Armenia, Chiesa e Stato in conflitto in vista delle elezioni
In vista delle prossime elezioni in Armenia, si intensifica lo scontro politico e ideologico tra la leadership post-rivoluzionaria e il radicato establishment religioso, espressa dalle figure leader: il primo ministro Pashinyan e Karekin II, capo della secolare Chiesa apostolica armena

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Karekin II, Armenia - © YuG/Shutterstock
Il miliardario russo-armeno Samvel Karapetyan è stato posto la scorsa settimana in custodia cautelare per due mesi con l’accusa di aver invitato al rovesciamento del governo armeno. La minaccia percepita è stata formulata quando si è schierato apertamente dalla parte del Catholicos armeno, Karekin II, attualmente coinvolto in un altro scontro con il primo ministro Nikol Pashinyan.
Il Servizio di sicurezza nazionale aveva inizialmente tentato di arrestare Karapetyan con un raid notturno, fallito, che a quanto pare è costato il posto al capo dell’agenzia. Il giorno successivo, Pashinyan ha anche privato Karapetyan del controllo della rete di distribuzione elettrica nazionale, ENA, che aveva acquisito dalla russa Inter RAO nel 2015.
Sebbene il governo abbia poi ritrattato la minaccia di nazionalizzare ENA per non allarmare gli investitori, il messaggio è chiaro. Nell’anno pre-elettorale, nessuno è intoccabile. L’episodio ha anche segnato un punto di svolta in quella che è ormai diventata una vera e propria guerra politica e ideologica tra la leadership post-rivoluzionaria dell’Armenia e un radicato establishment religioso.
Al centro c’è Karekin II, capo della secolare Chiesa apostolica armena, a lungo considerata un pilastro dell’identità nazionale, ma ora chiaramente vista da Pashinyan come un ostacolo ai piani di normalizzazione delle relazioni con Azerbaijan e Turchia.
L’ultimo scontro è iniziato con una serie di attacchi pubblici di Pashinyan sui social media, in cui accusava il Catholicos di aver violato il voto di celibato e di essere padre di un bambino: un’accusa risalente ad almeno un decennio fa, ma ora riproposta in termini più aspri. Sua moglie, Anna Hakobyan, ha associato clero e pedofilia.
Sebbene Karekin II non abbia pubblicamente negato le accuse, i suoi sostenitori affermano che gli attacchi violano il codice penale armeno. Con le elezioni parlamentari previste per giugno 2026, la tempistica è considerata da molti anche politica, soprattutto dopo il coinvolgimento della Chiesa nelle proteste dell’opposizione nel 2022 e nel 2024.
Pochi giorni prima dei post di Pashinyan, Karekin II si trovava in Svizzera, dove ha partecipato ad una conferenza sul patrimonio culturale armeno in Karabakh, una questione che Pashinyan evita accuratamente in questo momento.
Hakobyan ha specificamente insultato la Chiesa per aver partecipato all’evento, ora più incline a ostacolare un possibile accordo di pace che a contribuirvi. Il governo aveva già segnalato che farlo ora avrebbe comportato significative preoccupazioni per la sicurezza nazionale.
Nel frattempo, il fratello del Catholicos, l’arcivescovo Yezras Nersessyan (capo della diocesi russa, con noti legami con gruppi militanti filo-russi) è arrivato in aereo da Mosca per dimostrare pubblicamente il suo sostegno a Karapetyan, che aveva anche pagato gran parte della cauzione di 4 milioni di dollari per liberare l’acerrimo nemico di Pashinyan, l’ex presidente Robert Kocharyan, nel 2020. Il ministero degli Esteri russo ha dichiarato di seguire attentamente gli eventi a Yerevan.
Il governo di Pashinyan accusa la Chiesa armena di violare la separazione costituzionale tra Chiesa e Stato, opponendosi al fragile processo di pace con l’Azerbaijan e intromettendosi nella politica interna. I critici affermano che Pashinyan stia violando lo stesso principio cercando di estromettere Karekin II attraverso un meccanismo recentemente proposto che preparerebbe il terreno per la sua sostituzione.
Karekin II, nato Ktrij Nersessyan, è stato eletto nel 1999 sotto l’allora presidente Robert Kocharyan, tra accuse di manipolazione politica. In effetti, dalla Rivoluzione di velluto di Pashinyan del 2018, la Chiesa è rimasta una delle poche istituzioni sopravvissute ad un regime apparentemente filo-russo, lanciato da Kocharyan e portato avanti dal suo successore, Serzh Sargsyan. Non c’è da stupirsi che funzionari russi, media e persino pop star si siano espressi a sostegno di Karapetyan, che lì ha fatto fortuna.
Pashinyan ha chiarito che sradicare l’eredità di Kocharyan e Sargsyan è fondamentale per la sua visione di una nuova Armenia. Ciò implica affrontare i clan imprenditoriali rimasti fedeli a loro e la Chiesa, i cui leader, a suo avviso, incarnano la stessa politica nazionalista che ha fatto fallire i passati sforzi di pace.
Venerdì sono stati arrestati decine di sostenitori della Federazione rivoluzionaria armena (ARF-D), un gruppo nazionalista affiliato a Kocharyan e alla Chiesa. Tra loro c’erano seguaci dell’arcivescovo Bagrat Galstanyan, il religioso estremista che ha guidato le proteste contro Pashinyan lo scorso anno con l’approvazione di Karekin II.
Le linee di frattura ideologiche sono ormai chiare: da un lato una visione dell’Armenia fondata sul nazionalismo e sulla rete di élite post-sovietica, dall’altro la promessa di Pashinyan di integrarsi a livello regionale dopo decenni di semi-isolamento.
Fondamentale sarà la firma di un accordo di pace con l’Azerbaijan. Con le elezioni del 2026 che si avvicinano, questo confronto potrebbe rivelarsi la resa dei conti tra il passato e il futuro dell’Armenia.
Quello che è iniziato come uno scontro politico tra Pashinyan e un clero ribelle è ora una lotta su vasta scala per l’Armenia e l’identità nazionale nell’era post-Karabakh. Con potenti interessi coinvolti, da Mosca alla Chiesa passando per gli oligarchi, sembra chiaro che la battaglia è ormai in corso.
Mentre questo articolo stava per essere pubblicato oggi, il Servizio di Sicurezza Nazionale Armeno ha annunciato che l’Arcivescovo Galstanyan e membri dell’opposizione parlamentare della Federazione Rivoluzionaria Armena-Dashnaktsutyun (ARF-D) sono stati arrestati e i loro beni perquisiti. "I partecipanti e i leader del movimento ‘Santa Lotta’ pianificavano di compiere atti terroristici e azioni volte a prendere il potere nella Repubblica di Armenia", si leggeva in un comunicato. Il giorno prima, un sito web pro-Pashinyan aveva pubblicato quello che sosteneva essere un piano di 7 pagine trapelato per organizzare un colpo di Stato.











