Ex Ju: tifare controcorrente

Alcuni canti e striscioni comparsi di recente nelle curve degli stadi delle città ex jugoslave dimostrano che, in un’area ancora dilaniata dalle conseguenze della guerra, anche tra i tifosi ci sono voci dissonanti, capaci di scardinare la prepotente retorica nazionalista

13/10/2025, Ivana Perić -
Tifosi a Belgrado, Serbia - © Nebojsa Markovic/Shutterstock

Serbia,,Belgrade,-,April,27,,2014:,Football,Fans,During,Eternal

Tifosi a Belgrado, Serbia - © Nebojsa Markovic/Shutterstock

(Originariamente pubblicato da Novosti)

All’inizio di settembre, la nazionale di calcio croata ha sconfitto la nazionale montenegrina a Zagabria in una partita valida per le qualificazioni ai Mondiali 2026, che si svolgeranno tra Stati Uniti, Canada e Messico. Oltre ai quattro gol segnati dalla squadra croata, a scatenare le ovazioni del pubblico è stato anche un episodio assai insolito.

Nello specifico, un applauso speciale è stato riservato ad un gruppo di circa duecento tifosi montenegrini nella tribuna sud, che hanno sventolato una striscione con la scritta: “Sa Lovćena vila kliče, oprosti nam Dubrovniče” [Dal Lovćen si leva il grido della fata, perdonaci, Dubrovnik]. I tifosi hanno ripreso il verso di una canzone scritta per denunciare l’assedio di Dubrovnik [ottobre 1991- maggio 1992], intonata per la prima volta durante una mobilitazione per la pace a Cetinje nel 1992.

Abbiamo interpellato i membri del gruppo “Ultra Crna Gora” per scoprire i motivi che li hanno spinti a rilanciare questo messaggio a Zagabria.

“Lo striscione riprende un grido, o meglio un canto intonato dai coraggiosi partecipanti ad una manifestazione a Cetinje, guidati dal titano della politica montenegrina Slavko Perović e dalla mitica Alleanza Liberale del Montenegro (LSCG), mentre le vergognose bombe cadevano su Dubrovnik, all’inizio degli anni ‘90. Potete trovare il video su YouTube”, spiegano i tifosi.

“Abbiamo scelto quel messaggio spontaneamente – precisa il gruppo – perché ancora oggi proviamo vergogna per tutti i fautori di quella politica disastrosa e crudele degli anni ’90. Una politica che – per la prima volta nella luminosa e libertaria storia del Montenegro – ha spinto i montenegrini ad attaccare i propri vicini e a distruggere i beni altrui, culturali e non solo, in quella campagna di saccheggio”.

“Apparteniamo ad una generazione pronta a seguire il nobile esempio del LSCG e accettiamo pienamente l’approccio di questa forza riformista. Quindi, abbiamo approfittato della visita a Zagabria per dire al popolo croato cosa pensiamo di quell’atto di aggressione”.

Ai tifosi montenegrini non importa come il loro gesto possa essere interpretato dai clero-fascisti e neo-cetnici, la cui interpretazione della storia, secondo il gruppo “Ultra Crna Gora”, è “assurda, falsa e parziale”. L’importante è richiamare l’attenzione alle parole di quelli che, almeno in parte, hanno “salvato la reputazione del Montenegro negli anni ‘90”. I tifosi ritengono sia importante utilizzare i luoghi e gli eventi sportivi per esprimere idee civiche e per opporsi a quella che considerano una politica dannosa per la società.

“Una delle idee è quella di reagire a tutte le ingiustizie subite dal Montenegro, ma anche a quelle compiute in nome dei montenegrini, sull’onda della recrudescenza delle politiche egemoniche degli anni ‘90”, sottolinea il gruppo, chiarendo poi la propria posizione sul nazionalismo.

“Non è di per sé un fenomeno negativo finché l’espressione dell’amore per il proprio paese non supera certi limiti, ossia finché non diventa espansionistica e fondata sulla negazione dei diritti altrui. E quando diventa così, allora una reazione è necessaria, giustificata e deve risuonare”.

Alla domanda su quanto siano frequenti le iniziative antifasciste e antinazionaliste tra le tifoserie montenegrine, i membri di “Ultra Crna Gora” rispondono che non ci sono molti gruppi di tifosi in Montenegro, specificando di non ritenere opportuno commentare le idee di altre tifoserie. Definiscono il proprio gruppo “antifascista e libertario” e intendono continuare a tifare seguendo questi valori.

“Gli altri possono fare quello che vogliono, noi continuiamo così”, conclude il gruppo.

