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Dossier: il traffico di esseri umani nei Balcani
La questione del mercato di esseri umani dai/nei Balcani, conseguenza di politiche migratorie restrittive e della catastrofe economica in cui versano i Paesi della regione, sta lentamente arrivando al centro della attenzione dei media internazionali insieme alla consapevolezza che si stanno diffondendo in Europa nuove forme di schiavismo. Questo schiavismo della modernità, legato alla necessità di migrare e alle condizioni di illegalità in cui le migrazioni avvengono, è stato finora letto e rappresentato dai principali media e osservatori del fenomeno attraverso la lente delle storie individuali delle vittime e/o della riprovazione verso i loschi individui che questo traffico alimentano.Non è solo così. Un dossier dell’Osservatorio sui Balcani.
La questione del mercato di esseri umani dai/nei Balcani, conseguenza di politiche migratorie restrittive e della catastrofe economica in cui versano i Paesi della regione, sta lentamente arrivando al centro della attenzione dei media internazionali insieme alla consapevolezza che si stanno diffondendo in Europa nuove forme di schiavismo. Questo schiavismo della modernità, legato alla necessità di migrare e alle condizioni di illegalità in cui le migrazioni avvengono, è stato finora letto e rappresentato dai principali media e osservatori del fenomeno attraverso la lente delle storie individuali delle vittime e/o della riprovazione verso i loschi individui che questo traffico alimentano.
E’ vero che la criminalità organizzata, con saldi agganci nel mondo della politica e dell’economia, ha assunto nei Balcani un rilievo di assoluta importanza, fino a configurarsi come un vero e proprio Stato nello Stato. Il recente omicidio del premier serbo Zoran Djindjic rappresenta la testimonianza più drammatica di questo processo. Contestualmente, e parallelamente a questa tendenza, gli Stati sembrano sempre più spogliarsi delle loro funzioni tradizionali, in particolare nel settore della tutela dei diritti sociali, lasciando scoperte aree sempre più vaste della popolazione. In alcune aree della regione poi (Kosovo, Bosnia Erzegovina), gli Stati sono sostituiti da forme di semi protettorato, o protettorati di fatto, che non hanno il controllo di un territorio che non conoscono. Il contesto entro cui si realizza il trafficking è quindi complesso, e non può essere spiegato con la semplice azione di uno o più mafiosi cattivi o con la disperazione di una o più povere ragazze di campagna. Negli articoli e nei contributi che troverete nei prossimi giorni sul nostro sito, ci siamo sforzati di mettere in rilievo questo contesto più generale, concentrandoci, come nella tradizione di Osservatorio, sulle analisi e sui commenti apparsi nei media della regione, per cercare di mettere in rilievo come del mercato di esseri umani si discute e si parla in quella che è oggi una delle aree del mondo in cui questa pratica è più fiorente, i Balcani.
Sotto la definizione di "traffico di persone" possono essere comprese diverse pratiche di commercio e sfruttamento di persone, in particolare donne e bambini, che spesso vengono vendute, trafficate e contrabbandate da un paese all’altro. A partire dalla caduta del muro di Berlino, l’Europa orientale è diventata uno dei maggiori centri di raccolta e traffico di vite umane. La cronaca riportata dai media balcanici, ma anche da quelli di casa nostra, si riempie con episodi e avvenimenti strettamente correlati al traffico di persone. Numerose sono le rotte del traffico di persone, dall’Ucraina alla Moldavia quali principali centri di partenza del traffico, dalla Romania alla Serbia e al Montenegro, e ancora alla Bosnia ed Erzegovina, al Kosovo e all’Albania e via di seguito le rotte proseguono verso l’Europa occidentale. Un affare miliardario tenuto nelle salde mani della criminalità organizzata, grazie ad una fitta retta internazionale dedita allo sfruttamento e alla nuova schiavitù.
Se quindi vogliamo parlare di trafficking dobbiamo far riferimento alla dimensione criminale del fenomeno, dimensione che ha un carattere internazionale e spesso di connivenza con gli stessi apparati preposti al controllo e alla lotta alla criminalità stessa.
Un aspetto non trascurabile del fenomeno riguarda il contrabbando di persone. Adulti e bambini che tentano la fuga dal proprio paese, affidandosi alla rete di organizzazioni illegali che consentono l’oltrepassamento dei confini in cambio di ingenti somme di denaro. Aspetto degno di nota e che tocca la questione fondamentale del sistema dei visti e delle richieste per l’ingresso nei paesi più sviluppati, il cosiddetto regime dei visti.
Come è noto il commercio di esseri umani prende anche forma nel fenomeno dello sfruttamento della prostituzione. In alcuni casi si tratta di giovani donne, che vivono in situazioni marginali, di assenza dei mezzi sufficienti a condurre una esistenza dignitosa che si affidano ai trafficanti di persone per poter varcare le frontiere e costruirsi un futuro migliore e poi finiscono nella rete degli sfruttatori che riducono in condizioni di schiavitù. In altri casi si tratta di ragazze che fin dall’inizio sono vittime di violenza carnale e sono poi costrette a prostituirsi nelle nostre strade. Le vittime sono state costrette con la forza o rapite e violentate.
Occorre infine considerare che comprese nell’impressionante numero di decine di migliaia di esseri umani trafficati ogni anno, ci sono anche le vittime del lavoro coatto, della schiavitù, dell’obbligo a eseguire azioni criminali, ecc.
Come si può ben notare sotto il concetto di traffico di esseri umani si comprendono quindi varie forme di commercio di persone, siano essi bambini o adulti, adescati per svolgere il lavoro coatto e per la prostituzione, con l’intento di contrabbandarli da un paese all’altro. Le persone soggette a questo fenomeno sono da considerare vittime in senso legale. Questa precisazione risulta necessaria dal momento che in alcuni casi sembra difficile riconoscere loro lo status di vittima. Se si elude quindi di riconoscere l’esistenza stessa di uno sfruttamento illegale di esseri umani, le vittime diventano semplici violatrici delle vigenti leggi sull’immigrazione e come tali deportate o rimpatriate.
Questo aspetto della questione fa sì che le vittime possano in alcuni casi essere considerate "attori", nella misura in cui molte persone mostrano una straordinaria determinazione e coraggio a rischiare il tutto per tutto per cambiare la loro vita. In quest’ottica è la limitazione alla libertà di movimento delle persone (benché non di capitali) che consegna questi migranti nelle mani delle organizzazioni criminali.
A questo complesso fenomeno sono state dedicate monografie e indagini accademiche, ricerche condotte da organizzazioni internazionali. In connessione col fenomeno stesso sono nate numerose associazioni e organizzazioni non governative che si occupano prevalentemente della difesa delle vittime. Negli ultimi anni abbiamo visto la regione balcanica in un coinvolgimento sempre più diretto col fenomeno del trafficking benché la regione si offra più spesso come luogo di transito e di impiego locale piuttosto che di paese offerente. Siamo quindi ben consapevoli che una mole di materiali su questo argomento è già stata pubblicata, pertanto la nostra intenzione sarà piuttosto quella di mettere in rilevo come nei Balcani si affronta questo fenomeno, come ne parlano i giornali e i giornalisti, quali i termini impiegati, come vengono percepite le vittime del trafficking da parte della popolazione locale, ecc. Affiancheremo a ciò una serie di materiali tradotti e di articoli originali dedicati a questo tema.