Amministrative in Croazia: rischio di monopartitismo

Domenica 18 maggio i cittadini croati si sono recati alle urne per eleggere i loro rappresentanti a livello regionale e comunale. Ivan Rimac, professore della Facoltà di Giurisprudenza di Zagabria spiega quali messaggi e lezioni si possono trarre dalla tornata elettorale appena conclusa

20/05/2025, Srećko Matić -

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Andrej Plenković - © Jure Divich/Shutterstock

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , il 19 maggio 2025)

Alle elezioni di domenica i cittadini croati hanno eletto i presidenti di dieci contee e i sindaci di ottanta città. L’Unione democratica croata (HDZ) ha ottenuto un risultato leggermente migliore rispetto alle amministrative del 2021, mentre il Partito socialdemocratico (SDP) ha subito una pesante sconfitta in alcune grandi città, tra cui Fiume e Sisak. I risultati definitivi saranno noti dopo il ballottaggio previsto per il prossimo primo giugno.

“Tradizionalmente, l’HDZ conquista molti consensi alle elezioni amministrative grazie alla sua capacità di penetrare in ogni poro della società. Gli altri partiti, quelli che sono all’opposizione a livello statale, si battono principalmente per quegli organismi di autogoverno locale che dispongono di notevoli risorse”, spiega Ivan Rimac, sottolineando un aspetto problematico.

In Croazia – denuncia il professore – “ci sono troppe unità di autogoverno locale” dove spesso si presentano pochissimi candidati, a volte un solo candidato alle elezioni amministrative.

L’HDZ avanza

“Quest’anno – spiega Rimac – considerando il grande successo del presidente Milanović [esponente dell’SDP], eletto per un secondo mandato, in un certo senso ci si aspettava che l’HDZ ottenesse un risultato peggiore anche a livello locale. Uno scenario che però non si è avverato. Anzi, l’HDZ ha fatto progressi rispetto alle elezioni precedenti, conquistando maggiori consensi”.

Secondo il professor Rimac, l’opposizione non è riuscita a ottenere un risultato migliore, o almeno uguale a quello delle amministrative di quattro anni fa soprattutto per via delle divisioni interne e della decisione di presentarsi in più schieramenti alle elezioni nelle singole città e contee.

Quanto alle grandi città, dopo il primo turno il vincitore è noto solo a Osijek, dove Ivan Radić, candidato dell’HDZ, ha trionfato con il 70,95% dei voti.

Il ballottaggio si terrà il primo giugno e nella capitale vedrà il sindaco uscente Tomislav Tomašević (47,59%) come favorito nello scontro con la candidata indipendente Marija Selak Raspudić (15,67%).

A Spalato invece la sfida – assai incerta – sarà tra Ivica Puljak del partito “Centro” (35,26%) e Tomislav Šuta dell’HDZ (30,54%).

La débâcle dell’SDP a Fiume

Nella città di Fiume l’SDP ha subito una pesante sconfitta, con la candidata Sandra Krpan, arrivata terza alle elezioni di domenica. Una débâcle che pone fine al dominio dell’SDP a Fiume, durato più di tre decenni.

Al ballottaggio andranno Iva Rinčić (41,07%), candidata indipendente, e Marko Filipović (18,88%), sindaco uscente ed ex membro dell’SDP, proposto da un gruppo di cittadini.

“L’SDP – spiega il professor Rimac – ha commesso una serie di errori, legati principalmente alla decisione di non unirsi ad un’alleanza dei partiti di opposizione a livello locale contro l’HDZ”.

L’SDP ha perso anche un’altra contea molto importante, quella di Sisak-Moslavina, dove – come sottolinea Rimac – “le promesse dell’HDZ di ulteriori interventi di ricostruzione post sisma hanno avuto un impatto maggiore rispetto alla campagna dell’SDP”.

Andrej Plenković, l’attuale premier croato e presidente dell’HDZ, si è detto soddisfatto del risultato ottenuto dal suo partito al primo turno delle amministrative. Alla vigilia del voto, però, Plenković e l’HDZ erano piuttosto scettici sulla possibilità di conquistare un buon risultato.

“L’entusiasmo dell’SDP per la vittoria di Milanović alle elezioni presidenziali ha creato un certo panico tra le fila dell’HDZ”, spiega il professor Rimac. “Per questo il partito di Plenković ha deciso di condurre la sua campagna elettorale a tre livelli”.

Una campagna stratificata

“L’HDZ – precisa il professore – ha deciso di proporre alcuni dei suoi ministri come candidati per la carica di sindaco o per altre posizioni nelle amministrazioni locali, avanzando quindi i candidati più forti per dimostrare di voler vincere le elezioni ad ogni costo. Invece nelle aree dove non aveva candidati forti, e non volendo sacrificare tutti i ministri, l’HDZ ha focalizzato la sua campagna sulle promesse di ingenti investimenti”.

