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La fotogallery di Prokudin-Gorskii

L’impero russo a colori, com’era un secolo fa, torna visibile al pubblico grazie alla tecnologia digitale. Il Caucaso come non lo avevamo mai visto. Ritratto da Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii, maestro dell’immagine, in missione speciale per l’ultimo Romanoff. Leggi l’articolo "In posa (a colori) per lo zar" di Laura Delsere

 

Sergei Mikhailovich Prokudin-Gorskii (1863-1944), il fotografo autore del grande reportage attraverso l’impero russo, in un autoritratto. È accanto al torrente Karolitskhali, alle pendici del massiccio caucasico, non lontano dal porto georgiano di Batumi, sulla costa orientale del Mar Nero (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

Sukhumi è oggi nella repubblica indipendente autoproclamata dell’Abkhazia. Il clima caldo delle rive del mar Nero era ideale per cotone e té, coltivazioni impossibili nella maggior parte dell’impero russo. Il giardino botanico della cittadina costiera, allora georgiana, creato nel 1840, e tuttora uno dei più antichi del Caucaso, era anche un importante centro di sperimentazione (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

Una famiglia di coloni russi inviata ai confine dell’impero, nella regione delle steppe di Mugan, nel Caucaso del sud. La foto è stata scattata nel villaggio di Grafovka, vicina alla frontiera con la Persia (l’attuale Iran). Il governo incoraggiava i trasferimenti di famiglie russe nelle zone non europee dell’impero, specie nelle aree di confine, puntando così al popolamento e alla russificazione di territori inospitali ma strategici come la Siberia, l’Estremo oriente russo e appunto il Caucaso (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

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(Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

(Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

All’epoca rientrava nella provincia transcaucasica di Kutaisi, sotto dominio russo, contava circa 6 mila abitanti, per lo più turchi e armeni. Vi funzionavano anche diverse scuole, di cui tre per ragazze. Oggi il villaggio appartiene politicamente alla Turchia ed ha 26 mila abitanti. Si trova nell’estremo nord-est turco, sul fiume Çoruh, vicino al confine georgiano. Tuttora conserva nel suo centro storico diverse case d’età ottomana, risalenti al XVIII secolo

(Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

La foto è del 1915. Nota per le sue acque minerali fin dall’Ottocento, la cittadina era meta di un turismo non solo locale, specie perché nella vicina località di Likani, la famiglia imperiale aveva acquistato una residenza estiva. Il business delle acque minerali imbottigliate rese il marchio ‘Borjomi’ famoso in tutta l’ex Unione Sovietica. E tuttora le acque minerali sono una voce importante dell’export georgiano. La città si è anche candidata nel 2006 per ospitare i Giochi olimpici invernali 2014, assegnati poi alla non lontana città russa di Sochi (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

La veduta riesce ad essere ampia e dettagliata allo tesso tempo, con le storiche palazzine e villini ben visibili. Oggi sono in parte in rovina, e lo skyline della capitale dell’autoproclamata repubblica di Abkhazia è interrotta da grandi costruzioni in cemento armato, eredità dell’edilizia socialista, spesso anch’esse semidistrutte dalla guerra georgiano-abkhaza del 1993 e in abbandono. Fin da allora strategica per il suo porto, spiagge, sorgenti termali e clima subtropicale, ne facevano una sede di villeggiatura rinomata. Nei decenni successivi, diversi leaders sovietici vi fecero costruire una propria dacia (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

L’interno di un’area per la pesatura e il confezionamento del tè, nello stabilimento di Chavka, villaggio a nord di Batumi, in Georgia. La piantagione di Chavka era uno delle maggiori zone fornitrici di tè dell’intero impero zarista (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

Raccoglitrici di té, molte delle quali addirittura bambine, impiegate nei campi di tè alle spalle del grande impianto di Chavka, vicino Batumi, sulla costa orientale del mar Nero. Il fotografo Prokudin-Gorskii, oltre ad attestare involontariamente lo sfruttamento del lavoro minorile, annota che si tratta di greche, esponenti della consistente minoranza ellenica diffusa all’epoca nel territorio dell’Impero che oggi è diviso politicamente tra Ucraina, Moldavia e Georgia. Si trattava in gran parte di discendenti della componente bizantina, insediati da secoli nell’area (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

Un panorama di Tbilisi, nella sua vallata, in vista delle vette del Caucaso. Allora la Georgia non era una repubblica indipendente. Lo scatto è del 1910, e la città vantava una popolazione multinazionale di 160 mila abitanti, tra georgiani, armeni, russi, persiani, ebrei e tatari (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

Fotografato all’interno della fattoria di tè a Chavka, un villaggio a nord di Batumi, in Georgia. Il clima quasi tropicale della costa del Mar Nero è tuttora ideale per le piantagioni di tè, oggi particolarmente sviluppate lungo la costa turca (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

L’immagine è stata scattata nella regione montuosa interna di Gunib, nel Caucaso del nord, oggi territorio del Daghestan, repubblica della Federazione russa (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

La fotografia è stata scattata ad Artvin, città di popolazione turca e armena, all’epoca nell’impero russo, oggi appartenente alla Turchia (Library of Congress, Prokudin-Gorskii Collection )

Studio di un uomo daghestano, musulmano sunnita, in costume e copricapo tradizionali, con il tipico pugnale indossato lungo i fianchi. Il Dagestan, in turco ‘terra delle montagne’, allora esprimeva una popolazione multinazionale, oggi in parte dispersa, dopo le deportazioni sovietiche: dagli avari ai lezghini (oggi numerosi anche in Azerbaijan), dai nogai ai kumyk, ai tabasaran (Library of Congress,  Prokudin-Gorskii Collection )

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