I tre anni di Wolfgang il Presidente
E’ partito ieri Wolfgang Petritsch, l’Alto rappresentate della Bosnia Erzegovina e per certi versi il suo vero presidente. Presentiamo un bilancio critico del suo lavoro, con un testo di Dario Terzic da Mostar.
Dopo tre anni di mandato se ne va dalla Bosnia Erzegovina Wolfgang Petritsch, l’Alto Rappresentante, in poche parole il suo "presidente". E’ vero che la Presidenza della Bosnia Erzegovina è tutta un’altra cosa, composta da tre membri e con ruoli ben precisi, ma se chiedete ad un cittadino bosniaco di dirvi i loro nomi potreste metterlo in imbarazzo. Il nome dell’Alto Rappresentante, invece, lo conoscono tutti. Egli, infatti, è stato il presidente non ufficiale ed il vero legislatore della BiH. Oggi che termina il suo mandato come "presidente di tutti", croati, serbi e musulmani di Bosnia Erzegovina, è giunta l’ora di fare un bilancio del lavoro svolto.
D’altra parte lo hanno fatto tutti – i giornali, i politici, la gente per strada. E si sa che per poter dare un voto a qualcuno il miglior modo è proprio quello di paragonarlo ad altri. Se questo paragone si facesse fra tutti e tre gli Alti Rappresentanti del passato, vincerebbe senza dubbio proprio l’austriaco Petritsch. Ma forse, come si dice, il vero giudice è il tempo, e solo fra qualche anno potremo dire come in realtà si è comportato.
Ad ogni modo, i due che lo hanno preceduto, lo svedese Carl Bildt dal dicembre 1995 al giugno del 1997, e lo spagnolo Carlos Westendorp che lo ha seguito, se ne sono andati senza alcun desiderio di rimanere per più tempo in Bosnia. Invece Petritsch, che avrebbe dovuto lasciare la carica un anno fa, ha deciso di prolungare la sua permanenza nel paese. Il suo "attaccamento" al lavoro forse lo si può vedere confrontandolo appunto con Westendorp. Quest’ultimo infatti tornava a casa in Spagna ogni fine settimana – ovviamente a carico dell’OHR – mentre Petritsch ha subito deciso di "vivere" Sarajevo e di imparare la lingua locale.
Fin dall’inizio Petritsch è stato paragonato ai suoi predecessori e ad altri politici internazionali presenti in Bosnia Erzegovina, soprattutto al capo missione delle Nazioni Unite in Bosnia Erzegovina – il canadese Jacques Paul Klein – e all’ambasciatore americano Thomas Miller. Proprio con questi l’Alto Rappresentante ha avuto frequenti rapporti, anche se pubblicamente non così visibili.
Visibili invece le divergenze di opinione e gli attriti tra i tre. Klein, ad esempio, è stato colui che per primo ha spinto affinché la Bosnia entrasse nel Consiglio d’Europa, contrariamente a Petritsch che si dice abbia invece frenato, usando la carta dell’ingresso nel Consiglio come "ricatto" nei confronti della classe politica bosniaca, per spingerla ad accettare ogni sua "proposta"… E così i politici e i deputati del paese hanno perso ore e ore a tentare di varare un "amandmant" (emandamento) o una modifica di legge, per poi vederseli imporre dallo stesso Petritsch. Ed è anche per questo che gli è stato subito affibbiato il soprannome di "Legislatore". Klein si è dimostrato inoltre molto irritato per il fatto che il merito della costruzione del memoriale ai morti di Srebrenica sia stato interamente attribuito a Petritsch. Mentre lo stesso Petritsch non ha mai sopportato l’ambasciatore americano Thomas Miller, considerandolo un arrogante esaltatore della forza e dell’importanza del suo paese (Slobodna Bosna, 10.05.2001).
