Le vie slovene del traffico di esseri umani

Se la Slovenia gioca un ruolo essenzialmente di transito nelle reti di traffico di esseri umani, vi sono anche giovani donne slovene arruolate nella rete della prostituzione, così come ci sono altre donne dei Paesi balcanici vicini che terminano il loro periplo nei bar e nei postriboli di Ljubljana

04/04/2003, Redazione -

In Slovenia, sono state contate l’anno scorso quindici vittime del traffico di esseri umani. Si tratta di un dato ufficiale: le persone competenti ammettono che questa cifra non riflette la realtà, sebbene nessun dato o stima più precisa sia disponibile. Detto questo, è chiaro che la Slovenia partecipa al traffico di esseri umani. Il nostro paese è allo stesso tempo Paese di transito, di destinazione e d’origine per queste reti abiette. In Slovenia, le istituzioni governative e le organizzazioni non governative hanno capito molto tardi che attività legate al traffico di esseri umani si svolgevano sul territorio nazionale, e più precisamente lo attraversavano. Nulla di sorprendente: il primo gruppo di lavoro per la lotta al traffico di esseri umani fu nominato solamente nel dicembre 2001, un decennio dopo che l’Europa aveva registrato l’esplosione di questo traffico e cominciato a prendere misure contro questa industria lucrativa.

La Slovenia occupa una posizione geografica determinante in questo campo e serve innanzitutto da transito ma, secondo dei dati ufficiosi, ultimamente anche come Paese d’origine. E naturalmente come Paese di destinazione: oltre 70 bar funzionano in Slovenia: «Non voglio dire che i bar siano rifugi del traffico di esseri umani. Ciononostante, stando alle informazioni disponibili, vi si svolge del traffico» – osserva Stanko Curin, coordinatore del gruppo di lavoro e coordinatore nazionale della lotta contro il trafficking. Lo stesso sottolinea inoltre che il problema non è cosi’ endemico come negli altri paesi dell’Europa del Sud-Est, dove ci colloca il Patto di Stabilità.
Altri sono d’accordo sul fatto che in Slovenia l’affare maggiore consista nel transito. Altri dati, sempre ufficiosi, lasciano intendere che da 2000 a 2500 donne all’anno attraversino la Slovenia partendo dall’Europa del sud-est. Per avere un’idea concreta del fenomeno bisogna dedurre la sua estensione dalla frequenza dei crimini ad esso correlati. Cosi’, partendo dai processi per sfruttamento della prostituzione, la polizia ha redatto 21 atti d’accusa di cui 10 per schiavitù sessuale. Questo numero è raddoppiato dal 2001. La polizia vi ha riconosciuto 15 vittime sempre a fini sessuali. Sette delle vittime hanno rifiutato l’aiuto offerto; delle alter otto, cinque erano straniere. L’ufficio Internazionale delle Migrazioni (OIM) è venuto in aiuto a due di loro: una é stata rimpatriata in Bulgaria, ma l’altra è stata purtroppo rivenduta altrove. L’associazione Kljuc si è occupata delle tre vittime restanti. Alla fine, sulle quindici, tre erano slovene. Se è impossibile affermare con certezza che sono state vittime di un traffico organizzato, è certo che una fu ritrovata ad un chilometro dalla frontiera italiana e le altre furono rintracciate nei Paesi Bassi. Significa che la Slovenia è divenuto veramente un paese d’origine?

Le stime relative al numero di ragazze slovene implicate sono quelle di organizzazioni non governative. Secondo le stesse, ci sarebbero state un centinaio di donne slovene vendute all’estero. Stanko Curin valuta che il numero sia piuttosto una decina. Lui stesso esita a dire che la Slovenia sia divenuta un paese d’origine: «Ci sono sempre dei casi di ragazze libertine o sedotte, ma non possiamo paragonare questa situazione con quella dei Paesi del sud-est Europa, dove le ragazze sono reclutate in modo organizzato e sistematico». Tuttavia, dati indiretti suggeriscono che il reclutamento di donne slovene possa essere più organizzato del previsto: in effetti, uno studio pilota di sorveglianza del contrabbando umano a fini di sfruttamento sessuale, finanziato dalla Commissione europea, rivela che 101 slovene si prostituivano nel 2000 in club spagnoli.

È difficile misurare l’estensione di questo traffico, perché nei Paesi dell’Unione Europea non esiste alcun registro statistico specifico e le organizzazioni che lavorano sul campo non raccolgono i loro dati allo stesso modo. «In effetti, il cuore del problema è nascosto e la polizia non agisce in modo adeguato per la prevenzione. Per esempio, se arresta un uomo con tre minori, ai contravventori sarà vietato l’ingresso nel Paese: questo non risolve il problema poichè gli stessi troveranno semplicemente un’altra destinazione… Bisogna anche rivedere il modo in cui viene trattata la questione davanti ai tribunali e le istanze giuridiche dei paesi coinvolti» – sostiene il direttore dell’ OIM Alenka Malenjsek. La polizia sa anche che il traffico di esseri umani passa meno attraverso i bar a causa di una maggiore sorveglianza in Slovenia: la prostituzione viene dunque ad essere deviata in appartamenti privati. Questa prostituzione è più dissimulata, usa i piccoli annunci ed è più difficile condurre un inchiesta. D’altronde, le storie delle vittime sono generalmente identiche: una ragazza straniera si vede promettere un lavoro, di solito per pulizie domestiche, e si ritrova poi in Slovenia prigioniera in un appartamento. È là che viene avviata alla prostituzione.

La polizia informa le vittime del traffico di esseri umani dell’esistenza di organizzazioni in grado di aiutarle in Slovenia. L’associazione Slovenska Filantropija offre una tutela ai minori ed un aiuto psico-sociale alle vittime, l’associazione Kljuc le aiuta a trovare un alloggio temporaneo e, infine, l’OIM le rimpatria nel Paese d’origine e sostiene la loro reintegrazione. Questi, certo, non sono che punti di partenza, perché un sistema di sostegno completo resta da mettere in piedi.

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