Bosnia Erzegovina, giornalismo di qualità a rischio

Nei Balcani continua l’erosione del mercato dei media professionali. La recente chiusura di Al Jazeera Balkans ha colto di sorpresa l’opinione pubblica, sollevando preoccupazioni per il pluralismo, gli standard e le condizioni di lavoro dei professionisti dell’informazione in BiH e nella regione

23/07/2025, Arman Fazlić -

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Homepage di Aljazeera Balkans - web

La chiusura dell’emittente Al Jazeera Balkans, con sede a Sarajevo, dopo quattordici anni di attività, segna un profondo cambiamento nel panorama dei media di tutta la regione, Bosnia Erzegovina compresa.

Dopo diverse speculazioni sui motivi per cui si è deciso di chiudere la rete regionale, Al Jazeera Media Network ha diffuso un comunicato stampa, affermando che la decisione fa parte di “una strategia più ampia per rafforzare la presenza digitale ed espandersi su nuove piattaforme mediatiche”. Oltre duecento persone perderanno il lavoro e si creerà un vuoto nel panorama dei media nell’area.

Negli anni, Al Jazeera Balkans si è distinta per il suo nutrito programma di informazione, una rete regionale di giornalisti e corrispondenti, l’originalità dei programmi documentaristici ed educativi e l’organizzazione di un festival internazionale di cinema documentario.

Inoltre, l’emittente ha offerto condizioni di lavoro decisamente migliori rispetto agli altri media in BiH, contribuendo in modo significativo a migliorare gli standard professionali e la condizione dei giornalisti e di altri operatori dei media nel paese.

Si restringe lo spazio per la libertà di parola

La chiusura di Al Jazeera Balkans arriva in un momento difficile per tutti quei media in Bosnia Erzegovina e nella regione che, grazie ad un modello di finanziamento stabile, godono di una certa indipendenza, diventando più immuni da ingerenze politiche.

Dall’inizio del 2025, il numero di questi media si è ridotto in modo significativo e molti giornalisti hanno perso il lavoro. Numerosi esperti, organizzazioni e associazioni di categoria hanno espresso profonda preoccupazione per il pluralismo dei media e delle fonti di informazione.

A seguito dell’ordine esecutivo di Trump del marzo di quest’anno, a maggio oltre cinquecento dipendenti e collaboratori di Voice of America (VOA), un’emittente presente anche in Bosnia Erzegovina, hanno ricevuto un preavviso di licenziamento.

Dopo la decisione dell’amministrazione statunitense di togliere i fondi ai media, anche il destino di Radio Slobodna Evropa/Radio Free Europe (RFE) è incerto.

Solo dopo la sospensione degli aiuti statunitensi all’inizio di quest’anno, ci si è resi conto di quanto i media e il settore non governativo in generale facessero affidamento sul sostegno del governo degli Stati Uniti.

Molte organizzazioni mediatiche e altre realtà hanno perso finanziamenti per progetti e iniziative, in particolare quelle dedicate alla lotta alla corruzione, al monitoraggio degli abusi nel settore pubblico, delle irregolarità, ecc. Non ci si aspetta alcun sostegno da parte delle istituzioni statali, i cui dirigenti sono spesso oggetto di inchieste giornalistiche.

Si stima che, a differenza dei media investigativi, finanziati principalmente da donatori stranieri, le emittenti pubbliche e i media filo-governativi costino ai cittadini della Bosnia Erzegovina, ossia ai contribuenti, molto di più, pur fornendo servizi di qualità inferiore.

Decine di giornalisti sono rimasti senza lavoro o senza impegni occasionali a causa del blocco dei fondi USAID e alcune redazioni rischiano di chiudere i battenti. L’Associazione dei giornalisti della Bosnia Erzegovina, che fornisce assistenza legale ai giornalisti, è rimasta senza fondi per questo scopo.

L’emittente N1, che dal 2014 trasmettere i suoi programmi da tre centri regionali (Sarajevo, Belgrado e Zagabria), secondo informazioni non ufficiali, sta affrontando una ristrutturazione e si parla anche di un’eventuale chiusura.