In una Bosnia ancora e sempre divisa, è molto difficile trovare un personaggio che piaccia a tutta quanta l’opinione pubblica, di tutti e tre i popoli presenti sul territorio. Eppure c’è chi dice che Petritsch ha fatto di più per il popolo Musulmano, nonostante ultimamente fosse riuscito a migliorare i rapporti con i rappresentanti politici dell’entità della Republika Srpska. Ciò non toglie che la parte croata sia contenta dell’uscita di Petritsch, per quanto delusa dall’arrivo di Lord Ashdown che è stato acerrimo nemico di Franjo Tudjman. Petritsch è stato per altro a sua volta un forte avversario nella lotta tra la comunità internazionale e la cosiddetta autoproclamata Entità Autonoma Croata del marzo dell’anno scorso. È stato infatti Petritsch a decidere la destituzione di Ante Jelavic, all’epoca Presidente dell’HDZ e primo responsabile della nascita dell’Entità Croata illegale, e al contempo ad aver allontanato dalla politica alcuni tra i più stretti collaboratori dello stesso Jelavic. È stato sempre Petritsch ad aver ordinato il blitz alla Hercegovacka banka nell’aprile del 2001 – per altro mal riuscito in prima battuta – mettendola sotto il proprio diretto controllo con una sorta di commissionariamento, perché sede di trasferimenti illeciti di denaro. Questo atto ha provocato allora una forte reazione del popolo croato dell’Erzegovina, che ha continuato ad odiare Petritsch nonostante con il tempo abbia dovuto rendersi conto che contro le decisioni dell’OHR non si poteva nulla.
In Bosnia Erzegovina è difatti comune opinione che l’OHR e Petritsch siano i diretti fautori della vittoria dell’opposizione socialdemocratica alle elezioni politiche di due anni fa, e non è un segreto che la comunità internazionale abbia negoziato molto con le forze "alternative" del mondo bosniaco, anche se tutto veniva fatto all’ombra della politica ufficiale.
La duplice "anima" di Petritsch si rispecchia oggi in Bosnia in ciò che si dice di lui: un vero "signore austriaco", il quale però a volte non ha saputo prendere decisioni ferme e risolute. Come nel caso degli eventi di Banja Luka, in occasione della posa della prima pietra della moschea Ferhadija, in cui decine di persone – anche tra i rappresentanti della comunità internazionale – sono state aggredite dalla popolazione locale inferocita. Egli non ha saputo condannare l’incidente come avrebbe dovuto fare, ma ha usato solo deboli appelli e parole di sconforto.
La sua posizione non è stata molto chiara nemmeno sul protettorato internazionale. Egli si è sempre dichiarato contrario a questa forma di controllo, perché riteneva che la democrazia si dovesse costruire dal basso, quindi dalla gente e dal Parlamento che la rappresentava, ma poi arrivava sempre ad imporre emendamenti e riforme di legge a qualsiasi organo statale non funzionasse come lui si aspettava. In 33 mesi del suo "regno" Petritsch ha firmato più di 210 "imposizioni", tra emendamenti, leggi, riforme e provvedimenti.
Egli non si è risparmiato nemmeno negli ultimi mesi del suo mandato. Infatti è di poco più di un mese fa l’ imposizione della riforma sulla natura costituente> dei tre popoli della Bosnia Erzegovina, mentre l’ultimo giorno di mandato è riuscito ad imporre la riforma della legge sul PBS (public broadcasting service). Come poter chiamare questo tipo di comportamento? Furbizia o paura? Perché ora che se ne va, certo non sarà più oggetto di critiche. E se invece avesse preso queste decisioni impopolari molto prima…
Al di là delle modalità con cui ha gestito il suo mandato, Petritsch è comunque uno dei pochi politici internazionali che sia riuscito a mantenere la sua vita privata quasi sempre lontano dai riflettori. La moglie Nora è sempre stata ben voluta, anche perché tutti erano a conoscenza dell’adozione da parte della coppia di un orfano bosniaco, e solo una volta la sfera privata ha rischiato di compromettere la limpidezza del suo mandato. E’ il caso della storia della privatizzazione della terza rete GSM, che doveva concludersi l’estate scorsa. Ma la vendita ad un’azienda austriaca, collegata al cognato di Petritsch, per una cifra inesistente, venne bloccata dopo la denuncia di vizi di forma nell’appalto da parte dello stesso Consiglio dei Ministri bosniaco. Questo è stato considerato dall’opinione pubblica come uno dei tentativi di saccheggio più grande dalla fine della guerra (Slobodna Bosna 26 luglio 2001), e Petritsch, avendo compreso la portata dello scandalo che ne sarebbe nato, ha accettato lo stop, facendo in modo che il fatto venisse dimenticato.
