Grecia, non c’è volontà di integrare i migranti
Anziché una crisi migratoria, quella del 2015 è stata una crisi di accoglienza. A dieci anni di distanza, il clima politico in Grecia è più tossico che mai. A denunciarlo Lefteri Papagiannakis, direttore del Consiglio greco per i rifugiati, in questa intervista rilasciata a Courrier des Balkans

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Rifugiati in arrivo a Lesbo, 2015 - © punghi/Shutterstock
(Originariamente pubblicato da Courrier des Balkans , il 10 settembre 2025)
Come valuta l’evoluzione delle politiche migratorie in Grecia dal 2015, anno della cosiddetta “crisi dei migranti”?
A distanza di dieci anni, siamo ancora immersi nelle stesse discussioni. Dopo il 2015, con l’arrivo di centinaia di migliaia di rifugiati, la Grecia ha acquisito notevole esperienza, però non c’è mai stata la volontà di migliorare la situazione e si è sempre cercato di evitare una politica di integrazione che potesse “attrarre” più migranti.
Quindi, il quadro rimane lo stesso, con l’unica differenza che il discorso sulla migrazione è diventato tossico e molto ostile nei confronti dei rifugiati e delle ong che li difendono.
È vero però che dal 2015 anche la realtà geopolitica della Grecia è cambiata, con Turchia e Libia che sono diventate più aggressive e un’imbarazzante alleanza con Israele. A causa della sua posizione geografica, la Grecia resta fragile. A mio avviso, il paese, in qualsiasi momento, potrebbe trovarsi ad affrontare una nuova tempesta.
Come si spiega il fatto che nei ultimi dieci anni il clima è diventato sempre più ostile nei confronti dei migranti e delle ong impegnate nella difesa dei loro diritti?
Si continua a ricorrere ad una retorica molto negativa. I politici di riferiscono ai migranti utilizzando il termine “lathrometanastes”, che in greco significa “illegale”, che è diverso da “irregolare”. Quindi, i migranti vengono definiti criminali di fatto.
Nel 2018, il procuratore della Corte Suprema greca aveva vietato l’utilizzo dell’espressione “lathrometanastes” in riferimento alle migrazioni. Ma oggi nessuno si scandalizza più se questo termine viene ampiamente utilizzato e ripreso dai media.
Anche alcuni esponenti della leadership al potere, compreso l’attuale ministro delle Migrazioni, prendono di mira le ong contrarie alla politica migratoria del governo, minacciando di bandirle dal registro nazionale [l’iscrizione al registro, tra l’altro, permette alle ong di accedere ai centri di accoglienza, ndr.].
Credo che la svolta che ha portato a questo clima tossico si sia verificata nel 2020, quando migliaia di rifugiati siriani hanno tentato di attraversare il fiume Evros che segna il confine tra Turchia e Grecia. La Grecia è stata allora vista come lo scudo dell’Europa e si è assicurata il sostegno dei suoi partner europei. Da quel momento in poi, non è stato più possibile criticare la politica migratoria del governo di Atene, che doveva essere sostenuta in nome della difesa della Grecia e degli interessi nazionali.
Le ong che hanno presentato ricorsi alla Corte di giustizia dell’UE e i giornalisti che hanno indagato sui respingimenti illegali di migranti sono stati accusati, tra le altre cose, di essere “mercenari”, come se volessero danneggiare il paese. In questo contesto, l’assenza di un’opposizione di sinistra su questi temi ha contribuito anche alla normalizzazione di un discorso molto radicale.
Questa radicalizzazione però va oltre la retorica. Il parlamento di Atene ha recentemente approvato una legge che prevede pene detentive per i richiedenti asilo le cui domande sono state respinte e accelera il rimpatrio dei migranti irregolari…
Questa legge non solo è in contrasto con il diritto internazionale, ma è anche difficile da applicare. I rimpatri vengono effettuati principalmente verso paesi, come l’Albania e la Georgia, dove la situazione è sostanzialmente stabile. D’altra parte, la Turchia non riprende nessuno, nonostante l’accordo del 2016 che prevedeva il rimpatrio di un certo numero di richiedenti asilo siriani. Anche i rimpatri verso Siria, Bangladesh e Pakistan coinvolgono pochissime persone. Ad ogni modo, questi rimpatri non dipendono dalla Grecia, ma dai paesi di origine dei migranti.