In Croazia, il gesto dei tifosi montenegrini è stato accolto positivamente dalla maggior parte dai media mainstream, come anche da Zlatko Dalić, commissario tecnico della nazionale di calcio croata. Dalić si è comportato egregiamente, ringraziando brevemente i tifosi per il messaggio scritto sullo striscione, accettando così le scuse rivolte alla Croazia.

Tuttavia, qualche settimana prima della partita a Zagabria, lo stesso Dalić è stato criticato per aver dimostrato la ristrettezza di vedute nella sua interpretazione delle atrocità compiute dalla Croazia. Critiche sono arrivate anche dal mondo dello sport, compresa Biserka Perman, leggendaria giocatrice di bocce, che detiene anche un record mondiale.

All’inizio di agosto, dopo aver partecipato ad una messa nella Basilica di Sinj, Dalić ha dichiarato: “Sono particolarmente fiero della nazionale di calcio croata che nutre i valori del popolo croato: patriottismo, fede, amore e unità. È grazie a questi valori se abbiamo raggiunto il successo”.

“Nonostante gli attacchi di una minoranza rumorosa che ci insulta costantemente, che non ama e rinnega Croazia, la nostra gioventù si è risvegliata e ne sono orgoglioso. Che continuino così. Questa è la nostra Croazia e questi siamo noi, croati”, ha concluso il commissario tecnico.

Reagendo a queste affermazioni, Biserka Perman ha pubblicato un post sui social, ritenendo “inaccettabile che una persona con due passaporti e una seconda patria [oltre a quella croata, Dalić possiede anche la cittadinanza della Bosnia Erzegovina] chiami in causa noi che siamo nati e viviamo in Croazia, come se non amassimo la Croazia solo perché non andiamo in chiesa, non sosteniamo il governo e non gridiamo ‘Per la patria, pronti’”.

“Non sono credente – ha sottolineato Biserka Perman – e sono contraria all’ideologia neo-ustascia, al revisionismo storico e alla glorificazione di uno stato criminale come l’NDH”.

L’ex atleta e donna politica ha poi precisato di non permettere a nessuno di contestare ciò che lei ha dimostrato da tempo con la sua vita e i suoi risultati sportivi, ribadendo di non avere paura di dire quello che molti pensano, ma pochi osano esprimere pubblicamente – l’idea che i veterani non hanno combattuto per una Croazia in cui tutta la ricchezza sarebbe finita in mani a pochi individui.

“I nostri veterani non hanno combattuto né hanno dato la vita per la Croazia così come la conosciamo oggi. Hanno lottato per la libertà e per il benessere di tutti noi, ma molti di loro, insieme ai loro familiari, sono stati sfruttati ed emarginati”, ha scritto Biserka Perman.

Zlatko Dalić non ha risposto pubblicamente a queste critiche.

Spostiamoci però per un attimo oltre i confini croati. Le qualificazioni ai Mondiali hanno segnato le giornate di fine estate in tutta l’area ex jugoslava. Contemporaneamente alla partita tra Croazia e Montenegro, disputata a Zagabria lo scorso 8 settembre, a Zenica presso lo stadio di Bilino Polje si è giocata una partita la cui rilevanza – almeno secondo i tifosi – va ben oltre i meri punti di qualificazione.

A Zenica l’Austria ha battuto la Bosnia Erzegovina per 2-1 in una difficile trasferta, ma sia il risultato che la tecnica calcistica sono rimasti all’ombra degli striscioni e dei cori dei tifosi. Mentre a Zagabria, i tifosi montenegrini hanno chiesto scusa per quanto accaduto a Dubrovnik nei primi anni ’90, a Zenica i tifosi bosniaco-erzegovesi hanno mostrato solidarietà alla Palestina sventolando uno striscione con la scritta: “La Bosnia è sopravvissuta, anche Gaza sopravviverà” e cantando: “Palestina, Palestina”.

Non è la prima volta che la Palestina viene invocata a Bilino Polje. Nell’ottobre del 2023, durante una partita tra BiH e Portogallo, alcuni tifosi avevano esposto una bandiera palestinese sugli spalti dello stadio, ben presto però decidendo di rimuoverla su richiesta degli addetti alla sicurezza.

Come spiegato successivamente dalla Federcalcio della BiH, i tifosi hanno rimosso la bandiera per evitare di essere sanzionati dall’UEFA, che in precedenza aveva vietato l’esposizione di bandiere palestinesi durante le partite.

L’anno scorso, i tifosi del FK Čelik di Zenica hanno nuovamente espresso il loro sostegno al popolo palestinese, dipingendo lo stadio di nero, bianco, verde e rosso con dei razzi e intonando cori per la Palestina. Le voci per Gaza sono poi tornate a risuonare nello stadio di Zenica durante la recente partita della nazionale bosniaco-erzegovese.

