Georgia, l’esperimento della rivoluzione socialdemocratica

Lo storico e giornalista britannico Eric Lee ci porta nel cuore della "rivoluzione dimenticata" della prima repubblica georgiana nel 1918-21: un’esperienza politica inedita, tornata ad essere di grande attualità dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Un’intervista

29/04/2025, Francesco Brusa -

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Nel cuore della Guria - © maradon 333/Shutterstock

The Experiment: Georgia’s Forgotten Revolution 1918-1921 (“L’esperimento: la rivoluzione dimenticata della Georgia fra il 1918 e il 1921”, Bloomsbury 2022) dello storico e giornalista britannico Eric Lee è un appassionato resoconto degli eventi che hanno condotto alla formazione della prima repubblica georgiana.

Come prova a suggerire il titolo, gli ottant’anni di Unione Sovietica che hanno preceduto l’attuale indipendenza dal paese caucasico (in questi mesi attraversato da una persistente ondata di proteste anti-governative) hanno in qualche modo “compresso” la ricca e variegata storia della regione, finendo con l’affievolire le tracce di percorsi e fermenti politici che non si sono potuti sviluppare pienamente.

Così il periodo di tre anni in cui, durante il secolo scorso, a Tbilisi e dintorni il potere è stato retto dalla fazione dei menscevichi viene spesso misconosciuto al di fuori della Georgia (e, talvolta, anche dentro).

In particolare, sostiene l’autore del libro (che, con riferimento alla storia della paese caucasico, ha firmato anche una pubblicazione sulla rivolta di Texel ed è in uscita con un volume dedicato all’insurrezione anti-sovietica del 1924, già tradotto in georgiano), rischia di finire spesso dimenticato da chi magari si rifa proprio a quella tradizione politica.

Ne abbiamo parlato con lui.

The Experiment spiega come il suo interesse verso la prima repubblica georgiana non sia solo di carattere accademico ma, se possibile, anche militante. Può approfondire?

Sono un convinto socialdemocratico [Eric Lee è, fra l’altro, membro del partito labourista in Inghilterra e ha fatto campagna per Bernie Sanders, ndr] e, pertanto, provo un naturale interesse verso quelli che possono essere considerati esempi di socialdemocrazia applicata nel corso della storia. Con la prima repubblica georgiana, fra il 1918 e il 1921, un partito di questa tendenza politica ha ottenuto un mandato di governo molto chiaro da parte della maggioranza della popolazione e i suoi leader, che si autoidentificavano come marxisti, hanno posto le basi per la creazione di una nuova società dentro un contesto rivoluzionario.

Nonostante la sua breve durata, quell’esperienza ci permette di intravvedere le caratteristiche di un governo socialdemocratico compiuto: democrazia politica, rispetto dei diritti umani e dei diritti sindacali. È chiaro che tutto ciò ha rilevanza anche nel momento attuale: la mia impressione è che, a causa anche dell’invasione russa in Ucraina, questo sia particolarmente vero soprattutto in Georgia. La prima volta che ho visitato il paese, circa quindici anni fa, era praticamente impossibile trovare le bandiere della prima repubblica indipendente. Oggi le vediamo sventolare durante le proteste su viale Rustaveli, sono diventate un simbolo di autonomia dalla Russia ma anche dell’aspirazione a una Georgia più progressista.

Autonomia, indipendenza nazionale, democrazia e diritti… Leggendo il libro, si ha come l’impressione che tante delle questioni e delle contraddizioni con cui la Georgia (e tanti altri paesi nati dal crollo dell’Unione Sovietica) devono confrontarsi oggi fossero già presenti più di un secolo fa…

Le questioni relative all’autodeterminazione delle comunità nazionali e al rispetto della democrazia e dei diritti umani rappresentano alcuni dei motivi che hanno portato al collasso dell’esperienza sovietica. Si tratta, di fatto, di problematiche che esistevano già prima della rivoluzione del 1917 e che, in seguito, sono andate acutizzandosi. Da questo punto di vista, la frattura fra menscevichi e bolscevichi si produsse proprio sulla questione del rispetto dei diritti democratici.

