Caucaso del nord, l’onda lunga della guerra in Ucraina
L’invasione russa in Ucraina ha ripercussioni sempre più pesanti sul Caucaso del nord: sempre più numerose le persone con gravi precedenti penali o in condizioni vulnerabili spedite al fronte, mentre il coraggio di contestare la guerra può costare molto caro

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Ucraina - © Evgeniyqw/Shutterstock
Numerosi episodi dal Caucaso settentrionale confermano il sistematico reclutamento per il fronte ucraino di persone con gravi precedenti penali o in condizioni vulnerabili.
I media russi hanno riportato il caso di Ruslan Umaev, residente del villaggio ceceno di Bachi Yurt, che ha lasciato il centro di detenzione per unirsi alle forze russe impegnate nella guerra in Ucraina. Umaev stava affrontando un processo per l’omicidio della cognata ventiduenne, Kristina Kokova, da lui strangolata nel sonno e poi bruciata a causa del suo presunto comportamento “immorale”.
La Corte Suprema del Daghestan ha autorizzato l’invio al fronte di due ex poliziotti, Imran Rustamov e Marat Babaev, accusati di abuso d’ufficio per la morte sotto tortura del testimone Kurban Dalgatov. Ha chiesto invece di essere spedito al fronte AslanGagiev dell’Ossezia del Nord, condannato all’ergastolo e membro di una gang che ha fatto più di cinquanta vittime.
In Kabardino-Balcaria, un tribunale militare di Nalchik ha condannato il soldato Badzov a 16 anni per aver stuprato la nipote minorenne. Dopo una precedente condanna, anche lui era stato arruolato e mandato a combattere.
A Mosca si è chiuso il terzo processo per il tentato omicidio dell’imprenditore Kirill Kornev. Due imputati ceceni, Islam Nalgiev e Ivan Zamuruev, sono stati condannati in contumacia, mentre il terzo, l’ex agente Arbi Aleroev, sarebbe stato spedito al fronte. In Cecenia, tre sedicenni sono stati liberati dopo oltre sei mesi di detenzione senza accuse né contatti con le famiglie: i loro padri erano stati costretti a firmare contratti con il Ministero della Difesa russo.
In Ossezia del Nord, l’Unione dei Veterani dell’“Operazione Militare Speciale” ha chiesto l’intervento del capo della repubblica, Sergei Menyailo, per il caso di Dzate Mamitov, inviato due volte al fronte nonostante fosse gravemente ferito: “È stato mandato in un’unità d’assalto con una gamba infetta e privo di un occhio”, ha dichiarato la sorella.
Il canale ceceno di opposizione NIYSO ha denunciato il rapimento di almeno sei residenti costretti ad accettare l’invio in Ucraina. Dopo la fuga di uno di loro, due suoi parenti sarebbero stati sequestrati per rappresaglia.
In Daghestan, il diciottenne Said Murtazaliev è stato obbligato con la violenza a firmare un contratto militare. Dopo aver denunciato estorsioni e missioni suicide, i suoi comandanti ne avrebbero ordinato la “liquidazione”. Il giorno seguente è stato dichiarato disperso.
Secondo i media ucraini, il Servizio di Sicurezza dell’Ucraina (SBU) ha condotto un’operazione per accogliere due disertori ceceni. Uno di loro ha raccontato di essere stato torturato in una stazione di polizia e poi inviato con la forza al fronte.
Gli ex combattenti
Fra gli ex combattenti c’è chi ottiene favori e incarichi, chi torna a delinquere, e chi porta i segni della guerra.
A Mosca, tredici cittadini ceceni sono stati condannati per la rissa di massa del 2023 contro due tagiki, accoltellati e percossi. Alcuni imputati hanno ricevuto pene attenuate per la loro “assistenza” all’invasione russa dell’Ucraina.
In Daghestan, è stata completata la distribuzione dei voucher di beneficenza per il pellegrinaggio alla Mecca: l’80% dei 2.500 biglietti è andato a veterani della guerra e alle loro famiglie, riducendo drasticamente le possibilità per i civili. A Nalchik, l’orfana Amina Thkakhova aspetta da 21 anni un alloggio che la legge le riconosce. Nonostante una sentenza favorevole, le autorità non hanno mantenuto le promesse, privilegiando altri orfani che si sono arruolati volontariamente per combattere in Ucraina.
In Ossezia del Nord, Yuri Abaev è stato nominato ministro del Lavoro e dello Sviluppo sociale, malgrado le accuse da parte di Kiev di aver giustiziato prigionieri di guerra ucraini.
A Vladikavkaz, è stato sepolto Vadim Tekhov, ex detenuto arruolato dall’esercito e morto al fronte per overdose, secondo il canale Telegram Sapa. Tekhov era stato condannato a 16 anni per l’omicidio filmato della ex moglie, ma inviato in Ucraina dopo appena due anni di pena.
A Makhachkala, un ex combattente è stato filmato mentre si colpiva al collo con un coltello urlando che non voleva cadere prigioniero degli ucraini; è sopravvissuto ed è ricoverato. Un altro prima di essere fermato era diventato un massacratore seriale di cani.
A Vladikavkaz, un 58enne reduce dalla guerra ha aggredito la sua famiglia: ha ucciso moglie e figlia ventitreenne, ferito gravemente un’altra figlia quindicenne e risparmiato il figlio di nove anni con disabilità. Dopo il delitto ha tentato il suicidio.
Fin dove arriva la guerra
I manifesti di guerra arrivano in tutta la Russia. Ma della guerra arriva anche l’eco dei combattimenti, ed è una eco che ha spesso il suono di un drone.
Il 7 luglio, a Vladikavkaz (Ossezia del Nord) è stato inaugurato in una scuola un “museo dell’operazione militare speciale”, con l’obiettivo dichiarato di mostrare “a quale prezzo si ottengono pace e tranquillità”. Una mostra fotografica intitolata “Cronache del terrore del regime neonazista ucraino” è stata inaugurata presso il Parlamento inguscio. Le fotografie, illustrerebbero i crimini ucraini e le conseguenze dei bombardamenti. Negli ultimi mesi mostre di questo tipo si sono tenute quasi quotidianamente in diverse città e regioni.
L’area è stata più volte teatro di allarmi per droni: il 9 aprile 2024 le autorità ossete hanno dichiarato di aver abbattuto 15 velivoli, senza vittime. Ulteriori allerte si sono verificate ripetutamente fino ad agosto, con la chiusura temporanea di aeroporti in Ossezia, Cecenia, Inguscezia e Kabarda-Balkaria. Il 28 luglio, un attacco ha colpito il villaggio inguscio di Nizhniye Achaluki, ferendo una donna e tre bambini.
Il 29 maggio un’esplosione a Stavropol ha ucciso due persone, tra cui Zaur Gurtsiev, ex combattente in Ucraina e poi vicesindaco.
E della guerra come tale, si continua a non dover parlare, a non dover denunciare.
Il 28 aprile, una donna di Grozny è stata sequestrata e torturata dalla polizia per commenti critici sulla mobilitazione. Rilasciata solo dopo il pagamento di un riscatto, ha cercato asilo in Estonia senza successo.
Il 19 giugno, un caso penale è stato aperto contro l’attivista osseto Vissarion Aseev per post “antibellici”. I ritratti dei partecipanti all’invasione russa dell’Ucraina, installati su viale Pietro I a Makhachkala sono stati deturpati da sconosciuti. In Daghestan, il padre di ragazzini che hanno danneggiato striscioni con ritratti dei partecipanti alla guerra è stato costretto a presentare un video di scuse. Potrebbe anche rispondere di accuse amministrative o penali.












