolata tra legge e realtà. Una storia triste e dolorosa fatta di diritti umani troppo spesso negati. Reportage

30/10/2025, Vladimir Kocharyan
Lyuba - Foto © Jenna Marvin

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Lyuba - Foto © Jenna Marvin

(Originariamente pubblicato da Are We Europe)

Sono le 22.00 quando Lyuba*, ventisette anni, inizia il suo turno. Il fulgore dei suoi occhi verdi è accentuato da un trucco vivace ed esuberante: il suo fascino smagliante è diventato la sua armatura. Con l’avvicinarsi della mezzanotte, il locale si anima: la musica si alza, l’atmosfera si fa più densa. Arrivano i clienti, perlopiù uomini di mezza età.

Siamo nella periferia di Caserta, una città di circa 76 mila abitanti vicino a Napoli, nel sud Italia. Nascosto tra autostrade e borgate, il locale al piano interrato ha un’insegna al neon lampeggiante a forma di donna e un nome audace. Il bancone, la pista da ballo, il palco e poi le accoglienti aree lounge, nascoste dietro alle tende semitrasparenti. Nel backstage, in un angusto camerino con doccia, bagno e alcuni armadietti, le donne si cambiano indossando le loro uniformi: minigonne, corsetti e tacchi alti.

I clienti ordinano cocktail, chiacchierano e interagiscono con le hostess. Il prezzo di una “consumazione”, come di consueto nell’industria dell’intrattenimento italiana, comprende il tempo trascorso con una donna a scelta: 20 euro equivalgono a 20 minuti. Se il cliente è disposto a pagare di più, può ritirarsi con la donna in un privé, cioè in una cabina privata. Il sipario si chiude e l’interazione si trasforma in sesso a pagamento.

Lyuba è una ragazza dai capelli biondo cenere con un gusto stravagante nel vestirsi. In Russia era nota come drag performer negli ambienti queer d’avanguardia – una vivace comunità di cantanti, drag queen e lavoratori del sesso che si muoveva tra Mosca e San Pietroburgo – prima che la repressione anti-LGBTQ+ si intensificasse nel paese. Dopo l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia nel 2022, Lyuba ha deciso di emigrare.

È una delle novantamila persone che lavorano nell’industria del sesso in Italia (secondo le ultime stime disponibili del 2018). È difficile reperire dati ufficiali su questo settore, perlopiù sommerso, complice la criminalizzazione dello sfruttamento e del favoreggiamento del lavoro sessuale nella legislazione italiana.

Tuttavia, la frequenza con cui i media parlano di retate e indagini della polizia suggerisce che i locali come quello dove lavora Lyuba siano diffusi in tutto il paese. Ufficialmente, offrono servizi di intrattenimento legali, come balli e spettacoli di nudo. Dietro le quinte, però, le persone vengono trafficate a scopo di sfruttamento sessuale, spesso con un coinvolgimento della criminalità organizzata.

“In Italia mi hanno promesso un mondo”

“Lo hanno definito un lavoro semplice”, dice Lyuba, “bastava sedersi in un bar, versare da bere ai clienti, chiacchierare e far loro compagnia. Avrei ricevuto una buona paga base, mance e un alloggio gratuito”.

Lyuba e io siamo seduti in un bar vicino alla stazione ferroviaria di Caserta, dove lei ordina due bicchieri di prosecco per colazione, accompagnandoli con una sigaretta. Dopo aver lasciato la Russia, Lyuba ha lavorato in Portogallo come camgirl. Riuscendo a malapena a sbarcare il lunario, ha cercato su Internet nuove opportunità. Ha trovato il suo attuale lavoro tramite una chat su Telegram, “una comunità di lingua russa dove gli agenti aiutano le ragazze a trovare locali”.