Ma a Petritsch quanto stava realmente a cuore il destino della Bosnia Erzegovina? Abbiamo visto che, rispetto ai suoi predecessori – soprattutto Westendorp – Petritsch aveva accettato di vivere a Sarajevo nel vero senso della parola, imparando inoltre la lingua e adottando un bambino. Eppure, come è comprensibile, Petritsch non è stato molto amato dal popolo bosniaco. La gente ha vissuto la sua presenza come una prova di forza, una vera e propria imposizione. Così, anche l’opinione pubblica si è dichiarata contenta o irritata del suo operato a seconda delle teste su cui cadeva la sua scure, per cui se si "accaniva" con riforme che colpivano uno dei due popoli presenti sul territorio, gli altri due applaudivano.
Oggi, alla partenza definitiva di Petritsch, sono i politici i primi a tirare le somme. Beriz Belkic – a capo della presidenza della Bosnia Erzegovina – ha detto che Petritsch è stato lento ma efficace nelle sue decisioni, mentre Alija Behmen – Primo ministro della Federazione – lo ha ringraziato per tutto ciò che ha fatto per il suo governo.
Meno soddisfatto invece Sejfudn Tokic – presidente dell’Assemblea Parlamentare della BiH – il quale di Petritsch dice che ha cominciato bene il suo mandato, ma che poi si è arenato e non ha portato a termine i suoi propositi. Nijaz Durakovic – dell’SDP non è da meno, avendo dichiarato che il nuovo arrivato Paddy Ashdown difficilmente riuscirà a rimettere in sesto ciò che i suoi precedenti hanno rovinato. Niko Lozancic – vicepresidente dell’HDZ – ha definito il periodo presieduto da Petritsch come il "tempo del terrore delle leggi imposte". Secondo Lozancic con l’operato di Petritsch sono stati lesi i diritti della persona e sono stati formati organi illeciti per il controllo del sistema giudiziario.
Mirko Sarovic – Presidente della Republika Srpska – ha espresso invece soddisfazione per il livello di collaborazione avuta con lui (Slobodna Bosna 16.05.2002), mentre Mladen Ivanic – Premier della RS – in alcuni aspetti difende Petritsch "perché è sempre stato influenzato dai media di Sarajevo, che non gli hanno permesso di capire bene l’atmosfera di Banja Luka, di Zenica e di Tuzla e quindi agire di conseguenza" (Oslobodjenje, 20.05.2002).
In definitiva, forse con la sufficienza, la maggioranza dei politici bosniaci ha promosso Petritsch. Mentre il popolo non si è ancora dichiarato apertamente e per questo ci vorrà ancora tempo. Comunque sia andata, "la Bosnia Erzegovina è entrata nel Consiglio d’Europa, ha avuto una nuova legge elettorale, una riforma costituzionale importante, la legge sulla TV statale. E questi sono solo alcuni dei "successi di Petritsch, che pare non abbia intenzione di mollare l’osso dato che ha promesso di sorvegliare la Bosnia Erzegovina dal suo nuovo posto di lavoro presso l’Ufficio della Nazioni Unite a Ginevra.
Vedi anche:
Jacques Paul Klein: note biografiche
Consiglio d’Europa: luce verde alla Bosnia Erzegovina
Bosnia Erzegovina: Petrisch impone le modifiche costituzionali