Comitato Helsinki Bosnia Erzegovina: torna Dizdarevic
Al timone del Comitato Helsinki per i diritti umani in Bosnia Erzegovina torna dopo un anno Srdjan Dizdarevic. Se ne era andato per la vicenda dei "6 algerini"
La Assemblea annuale del Comitato Helsinki per la Bosnia Erzegovina – fondato nel 1995 nel quadro della federazione internazionale dei Comitati Helsinki per proteggere e monitorare lo stato dei diritti umani nel Paese – ha deciso di designare come proprio presidente Srdjan Dizdarevic, che rientra in carica dopo un anno di assenza. L’anno scorso era stato lo stesso Dizdarevic a dimettersi dalle funzioni, in conseguenza del caso del cosiddetto "gruppo algerino". La vicenda aveva determinato una vera e propria spaccatura all’interno del Comitato. Sei cittadini bosniaci di origine araba sospettati di legami con organizzazioni t[]istiche, scarcerati dalla giustizia locale per mancanza di prove, erano stati consegnati dal governo agli Americani e deportati a Guantanamo. In Bosnia gli unici a reagire dicendo che si trattava di una violazione di diritti umani fondamentali furono proprio Srdjan Dizdarevic e una parte del Comitato Helsinki. Un’altra parte del Comitato si era invece schierata con il governo e con gli Americani. Questo aveva provocato uno scisma all’interno della organizzazione. Dizdarevic aveva deciso di dimettersi e il Comitato si era trovato senza presidente.
"In Bosnia Erzegovina – ha affermato Dizdarevic a margine dell’assemblea – dopo le ultime elezioni di ottobre sono aumentati gli atti di violenza nei confronti dei ritornanti e delle minoranze. I risultati elettorali hanno incoraggiato nazionalisti e criminali, Karadzic e Mladic sono ancora in libertà, e anche la comunità internazionale sempre più spesso viola i diritti umani – facendo un chiaro accenno alla vicenda del gruppo dei sei".
Le conclusioni della assemblea annuale del comitato Helsinki sono probabilmente da ricollegare proprio a quanto emerso nel frattempo relativamente al gruppo degli "Algerini".
Il 4 aprile scorso infatti, la stessa Corte Bosniaca per i diritti dell’uomo, organismo creato dagli accordi di Dayton, aveva decretato che le autorità del Paese avevano violato i diritti di due delle sei persone consegnate agli Stati Uniti. In particolare, la Corte aveva rilevato che la Bosnia Erzegovina e la Federazione Croato-Musulmana avevano trasgredito a numerose disposizioni della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo relative alle espulsioni, detenzione illegale e abolizione della pena di morte. Le previsioni della Convenzione sono iscritte nella costituzione bosniaca.
Mustafa Ait Idir e Belkasem Bensayah, di origine algerina e yemenita, erano stati arrestati nel 2001 per sospetti legami con organizzazioni t[]istiche. L’accusa era di progettare attentati contro le ambasciate statunitensi e britanniche un mese dopo l’11 settembre. La Suprema Corte della Federazione Croato Musulmana aveva liberato il gruppo dei sei nel gennaio 2002 per mancanza di prove. Sotto pressione da parte degli Stati Uniti, il gruppo era stato tuttavia consegnato direttamente ai militari americani presenti nel Paese all’interno delle forze di stabilizzazione (SFOR) guidate dalla Nato.
La Corte ha stabilito che le autorità hanno violato i diritti dei due per non aver ottenuto da Washington assicurazioni sul fatto che non sarebbero stati soggetti alla pena di morte. Una decisione simile era stata presa nell’ottobre scorso relativamente agli altri 4 membri del gruppo.
Alle autorità è stato ordinato di pagare una ammenda di 15.000 marchi bosniaci (7.700 €) e di 10.000 marchi bosniaci (5.100 €) a Ait Indihr e Bensayah per danni. Le decisioni della Corte, che comprende 6 giudici locali e otto internazionali, sono vincolanti per le autorità locali. (Dnevni Avaz, 20.04.2003; Agence France Presse 04.04.2003)
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