Anche l’idea di rimpatriarli in paesi terzi sembra difficile da mettere in pratica. Perché questi paesi dovrebbero accettare di accogliere i migranti? Non disponiamo di una potente leva finanziaria come quella degli Stati Uniti.
Quindi, credo che questa legge possa solo portare a nuove incarcerazioni e pressioni sui richiedenti asilo affinché decidano di essere rimpatriati volontariamente. Le carceri greche saranno piene di persone accusate di essere trafficanti, ma anche di persone che sono vittime di tratta di esseri umani.
La legge rivede anche il processo di regolarizzazione delle persone senza documenti che vivono sul territorio greco da sette anni…
Sì, i migranti irregolari sono criminalizzati. In precedenza, ricevevano un foglio di via, ma raramente finivano in prigione. Ora questa dinamica cambierà. L’obiettivo della nuova legge è instillare paura nella popolazione migrante. Il governo vuole attuare una politica di deterrenza. Ma come sappiamo, tale strategia non ha mai funzionato da nessuna parte, né lungo il canale della Manica né in Bielorussia. I rifugiati continueranno ad arrivare in Grecia e in Europa nonostante la politica di criminalizzazione.
Gli arrivi sono diminuiti nelle isole dell’Egeo settentrionale, ma sono aumentati a Creta. Reagendo a questa dinamica il governo ha sospeso per tre mesi l’accesso all’asilo per i richiedenti provenienti dal Nord Africa, in particolare dalla Libia…
La decisione di sospendere l’accesso all’asilo è contraria al diritto internazionale. La Corte europea dei diritti dell’uomo e il Tribunale amministrativo di primo grado di Atene hanno adottato misure per fermare l’espulsione dei cittadini sudanesi arrivati a luglio attraverso questa rotta.
A Creta, la situazione è in costante peggioramento da oltre un anno, senza strutture per accogliere i rifugiati. Per tutto questo tempo il governo non è intervenuto in alcun modo, poi all’improvviso ha dichiarato lo stato di emergenza, nonostante i numeri non siano paragonabili a quelli del 2015.
Anche dieci anni fa, sapevamo che sarebbe arrivato un numero significativo di rifugiati siriani, ma lo stato greco si è dimostrato impreparato. Anziché di una crisi migratoria, si è trattato di una crisi di accoglienza, di mancanza di strutture e servizi per far fronte al flusso.
Poi nel periodo 2016-2017, si è tentato di migliorare la gestione dei flussi migratori, in particolare con la creazione del ministero delle Migrazioni. Da allora, però, non ci sono state molte iniziative per integrare i rifugiati. Anzi, tutti i governi succedutisi in questi anni hanno cercato di scoraggiare i rifugiati dal raggiungere la Grecia. Non stupisce quindi se la maggior parte dei rifugiati in Grecia decida di ripartire verso altri paesi europei.
Una squadra del Consiglio greco per i rifugiati ha recentemente visitato il centro di detenzione di Amydgaleza, dove sono rinchiusi i migranti arrivati a Creta da luglio. Quali sono le condizioni di accoglienza nel centro?
Ai migranti manca tutto, persino la biancheria intima! Non hanno accesso ai beni più essenziali e vengono trattati in modo vergognoso. Le condizioni insopportabili create in questi centri – dove ora finiranno molti migranti come conseguenza dell’approvazione della nuova legge – sono parte integrante della politica di deterrenza portata avanti dal governo di Atene.
L’obiettivo è rendere la vita dei migranti un inferno e far arrivare questo messaggio a chi tenta di raggiungere la Grecia. Questa politica è ancora più ridicola se si considera che la Grecia, come l’intera Europa, ha bisogno dell’immigrazione per sopperire alla carenza di manodopera. Le ong non sono le uniche a dirlo, lo sostiene anche la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde.
Questo articolo è stato ripubblicato nell’ambito di uno scambio di contenuti promosso da MOST – Media Organisations for Stronger Transnational Journalism, un progetto cofinanziato dalla Commissione Europea, che sostiene media indipendenti specializzati nella copertura di tematiche internazionali. Qui la sezione dedicata al progetto su OBCT
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