Il ruolo dell’associazionismo nella futura gestione delle risorse idriche: l’esperienza italiana

Intervento di Elena Gobbi, Presidente di Legambiente Friuli

31/12/2003, Redazione -

Io rappresento un Network, Adriatic Greenet, assieme agli amici della Slovenia e della Croazia, in realtà, noi parleremo del mare, che è il ricettore ultimo dei fiumi, cioè delle acque superficiali e di quelle sotterranee: questo è un problema molto sentito nella mia regione (Friuli) perché, è una terra che è stata sempre tradizionalmente riconosciuta come ricca d’acqua, però, gli ultimi eventi ci dicono anche come questa ricchezza sia limitata e soprattutto estremamente fragile, una fragilità legata anche ad un modello di sviluppo che, almeno per quanto riguarda i nostri paesi, sta diventando insostenibile. C’è un’esperienza, piccola, che noi abbiamo portato avanti, a partire proprio dal manifesto del contratto mondiale sull’acqua, nella mia provincia (Udine), abbiamo costruito un percorso partecipato con Agenda 21 locale. Quando si tratta di una risorsa così fragile e limitata dobbiamo insistere anche più del necessario, perché proprio attraverso la condivisione delle politiche di utilizzo di queste risorse, possiamo salvaguardarle, anche per le generazioni future.

E’ un percorso quelle che abbiamo fatto e stiamo facendo, che fino ad ora ha dato piccoli risultati, ci siamo riuniti attorno ad un tavolo insieme a tutti i soggetti che hanno in qualche modo a che fare con la gestione della risorsa acqua abbiamo fatto una rilettura del manifesto, al quale, abbiamo aggiunto un punto che abbiamo sentito come dovere; il concetto di risparmio dell’acqua. L’acqua costituisce sì un diritto, ma anche un dovere, da parte dei paesi ricchi, quindi bisogna attuare delle politiche di risparmio utilizzando delle strategie che non siano di rapina, ma che siano ricerca del mantenimento e della ricostruzione di equilibri naturali, che ormai , il nostro modello di sviluppo sta mettendo duramente alla prova.

E’ una strada sicuramente difficile, quando noi parliamo di partecipazione dobbiamo sempre tener presente che, quando ci sediamo intorno ad un tavolo innanzitutto c’è necessità di un chiarimento, di cosa i vari soggetti intendono per partecipazione, abbiamo verificato, alla fine, che quello che intendiamo noi, in qualità di associazione ambientalista, e quello che viene inteso da un’organizzazione sindacale, è abbastanza simile, ma sicuramente molto diverso e molto lontano da quello che viene inteso dalle associazioni di industriali, oppure dal gestore della rete idrica, quindi ci devono essere delle fasi di avvicinamento; è evidente che posizioni massimaliste difficilmente possono portare a dei risultati è altrettanto evidente che quando un soggetto accetta di discutere con gli altri e di confrontarsi, non accetta sicuramente compromessi su quello che deve essere il risultato finale, che è quello del risparmio, della buona gestione della risorsa acqua, ma deve affrontare dei momenti di avvicinamento alle posizioni degli altri, quindi è una strada molto complessa, la buona volontà può non renderla complicata, ma resta comunque complessa.

L’altro argomento di cui vorrei parlare è il mare.