Dopo aver viaggiato in pullman per oltre 24 ore, Lyuba è arrivata in Italia. “Mi hanno mandata subito a lavorare per un turno di notte di otto ore”, racconta Lyuba. “Ho chiesto di potermi riposare prima. Mi hanno risposto ‘Se vuoi dormire, puoi farlo al parco come una disoccupata’”. Per Lyuba, questa è una tipica storia che ricorda quella delle ragazze ucraine costrette a lavorare dopo un viaggio di tre giorni, sotto la minaccia di licenziamento.

Veronika Antimonik è coordinatrice di progetti dell’ong russa Safehouse Foundation, che si occupa di donne vittime di tratta di esseri umani dalla Russia verso l’Europa.

La tratta di donne provenienti dai paesi dell’ex blocco sovietico a scopo di sfruttamento sessuale non è certo un fenomeno nuovo. Tuttavia, come afferma Veronika Antimok, dal 2022 si osserva “una nuova vulnerabilità”.

“Le donne in fuga dalla repressione politica in Russia [e dalla guerra in Ucraina] arrivano in Europa senza uno status legale stabile, senza competenze linguistiche, senza supporto”, spiega Antimonik. “In queste condizioni, le donne sono più vulnerabili allo sfruttamento”.

Digitando frasi come “lavoro per ragazze nei locali in Italia” su un motore di ricerca, compaiono decine di offerte di lavoro per “hostess da bar”, spogliarelliste e “ragazze immagine per intrattenimento”. Gli annunci promettono buoni guadagni, alloggio gratuito, viaggio di andata e ritorno dal locale, senza chiedere particolari conoscenza linguistiche.

Nessuno degli annunci menziona il sesso. In realtà, dice Lyuba, “i capi spingono le ragazze a fare sesso con i clienti. A volte lo dicono il primo giorno, a volte ti introducono gradualmente, incoraggiandoti a trascorrere più tempo nei privé”. Lyuba non si è subito resa conto che il sesso sarebbe diventato parte integrante del suo lavoro. Nelle sale private, dove i clienti restano soli con le hostess, i confini si confondono. “Se non gli fai un pompino, il cliente potrebbe non pagare, quindi rischi di essere cacciata via”, spiega Lyuba. “Con tutto l’alcol che sei costretta a bere e la paura di finire per strada, alla fine cedi”. Per assicurarsi il salario, le ragazze si devono esibire in un certo numero di privé a notte.

Per molte donne migranti come Lyuba, con uno status giuridico precario – al momento della stesura di questo testo Lyuba è in attesa di un appuntamento per rinnovare i suoi documenti di rifugiata – sopportare tale sfruttamento può sembrare l’unica opzione.

“Lavorare nei locali notturni è l’unico modo per avere almeno un alloggio stabile”, afferma Lyuba, che non può prendere in affitto un appartamento in Italia per via delle specificità del suo status di rifugiata. “Per prendere in affitto un appartamento legalmente, dovrei fornire un estratto conto di un conto corrente italiano”, spiega. “Ma con i miei documenti da rifugiata, non posso nemmeno aprire un conto. Lo stesso vale per i lavori regolari. Richiedono tutta una serie di documenti che non ho in questo momento, e forse non li avrò mai. Siamo praticamente intrappolate, e i proprietari dei locali, come anche le agenzie di hostess, lo sanno benissimo”.

Lyuba - Foto © Jenna Marvin

Lyuba – Foto © Jenna Marvin

Agenti di controllo

In Italia la vendita e l’acquisto di servizi sessuali non sono di per sé illegali. Tuttavia, il favoreggiamento e lo sfruttamento della prostituzione sono criminalizzati dalla cosiddetta Legge Merlin del 1958. Una legge che non garantisce però la tutela delle lavoratrici del sesso e dei loro diritti. Come osservato nel 2024 da Dunja Mijatović, ex Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, “la criminalizzazione di terze parti […] colpisce automaticamente e direttamente le lavoratrici del sesso, perché il loro intero ambiente di lavoro viene criminalizzato, con un aumento della stigmatizzazione del loro lavoro e maggiori rischi di violenza”.

Lyuba rievoca un episodio quando un gruppo di uomini è entrato nel locale, intimando ad una delle ragazze di andare con loro in una sala privata. “Lei ha rifiutato, e a quel punto hanno iniziato a picchiarla. Il proprietario del locale e gli addetti alla sicurezza sono rimasti a guardare”. Anche la donna dell’agenzia non è intervenuta. “Ha semplicemente suggerito alla ragazza di trasferirsi in un’altra città e in un altro locale, nel caso in cui gli uomini fossero tornati”.

La tendenza ad alimentare il lavoro sommerso rende più difficile regolamentare i diritti delle lavoratrici del sesso.

Secondo l’esperienza di Lyuba, che ha lavorato nei locali notturni in tutta Italia, i turni durano solitamente dalle sei alle otto ore, dalla tarda sera fino alle prime ore del mattino, e i salari vengono pagati in contanti. Le hostess ricevono un compenso fisso a notte – che varia dai 70 ai 90 euro – oppure lavorano a provvigione, guadagnando fino a 7,5 euro per consumazione venduta (meno del 40% del prezzo di 20 euro).

Tuttavia, lavorando solo a provvigione, difficilmente si riesce a guadagnare un salario stabile. Secondo Lyuba, in alcune serate, più tranquille, una hostess può guadagnare solo 40 euro, alcune arrivano a malapena ai 150 euro alla settimana.

Cifre analoghe sono state citate anche da altre donne con cui ho parlato realizzando questo articolo. Questi salari sono bassi anche secondo gli standard italiani. Pur non essendoci un salario minimo nazionale, in Italia nel 2022 la retribuzione oraria più bassa nel settore privato è stata stimata dall’ISTAT in 8,42 euro.

Le donne delle agenzie – molte delle quali “erano ragazze come noi”, afferma Lyuba, e “conoscono perfettamente questo business: come funziona, cosa cercano i locali” – fungono da intermediarie tra le hostess e i locali prendendo una percentuale sugli introiti delle ragazze. Inoltre, controllano la reputazione delle ragazze tramite Telegram. Lyuba mi mostra chat come Черный список Консумация (“La lista nera della consumazioni”) e canali regionali come Шлюхи С. Петербурга (“Le puttane di San Pietroburgo”), Шлюхи Ростова (“Le puttane di Rostov”), Шлюхи Магадана (“Le puttane di Magadan”). In questi gruppi, gli amministratori anonimi pubblicano recensioni negative sulle ragazze che si sono “comportate in modo inappropriato”, spesso includendo dati personali e foto per esporle e denigrarle pubblicamente.

“Ci sono tante forme di controllo e pressione”, afferma Veronika Antimonik, “principalmente psicologiche. Le più efficaci sono solitamente minacce, ricatti e schiavitù per debiti. Si crea una relazione finanziaria in cui la donna finisce per avere ‘un debito’: le viene acquistato qualcosa a credito, oppure viene sanzionata per qualcosa, a volte anche quello che dovrebbe essere fornito gratuitamente – come alloggio, cibo, qualsiasi cosa – viene poi considerato come debito. Così le donne vengono tenute sotto controllo”.

La maggior parte delle donne – come spiega Lyuba – nasconde la vera natura del proprio lavoro ai familiari. La famiglia di Lyuba è convinta che lei lavori come parrucchiera in Portogallo. “Gli agenti spesso utilizzano questa segretezza per ricattarci. Se salti un turno o ti rivolgi ad un cliente con un tono ritenuto inopportuno, le conseguenze possono essere terribili”.

Veronika Antimonik e la sua organizzazione, la SafeHouse Foundation, hanno adottato un approccio proibizionista al lavoro sessuale. “In linea di massima, promuoviamo l’abolizione del sistema della prostituzione, trattandosi di un sistema di violenza contro le donne”, afferma Antimonik.

