Femminicidio in Europa, due anni dopo

Nel 2017 EDJNet faceva il punto sulla violenza di genere in Europa, ricercando e soppesando vari indicatori. Il primo ostacolo contro cui si scontrò l’analisi fu l’assenza di dati: alcuni paesi membri dell’Unione Europea non riconoscono il femminicidio come categoria di reato e, per questo, non raccolgono dati a riguardo.

Dal 2017 Cipro, Grecia e Romania hanno cominciato a fornire statistiche relative alla “uccisione intenzionale di una donna per aver trasgredito al proprio ruolo di genere”. Ma in dieci paesi membri continuano a non esserci dati disponibili.

Stando agli ultimi dati disponibili su Eurostat, sono stati commessi 751 femminicidi nel 2017 in Europa. Questo significa che, in media, una donna ogni 250mila è stata uccisa dal proprio partner o da un familiare. L’incidenza di questo reato risulta essere calata del 18% rispetto al 2015, sebbene i reati siano cresciuti in numeri assoluti. A spingere verso il basso la media europea sono, in particolare, il Montenegro (-66%), l’Italia (-60%) e il Nord Macedonia (-54%) mentre, al contrario, Lettonia e Regno Unito registrano un aumento del 50%.

Prendendo in considerazione i casi di omicidio intenzionale, si conferma quanto emerso già nella precedente analisi: l’andamento è decrescente tra gli uomini (meno quattro punti percentuali tra il 2015 e il 2017) e crescente tra le donne (più 14 punti percentuali nello stesso periodo).

La Convenzione di Istanbul , voluta dal Consiglio d’Europa e in vigore dal 2014, è il primo strumento legale che vincola gli stati europei all’attuazione di misure preventive e punitive contro la violenza di genere, incoraggiando anche al miglioramento della raccolta di dati utili al suo monitoraggio. Sette paesi membri dell’UE non hanno ancora ratificato l’accordo: Bulgaria, Lettonia, Lituania, Regno Unito, Repubblica Ceca e Ungheria

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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