Moldova, Pride 2025

Giunto alla sua quindicesima edizione il Moldova Pride di quest’anno si è tenuto domenica 15 giugno: centinaia di persone hanno manifestato per i diritti della comunità LGBTQ+ nonostante il divieto imposto dalle autorità locali e le contromanifestazioni

23/06/2025, Gian Marco Moisé Chișinău

Moldova-Pride-2025

Chișinău, Moldova, durante il pride del 2023 - © snob/Shutterstock

Domenica 15 giugno, a Chișinău ha avuto luogo il Moldova Pride 2025, giunto alla sua quindicesima edizione. Cantando slogan e accompagnati da tamburi e vuvuzelas, diverse centinaia di persone hanno partecipato alla manifestazione a sostegno dei diritti LGBTQ+ nonostante il divieto imposto dalle autorità locali.

La marcia fa parte del programma del Festival del Pride Moldova 2025. La comunità LGBTQ+ chiede riconoscimento, rispetto e pari partecipazione alla vita pubblica. I rappresentanti della comunità affermano di rappresentare oltre il 5% dell’elettorato moldavo e che i partiti politici dovrebbero tenere conto di questo aspetto nelle loro strategie elettorali, ma nessun partito moldavo ha apertamente sostenuto la manifestazione.

Manifestazione e contro-manifestazione

La marcia LGBTQ+ è partita da via Bucarest fino all’incrocio con via Izmail, ha proseguito verso via Mihail Kogălniceanu per poi giungere fino a Piazza del Consiglio d’Europa. Gli organizzatori hanno accusato le autorità locali di non aver coordinato il blocco del traffico che non è stato completamente sospeso lungo il percorso; i filobus hanno continuato a circolare sui loro percorsi abituali.

I partecipanti erano sorvegliati dalla polizia, ma a parte qualche coro sparso di "Vergogna!" dai marciapiedi, non si sono registrati incidenti lungo il percorso della marcia. Nel frattempo, un gruppo di sacerdoti e fedeli, armati di bottigliette di acqua santa e croci, ha prima recitato preghiere davanti al monumento di Stefano il Grande e poi chiesto a gran voce l’introduzione di una legislazione che proibisca famiglie e relazioni "non tradizionali".

Dopo oltre un’ora di protesta, i contro-manifestanti si sono diretti verso boulevard Bănulescu-Bodoni per raggiungere i partecipanti del Pride. A fare notizia, più che i partecipanti del Pride, sono stati proprio i contro-manifestanti che hanno cercato di forzare il cordone di polizia per poter raggiungere e confrontare i manifestanti LGBTQ+.

Tra loro spiccava un uomo con un bambino in braccio, messo in pericolo negli scontri. La polizia ha condannato qualsiasi forma di violenza e ha chiesto ai partecipanti di assumersi le proprie responsabilità. A distanza di qualche ora il difensore civico di Chișinău ha dichiarato di aver aperto un fascicolo sul caso.

La posizione del municipio e della società civile

La marcia del Pride non è stata autorizzata dal sindaco Ion Ceban, che il mese scorso ha dichiarato : “Personalmente, sono contrario alla propaganda dell’omosessualità a Chișinău e in tutto il Paese. Questa posizione non è cambiata da anni. Noi con le nostre famiglie non andiamo in giro a sfilare, ma organizziamo feste dedicate alla famiglia tradizionale. Manteniamo i nostri valori e le nostre tradizioni.”

Pur dichiarandosi pro-europeo, il sindaco della capitale e leader del partito Movimento Alternativo Nazionale, è un ex membro del Partito dei Socialisti della Repubblica Moldova (PSRM) e alleato dell’ex presidente pro-russo Igor Dodon. Da anni, il sindaco cerca lo scontro con il partito di governo Azione e Solidarietà anche su temi di questo tipo.

Le dichiarazioni del sindaco hanno suscitato reazioni critiche da parte delle organizzazioni che difendono i diritti LGBTQ+. Secondo Angelica Frolov, rappresentante del Centro Informazioni GENDERDOC-M, la richiesta di Ion Ceban è populista: “Ceban non può interdire la marcia. […] La legge stabilisce chiaramente che tutte le persone sul territorio della Repubblica Moldova hanno diritto a riunirsi pacificamente, senza discriminazioni. Ceban sta facendo populismo, sapendo benissimo di non avere alcun potere legale per vietare la marcia. La sua speranza è che Chișinău si trasformi in uno Stato come il Vaticano, dove è il municipio a dettare le leggi.”

La Marcia della Famiglia

C’è stata poi una terza manifestazione , la Marcia della Famiglia organizzata dal Partito dei Socialisti e dallo stesso Igor Dodon. A capo della colonna che sosteneva la famiglia tradizionale, oltre a Dodon col figlio e colleghi di partito, erano presenti l’ex presidente Vladimir Voronin, leader del Partito dei Comunisti della Repubblica Moldova, e l’ex primo ministro Vasile Tarlev, leader del partito "Futuro della Moldova": tutti ex membri del governo comunista che ha governato il paese tra il 2000 e il 2010. Pur essendo dichiaratamente di sinistra, questi partiti rappresentano alcune delle posizioni più conservatrici in Moldova, in linea con quelle di Russia Unita di Vladimir Putin.

Secondo gli organizzatori, all’evento hanno partecipato diecimila persone, ma la polizia non ha fornito nessuna stima. Molti dei manifestanti indossavano magliette bianche con scritte a sostegno della "famiglia tradizionale" ed esibivano striscioni con gli stessi messaggi, in romeno e russo.

La Marcia delle Famiglie è partita di fronte all’Accademia di Studi Economici della Moldova, per poi spostarsi lungo boulevard Bănulescu-Bodoni fino alla piazza antistante la Cattedrale, dove si è svolto un breve raduno. La manifestazione a favore della famiglia tradizionale si è svolta senza incidenti.

Interpellato da Radio Free Europe, l’ex presidente moldavo Igor Dodon ha dichiarato di essere venuto per sostenere la famiglia tradizionale e i valori tradizionali e che, se diverrà Primo Ministro dopo le elezioni parlamentari in autunno, vieterà per legge le marce LGBT: "come avviene in altri paesi europei, tipo l’Ungheria". L’Ungheria è l’unico paese dell’Unione ad avere una disposizione legislativa così restrittiva.

Il consigliere comunale del PSRM Alexandr Odintsov ha affermato: "l’importanza della stabilità spirituale e di un’educazione basata sui valori tradizionali". Ha affermato che la famiglia è l’unione tra un uomo e una donna e che qualsiasi altro modello rappresenta una pericolosa forma di propaganda che minaccia i bambini e mina i valori fondamentali della società.