Infine, il terzo livello della campagna, secondo Rimac, era legato alla procura della Repubblica, dimostratasi molto attiva alla vigilia delle elezioni, interrogando e arrestando i candidati dell’opposizione per qualsiasi sospetto di azioni illegali.

Per il professor Rimac, l’obiettivo della procura era quello di migliorare la cattiva reputazione dell’HDZ dovuta agli scandali di corruzione che vedono coinvolti i suoi ministri. Con le promesse di investimenti l’HDZ ha cercato di conquistare quelle aree del paese che non dispongono di risorse sufficienti per rilanciare lo sviluppo.

“La campagna dell’HDZ si è dimostrata efficace, ad eccezione dell’attività della procura. I candidati dell’opposizione arrestati sono riusciti, per la maggior parte, a convincere l’opinione pubblica di essere stati fermati o interrogati per motivi del tutto irrilevanti”, sottolinea Rimac.

“Alcuni di questi arresti, ad esempio quelli accaduti a Zagabria, si sono addirittura rivelati controproducenti, rafforzando la convinzione dei cittadini di dover votare il partito i cui esponenti sono stati arrestati”.

Le promesse e l’egemonia dell’HDZ

Il professor Rimac sottolinea poi un altro aspetto importante, ossia il dominio dell’HDZ che governa alcuni comuni dal 1990.

Considerando la moltitudine e la frammentazione delle unità di autogoverno, nonché il fatto che molte di esse non dispongono di risorse finanziarie sufficienti per sopravvivere autonomamente, i risultati delle elezioni locali appena concluse suggeriscono che la Croazia sta scivolando verso “il monopartitismo”.

“Questo rischio di monopartitismo – spiega Rimac – è legato alle promesse del governo di Zagabria di voler sostenere solo quelle amministrazioni locali guidate dagli esponenti dell’HDZ. Ovviamente, durante la campagna elettorale l’HDZ ha offerto sostegno anche alle aree governate da altri partiti, sperando così di ottenere un risultato migliore”.

“Resta però da vedere se manterranno questa promessa anche in quelle aree dove hanno perso le elezioni”, afferma il professore. “Le amministrazioni locali non possono attrarre grandi investimenti, sono troppo piccole e dispongono di poche risorse. Per questo si ha l’impressione che il governo centrale possa praticamente dettare non solo la struttura delle amministrazioni locali, ma anche il loro sviluppo”.

“Tutto dipende dal premier e dalla sua decisione su dove investire”.

Il voto a Zagabria

Le grandi città, come Zagabria, e le unità di autogoverno locale finanziariamente forti, come quelle della Croazia nord-occidentale, rappresentano però un’eccezione.

Analizzando i risultati del primo turno delle elezioni a Zagabria, il professor Rimac spiega che la coalizione rimasta alla guida della capitale negli ultimi quattro anni ha rischiato di perdere perché il suo impegno non ha portato a molti cambiamenti tangibili.

“Per più di due anni hanno dovuto affrontare un forte deficit, ossia i debiti accumulati dal comune. Non hanno avviato molti nuovi progetti, hanno ricostruito alcuni ponti per evitare che diventassero pericolosi. Gli interventi relativi alla regolamentazione del traffico si sono invece rivelati operazioni di facciata”, precisa Rimac ricordando anche l’ostruzionismo posto dal potere centrale, ad esempio per quanto riguarda il piano urbanistico della città di Zagabria o gli impianti di smaltimento dei rifiuti.

Una legislatura lontana dagli scandali di corruzione

Il professor Rimac sottolinea due fattori che, a suo avviso, sono stati decisivi per il trionfo di Tomislav Tomašević e la coalizione “Možemo” al primo turno delle elezioni a Zagabria.

“Primo, il mandato del sindaco uscente non è stato macchiato da scandali di corruzione. A dire il vero, durante la campagna elettorale si è cercato di collegarlo a due scandali, su cui hanno insistito proprio i suoi avversari”, spiega Rimac. “Il primo scandalo, come emerso successivamente, è stato creato dalla lobby dell’edilizia. Nel secondo invece, il cosiddetto ‘scandalo dell’ippodromo’, si è cercato di insinuare che il sindaco avesse tratto benefici materiali personali. Si è trattato evidentemente di un’appropriazione indebita, avvenuta però senza alcun coinvolgimento e all’insaputa dell’amministrazione locale”.

Le due vicende, conclude Rimac, “hanno dimostrano che l’amministrazione locale di Zagabria si trova ad affrontare lobby molto forti che si muovono al limite della legge e cercano di controllare le strutture politiche”. Dinamiche che, diversamente da quanto si aspettavano i suoi avversari, hanno contribuito a rafforzare la reputazione della coalizione Možemo agli occhi della popolazione.

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