Tra legge e realtà

Nel febbraio 2024, Dunja Mijatović ha chiesto “un approccio basato sui diritti umani al lavoro sessuale”, sottolineando che il lavoro sessuale consensuale tra adulti non dovrebbe essere criminalizzato. “Occorre facilitare in modo proattivo l’accesso dei lavoratori del sesso ai vari diritti, dall’accesso ad un rifugio per le vittime di violenza o tratta, in linea con gli standard del Consiglio d’Europa, all’accesso ai diritti sociali, quali salute, casa, istruzione e lavoro”.

Le organizzazioni della società civile e per i diritti umani, tra cui l’Alleanza europea per i diritti dei lavoratori del sesso (ESWA), hanno sostenuto la dichiarazione di Dunja Mijatović. “Molte esperienze negative che si verificano nell’industria del sesso sono dovute alla legislazione che si applica allo scambio consensuale di servizi sessuali in cambio di denaro tra adulti consenzienti”, spiega Sabrina Sanchez, direttrice dell’ESWA.

Delle 120 organizzazioni per i diritti delle lavoratrici del sesso in tutta Europa, riunite nella rete ESWA, circa 70 sono guidate dalle stesse lavoratrici del sesso. Secondo Sabrina Sanchez, la mancata tutela dei diritti dei lavoratori del sesso, unita alle rigide politiche migratorie dell’Unione europea, crea terreno fertile per la tratta di esseri umani. “Quando si parla di tratta di esseri umani, nessuno menziona la legislazione in materia di migrazione. Questo è un grande problema che contribuisce al traffico di esseri umani”.

Sanchez ritiene che si stia facendo troppo poco per sostenere le donne che incontrano ostacoli nel loro tentativo di vivere e lavorare legalmente in Europa. Di conseguenza, “non riescono a soddisfare i requisiti richiesti, non possono registrarsi e finiscono per infrangere la legge”. Sanchez, originaria del Messico, non ha dubbi: “Siamo state rese vulnerabili dalle decisioni politiche, la nostra vulnerabilità non è un fenomeno isolato”.

Se da un lato nessun trattato europeo affronta direttamente la questione del lavoro sessuale – fatto che rispecchia la divergenza di posizioni tra i vari stati membri – dall’altro la Carta dei diritti fondamentali dell’UE, all’articolo 5, parla esplicitamente della tratta di esseri umani.

Veronika Antimonik spiega che, anche là dove esiste un quadro giuridico adeguato, la realtà sul campo spesso è in contrasto con la legge.

“Nonostante l’esistenza di solidi quadri internazionali, come la Carta dei diritti fondamentali, la realtà è ben diversa”, afferma Antimonik. “Per quanto validi possano sembrare i documenti internazionali, offrono poco alle vittime. Le reti criminali, l’inazione politica e la pressione dell’industria del sesso creano un sistema che, anziché le vittime, protegge gli sfruttatori”.

Anche Sabrina Sanchez è scettica sugli effetti pratici dei trattati sui diritti umani. Nel 2024, 261 lavoratori del sesso si sono rivolti alla Corte europea dei diritti dell’uomo, contestando la criminalizzazione dell’acquisto di servizi sessuali, prevista dal Codice penale della Francia, e appellandosi alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Hanno affermando che la legge francese del 2016 – che ha introdotto il reato di acquisto di servizi sessuali – ha messo a rischio la loro salute e sicurezza, violando la loro autonomia e libertà sessuale e ignorando il diritto alla vita e il divieto di trattamenti inumani e degradanti. Nel luglio 2024, la Corte ha stabilito che la Francia non ha violato i diritti dei lavoratori del sesso.

“Un esito piuttosto scoraggiante”, afferma Sabrina Sanchez, “abbiamo investito soldi, tempo, tutto. La Corte però ha affermato: ‘no, [la legge ] non è sbagliata… Quindi sì, ci sono [trattati come la CEDU o] la Carta dei diritti fondamentali dell’UE , abbiamo cercato di utilizzarli, poi però chi è tenuto a decidere sulla questione ha preso una decisione contro di noi”.