La mia regione (Friuli), che grazie ai confini con paesi dell’ex blocco, ha ottenuto uno statuto speciale, perché ci è stata riconosciuta questa posizione di confine estremo, con gli avvenimenti dall’89 in poi, e con l’allargamento dell’unione europea è evidente che deve cambiare molto nella mentalità di chi abita questa regione, deve essere fatto un lavoro di tipo culturale, che non è facilissimo perché non è mai stato fatto in maniera concreta, bisogna avvicinarsi a queste nuove culture, bisogna far capire che quello che fino a qualche tempo fa era un confine ora è una soglia, su questa soglia ci siamo tutti quanti, ci incontriamo e vediamo quello che c’è al di là come gli altri vedono quello che c’è da questa parte. A partire proprio da questa idea di regione ponte abbiamo immaginato degli elementi comuni che ci potessero legare ai nuovi paesi confinanti, a partire dalla Slovenia che è quella con cui confiniamo geo-politicamente per arrivare poi con la Croazia, in particolare con la regione dell’Istria, di cui, Zelena Istria è l’associazione con cui abbiamo costruito questo network, che vuole interessarsi soprattutto delle problematiche di salvaguardia, tutela e del valore comune che ha l’area, noi l’abbiamo chiamata l’area adriatica e naturalmente l’elemento unificante è il mare. E’ un mare molto fragile perché ha delle particolarità, ad esempio; è un mare chiuso ed ha difficoltà di ricambio d’acqua, nonché delle caratteristiche di profondità molto particolari, per cui, possiamo immaginarci la portata che assumerebbe un qualsiasi incidente. Noi abbiamo avuto come primo momento di condivisione, di conoscenza di questo ecosistema, in collaborazione con Legambiente Nazionale attraverso la campagna di Goletta Verde, un monitoraggio delle acque di balneazione in alcune località croate.

Noi vorremmo mettere l’attenzione su di un progetto che farebbe arrivare all’isola di Veglia il petrolio, dalla Russia, quello che possiamo immaginare come scenario futuro, è un aumento, di circa quattro volte del flusso attuale di Tanker e con una situazione di controllo che lascia molti buchi perché, ad esempio, dopo il disastro il Galizia, a dicembre dello scorso anno, una di quelle che vengono definite carrette del mare, quindi, una cisterna a fondo unico, è arrivata al porto di Monfalcone, quindi, ha percorso tutto l’Adriatico, fin quasi al golfo di Trieste, il fatto che possa aumentare considerevolmente il traffico, può aumentare il rischio di incidenti.

Nel caso si verificasse un incidente avremmo parte dei beni naturalistici e anche dei beni dell’umanità, come potrebbe essere Venezia, distrutti. Noi abbiamo chiesto un incontro, che abbiamo avuto a Fiume, con il ministro dell’ambiente croato, abbiamo chiesto un impegno e lo faremo anche per quanto riguarda il governo italiano, però oggi siamo qui soprattutto per chiedere l’aiuto di tutte le ONG presenti per sollevare a livello europeo questo problema, abbiamo chiesto che si continui la procedura avviata, che al momento è in una fase di stallo, del riconoscimento dell’alto Adriatico come zona sensibile secondo l’organizzazione marittima internazionale.

La fase di stallo è legata soprattutto al fatto che accanto alle norme di salvaguardia ci saranno sicuramente delle norme sui flussi del traffico, questo tocca degli interessi economici consistenti, è questo lo scoglio che dobbiamo superare, o meglio, che i governi si trovano davanti e in particolare il governo italiano. La cosa diventa ancor più d’attualità se consideriamo che da qualche giorno la mia regione (Friuli) si sta attivando in una politica per la realizzazione del Corridoio 5, questo grande asse viario definito a livello europeo, e l’ipotesi è che addirittura sull’Adriatico si costruisca un’autostrada del mare che sia parallela al Corridoio 5, un corridoio 5 del mare, ci sono già delle fondazioni che si sono presentate al governo regionale per poter realizzare questo progetto. La costruzione di questa autostrada è fatta in previsione dell’afflusso di decine di linee di navi, per trasporti vari, che da Trieste arriveranno a Taranto, quindi percorrendo l’Adriatico in tutta la sua lunghezza, se a questo sommiamo anche l’aumento del traffico di tanker per il nuovo oleodotto che arriverà fino all’isola di Veglia, credo che la possibilità di un incidente di dimensioni inimmaginabili, sia come conseguenze, sia come mezzi coinvolti, diventa davvero preoccupante.

Voi capite che dietro progetti di questo tipo gli interessi economici sono grandissimi, ma c’è anche la possibilità di mettere in campo valori legati all’appartenenza alle nazioni, alle patrie, sono valori che alla fine riescono a fare la differenza anche nella mobilitazione dell’opinione pubblica, quindi chiediamo l’appoggio di tutte le organizzazioni presenti.

Commenta e condividi

La newsletter di OBCT

Ogni venerdì nella tua casella di posta