Tuttavia, una peculiarità dei leader della fazione menscevica georgiana era data dal fatto che, a differenza anche dei loro omologhi russi così come dei bolscevichi, riuscirono a creare una massa consistente di sostegno all’interno della classe contadina. Laddove, in altri contesti come in Russia, la rivoluzione socialista produsse anni di sanguinosa guerra civile che vide i nuovi governi scontrarsi con i contadini, la prima repubblica georgiana poté contare invece sul supporto di questi ultimi: anzi, in un certo senso essi costituirono la base del processo rivoluzionario.

Ebbe un peso il precedente della “comune di Guria”?

Esattamente. Nella regione georgiana di Guria [area occidentale sul Mar Nero, ndr] si produsse una rivolta contadina che portò all’istituzione di una repubblica de facto indipendente dall’Impero Zarista, durata ben quattro anni dal 1902 al 1906. Molti dei futuri leader della prima repubblica georgiana provenivano da questa zona, e alcuni di loro aiutarono il movimento contadino a organizzarsi. Si tratta di un’esperienza di autogoverno davvero sorprendente, paragonabile dal punto di vista simbolico, e non solo, alla Comune di Parigi (anzi, ben più longeva di quest’ultima).

In effetti, è interessante notare come la memoria della repubblica di Guria si sia mantenuta quasi solo all’interno della comunità degli storici e delle persone di quella regione. Insomma, ha una diffusione imparagonabile nella coscienza collettiva rispetto alla Comune di Parigi. Ciò anche perché la letteratura marxista e socialista non ci ha lasciato una vasta bibliografia a riguardo: Lenin avrebbe dovuto scrivere un capitolo sulle forme di autogoverno dei lavoratori, ma non riuscì a completarlo inserendo anche questa esperienza. Altrimenti, sarebbe una questione molto più dibattuta.

L’esperimento” della prima repubblica georgiana non poté durare a lungo. Come mai?

Penso sia discutibile affermare che non “poté” durare. La causa principale della fine della repubblica menscevica fu l’invasione dell’Armata Rossa del 1921. È interessante speculare rispetto a come sarebbe andata la storia senza l’intervento dei bolscevichi… Io sono convinto che l’esperimento sarebbe proseguito per molto tempo. O, comunque, è lecito affermare che elementi di socialdemocrazia sarebbero sopravvissuti nel contesto georgiano: pensiamo a come è andata in Norvegia e Svezia, o in Finlandia.

La prima repubblica georgiana conobbe diversi problemi interni. In particolare, quello del ciclo di rivolte e repressioni riguardante le minoranze nazionali delle regioni dell’Abkhazia, dell’Ossezia e dell’Agiaria [le prime due che sono stati teatro di conflitti dopo il crollo dell’Unione Sovietica e che rappresentano un problema aperto per il paese ancora oggi, ndr]. Tuttavia, oltre a non dimenticare che i bolscevichi giocarono un ruolo destabilizzante in tali questioni, ritengo che si sarebbe arrivati a una soluzione: l’Abkhazia avrebbe trovato una sua forma di autonomia o magari avrebbe optato per la secessione e l’unione con la Russia.

Altre minoranze, come la comunità ebraica, poterono beneficiare della fondazione della repubblica e ottennero nuovi diritti. Insomma: il governo menscevico godeva di un sostegno popolare diffuso, anche in quelle aree come i grossi centri urbani e industriali in cui i bolscevichi teoricamente avrebbero dovuto godere di un forte consenso. Purtroppo, la censura e la promozione di una verità di stato durante l’Unione Sovietica hanno relegato questa storia e i suoi dettagli nel dimenticatoio, anche per la società georgiana. Trovo cruciale riscoprirla e indagarla criticamente e, dalle presentazioni e dalle discussioni che mi capita di tenere nel paese, direi che questo sta avvenendo con sempre maggiore vivacità.

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