Pur trattandosi di strumenti giuridici distinti, sia la CEDU che la Carta dell’UE tutelano i diritti fondamentali. Tuttavia, nel divario tra l’attuazione della legge e la realtà, la vita di donne come Lyuba si svolge in un vuoto di diritti.

Lyuba - Foto © Jenna Marvin

Lyuba – Foto © Jenna Marvin

La nascita di Regina

“Quando ho iniziato questo lavoro, pensavo di restare un mese o due”, racconta Lyuba. “Mi hanno promesso rispetto, soldi facili, nessuna pressione. Ma non è stato così”.

Sono ormai due anni che Lyuba lavora in Italia. “A volte”, spiega, “sono sommersa da pensieri suicidi. Urlo, piango, mi sento incapace di gestire lo stress. Mi sento come se stessi perdendo la testa, come se il mondo intorno a me stesse crollando e non ci fosse alcuna via d’uscita. Però c’è sempre qualcosa che mi fa tornare indietro”.

Durante una tranquilla serata nel locale, “quando non c’erano clienti e non sapeva se avrebbe avuto qualcosa da mangiare il giorno successivo”, Lyuba ha colto il suo riflesso nello specchio. “Ho pensato a quell’energia che sentivo mentre mi truccavo da drag queen. La sensazione di essere libera, di reinventarmi, come nei locali gay in Russia”. Ha creato un personaggio: Regina. “È italiana, del Sud: forte, imprevedibile, dominante. Controlla gli uomini. Non è una vittima”.

“Regina mente senza battere ciglio. Dirà di essere stata in prigione, di aver ucciso qualcuno, di praticare la magia nera. Strapperà un capello ad un uomo e sussurrerà che creerà una bambola voodoo. E loro le credono. Perché Regina è potente. È intoccabile”.

Immedesimarsi col personaggio di Regina aiuta Lyuba a superare le difficoltà. Al lavoro, è una persona allegra e sorridente, ride, ma la sua mente è altrove, lontana. “È un’abilità: ti chiudi così profondamente che non percepisci più una parte dello spazio in cui sei intrappolata”.

Nonostante la routine estenuante, i turni di notte e la ricerca infinita di nuovi locali, Lyuba non ha perso la speranza. Sogna di diventare una star dell’italo disco, scrive testi basati sulle sue esperienze e sta mettendo soldi da parte per registrare il suo primo brano. Non rimpiange la decisione di lasciare la Russia.

“Vivo in Italia”, afferma Regina, “un paese che amo. Nessuno mi caccerà via. Dico sempre: che mi uccidano pure qui, ma sarà in una lingua che ho imparato, tra persone che ho scelto. Adoro questa libertà. So che, volendo, potrei sparire tra le strade di Napoli. E nessuno mi troverebbe”.

Dopo mesi di lavoro sul reportage, mando a Lyuba la bozza finale per la revisione e la conferma del suo consenso alla pubblicazione. Come sempre, risponde con un messaggio vocale su Telegram. In sottofondo, sento il rombo di un treno. “Senti… È così spaventoso. Spaventoso e triste”, dice. “Leggendo il testo, ho provato una strana sensazione di distacco, come se non riguardasse me, ma un’altra Lyuba che ha disperatamente bisogno di essere salvata. E poi mi sono ricordata che riguardava me. E mi sono chiesta: come faccio a salvarmi? È tutto così folle. Eppure eccomi qui, ancora una volta, in viaggio verso un’altra città per un altro lavoro. So una cosa per certo: se avessi letto un testo come questo un paio di anni fa, non mi sarei mai avventurata in questa esperienza”.

 

*Non abbiamo citato il nome completo di Lyuba per proteggere la sua identità.

Josephine Böllhoff ha contribuito a questo reportage

Questo articolo è stato tradotto nell'ambito di “MigraVoice: Migrant Voices Matter in the European Media”, progetto editoriale realizzato con il contributo dell'Unione Europea. Le posizioni contenute in questo testo sono espressione esclusivamente degli autori e non rappresentano necessariamente le posizioni dell'Unione europea.

Tag: Donne | LGBT