United Group, la principale società di telecomunicazioni e media nel sud est Europa, proprietaria di N1, Nova TV e dell’operatore via cavo Telemach, ha avviato un progetto di riorganizzazione aziendale che ha portato al licenziamento di metà dei dipendenti della redazione croata all’inizio dell’anno.

Dopo la notizia della vendita da parte di United Group dell’operatore via cavo SBB ad una società degli Emirati Arabi Uniti si è iniziato a speculare su una possibile chiusura di TV N1. Da anni ormai N1 è nel mirino del regime serbo , che la considera un’emittente nemica.

Se anche N1 dovesse chiudere i battenti, Euronews e Newsmax, lanciate di recente, rimarrebbero le uniche emittenti in Bosnia Erzegovina con una programmazione analoga. Tuttavia, i retroscena e i motivi dell’avvio di questi due progetti restano poco trasparenti, essendo entrambi gestiti da Telekom Srbija, di proprietà dello stato serbo, il cui atteggiamento nei confronti della Bosnia Erzegovina non sempre è benevolo.

Da anni ormai anche il servizio pubblico della Bosnia Erzegovina, composto da tre emittenti (BHRT, FTV e RTRS), è a rischio chiusura a causa delle difficoltà economiche.

La soluzione sembra ancora lontana trattandosi di una questione che dipende dalle decisioni degli organismi di potere legislativo ed esecutivo. In pratica, bisogna raggiungere un accordo tra quelli che vogliono un servizio pubblico stabile e sostenibile e quelli che preferirebbero chiuderlo.

Un altro aspetto problematico è che i servizi pubblici delle due entità costitutive della BiH da anni sono vittima di ingerenze politiche: la scelta del personale e le linee editoriali vengono influenzate dalla leadership al potere.

A contribuire alla crisi che da tempo scuote il mercato dei media in BiH è la mancata adozione delle leggi sulla trasparenza della proprietà e della pubblicità dei media, nonostante le raccomandazioni dell’Unione europea e gli sforzi della società civile.

Inoltre, il sistema di misurazione degli ascolti televisivi in BiH è stato messo in discussione, con conseguenze negative per il mercato della pubblicità. A suscitare preoccupazione è anche la reintroduzione del reato di diffamazione in Republika Srpska nel 2023.

Queste sono solo alcune criticità, a cui si aggiunge la costante campagna di pressioni politiche e intimidazioni contro i media e i giornalisti. In Bosnia Erzegovina, come in altri paesi della regione, si registra un forte aumento dei casi di SLAPP, come confermato da un rapporto pubblicato lo scorso anno dalla "Balkan Civil Society Development Network".

A perdere sarà soprattutto la professione giornalistica, ossia la funzione di controllo svolto dai media in una società, come quella bosniaco-erzegovese, permeata dalle forme più gravi di corruzione.

La situazione è particolarmente preoccupante per il giornalismo investigativo che si occupa delle questioni di interesse pubblico, tra cui la lotta alla corruzione, il monitoraggio degli abusi di potere, le violazioni dei diritti umani, la violenza di genere, le questioni ambientali e altri temi che contribuiscono a responsabilizzare le istituzioni e informare i cittadini. Un impegno che richiede risorse e coraggio.

D’altra parte, ci sarà più spazio per i media allineati che, nonostante tutte le turbolenze del mercato, continuano a sopravvivere. Parliamo dei media che forniscono principalmente informazioni di parte, seguendo gli interessi di determinati partiti e forze politiche, con l’intento di insabbiare casi di criminalità e diffondere odio, discorsi divisivi e persino disinformazione.

Un’alternativa per la sopravvivenza dei media bosniaco-erzegovesi che svolgono un lavoro professionale e nell’interesse pubblico potrebbero essere altri donatori, come l’UE, oppure alcune organizzazioni dedite alla difesa della libertà di espressione nei Balcani. Anche queste realtà però sono sempre meno .

Per la sopravvivenza delle redazioni minacciate, il sostegno del pubblico sarà fondamentale, anche perché i media indipendenti non possono contare su alcun sostegno da parte delle istituzioni statali. Resta però da vedere in quale misura la società, o meglio l’opinione pubblica bosniaco-erzegovese, apprezzando la verità, sarà disposta a pagare per contenuti mediatici di qualità.