Tutto questo accade in un momento in cui l’UEFA starebbe seriamente valutando la possibilità di sospendere Israele da tutte le competizioni calcistiche, comprese le qualificazioni ai Mondiali, una decisione ampiamente discussa negli anni precedenti, ma mai attuata. D’altra parte, la FIFA respinge regolarmente le richieste di chiarire la propria posizione su Israele e di spiegare i ritardi nei lavori delle commissioni incaricate di esaminare i ricorsi formali presentati della Federcalcio palestinese.

Quest’ultima da anni ormai chiede sanzioni contro Israele in tutte le competizioni calcistiche, a causa dell’occupazione e del genocidio compiuti dalle autorità israeliane – e ampiamente documentati – ai danni del popolo palestinese. Recentemente, la Federcalcio palestinese ha reso noto che oltre ottocento atleti sono stati uccisi a Gaza dall’ottobre 2023 e che l’intera comunità sportiva palestinese continua a subire bombardamenti, distruzione delle infrastrutture e carestia.

Degli 808 atleti uccisi a Gaza negli ultimi 22 mesi, 421 erano calciatori, quasi la metà dei quali ragazzi. Tutti questi dati sono ormai stati resi noti e ampiamente diffusi, anche sui social. Resta da vedere se la FIFA fornirà una risposta concreta alle sollecitazioni da parte della Federcalcio palestinese e se finalmente reagirà al genocidio compiuto da Israele.

A settembre anche a Belgrado si è disputata una partita valida per le qualificazioni ai Mondiali 2026, che ha visto l’Inghilterra trionfare contro la Serbia per 5-0. Tuttavia, anche nella capitale serba, come a Zenica, il gioco è passato in secondo piano.

La svolta allo stadio di Marakana è avvenuta all’inizio del secondo tempo, quando dagli spalti si è levato il grido “Chi non salta, sostiene il regime!”. Ben presto alcuni uomini in nero hanno aggredito i tifosi, provocando una vera e propria rissa. Gran parte del pubblico ha abbandonato lo stadio in preda al panico mezz’ora prima che l’arbitro decretasse la fine della partita.

Anche in passato i tifosi che osano criticare il presidente serbo Aleksandar Vučić sono stati vittima di minacce e pressioni. Se n’è parlato anche durante l’ultimo Campionato europeo di pallacanestro, organizzato congiuntamente da Cipro, Finlandia, Polonia e Lettonia.

Vladimir Štimac, l’ex giocatore di basket della nazionale serba, ha inviato una lettera alla FIBA, spiegando che alcuni tifosi serbi presenti al campionato sono stati aggrediti da “persone legate al sottobosco criminale”.

“Nella lettera alla FIBA ​​esprimo anche la mia preoccupazione che i criminali e gli accoliti del partito al potere, mobilitati da Aleksandar Vučić, possano diffondere paura e terrore tra gli oppositori politici e i cittadini onesti della Serbia, con l’intento di intimidire la popolazione e nascondere la verità, solo per preservare intatta l’immagine del loro leader, nonostante quell’immagine sia ormai gravemente compromessa e continui a sbriciolarsi ogni giorno che passa, sprofondando in abissi inconcepibili”, ha scritto Štimac sul social X.

“La Serbia è la grande favorita del torneo e la nazionale ha un posto speciale nel cuore di milioni di persone. In patria, però, stiamo vivendo un incubo. Molti tifosi mi hanno scritto, e alcuni di loro sostengono la nazionale da decenni. Dicono di essere stati molestati e pedinati da persone legate al sottobosco criminale, con ogni probabilità ingaggiate per intimidire chi esprime solidarietà agli studenti e si oppone al regime. I tifosi si sono visti confiscare le bandiere e non si sentono al sicuro, eppure vogliono semplicemente esprimere la propria opinione”.

La FIBA ​​ha risposto alla lettera di Štimac, adottando misure speciali per garantire la sicurezza dei tifosi serbi durante il Campionato europeo, non solo negli impianti sportivi, ma anche nelle strade. Nelle strutture sportive e nelle strade della Serbia la situazione però è ben diversa.

Senza voler utilizzare troppi termini altisonanti traendo conclusioni sui grandi sconvolgimenti e movimenti sugli spalti – che si tratti della guerra degli anni ‘90, del genocidio a Gaza o del regime di terrore di Aleksandar Vučić – possiamo constatare che negli stadi dell’area ex jugoslava non regna un’uniformità del pensiero. Di tanto in tanto, in mezzo al caos e alle contraddizioni, tra i tifosi, così come nella società nel suo complesso, emerge anche qualche voce dissonante.

Tag:

Commenta e condividi

I più letti

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta