I Balcani e le economie informali
Sono chiamate economie nere, grigie, ombra e quello che le rende illegali è il fatto che pur esistendo evadono in modo totale tasse ed imposte. E questo rende molto difficile riuscire a misurarne in modo esatto lo sviluppo e la grandezza.
Per chi passeggia per la Bosnia, per il Kossovo ma anche in Bulgaria ed altri paesi del sud est Europa il fenomeno dell’economia grigia è immediatamente palese. Come palese è il fatto che non si limiti al rivenditore illegale di sigarette per strada. Ma quale la rilevanza di questo fenomeno nei Balcani? Quale il legame con la criminalità? Quale il ruolo di queste economie informali in un’economia che si vede di passaggio da vari sistemi socialisti ad economie di mercato ma che in realtà presenta caratteristiche peculiari di uno sviluppo "post-moderno"? Se ne è discusso, in modo non molto innovativo, a Sofia in un convegno internazionale. Riteniamo interessante in ogni caso riportare la traduzione di un articolo a cura di Emil Tsenkov, corrispondente a Sofia per il Balkan Times, che riporta alcuni dei contenuti emersi durante i giorni di convegno.
Alla fine di marzo si è tenuta a Sofia, Bulgaria, organizzata dalla fondazione tedesca Bertelsmann, una conferenza internazionale sul tema dell’economia informale nel sud est Europa.
Vari esperti si sono confrontati su questo fenomeno che fortemente caratterizza le economie di questa parte d’Europa. Affrontando temi sui quali ci si è anche divisi: è forse vero ad esempio che tutte le sfumature di economia informale sarebbero nefaste e indissolubilmente legate a transazioni criminali. O alcune volte dinamiche di economia informale possono essere interpretate come uno scudo che una società sviluppa per evitare una ancor più alta disoccupazione? Illegale significa anche criminale? Secondo alcuni ad esempio spesso lo sviluppo di un settore informale è essenziale per sostanziare lo sviluppo di un settore privato non ancora radicato ed agli inizi della propria maturazione.
"Il nuovo settore privato in Albania è essenzialmente emerso quale un settore informale" ha dichiarato Genc Ruli, presidente di un’ONG con sede a Tirana. Ed ora le stime indicano che il 50% dell’intera economia del paese resta sommersa. I lavoratori quindi non posseggono un contratto di lavoro, spesso vengono dalle campagne, ricevono salari molto bassi e non godono di alcun tipo di garanzie socio-sanitarie.
In altri paesi balcanici il settore grigio dell’economia varierebbe dal 45% del PNL della Macedonia al 36% della Bulgaria, al 33% della Romania, al 32% della Croazia. Queste sono stime presentate al convegno da Friedrich Schneider, vice-presidente della Johannes-Kepler-University di Linz e responsabile per gli affari internazionali della stessa. E il settore informale sembra si stia sempre più sviluppando: negli ultimi dieci anni del 9,5 %.
I dati sono in ogni caso inferiori rispetto a quelli dei Paesi nati dal crollo dell’ex Unione Sovietica dove la "fetta" di economia informale rispetto al totale delle attività economiche si attesterebbe sul 45% del PNL e dove questo settore sarebbe cresciuto nell’ultimo decennio almeno del 12%.
Erhard Busek, coordinatore del Patto di Stabilità per il sud est Europa, ha sottolineato la necessità dell’adottare misure atte a limitare e ridurre questo fenomeno. Ha voluto inoltre mettere in risalto il legame stretto che a suo avviso esiste tra attività economiche illegali e forte tasso di corruzione che caratterizza molti dei Paesi del sud est Europa.
Nella relazione proposta al convegno da Schneider vengono indicate due cause principali della crescita di queste economie ombra: "… l’aumento ingente delle tasse e dei contributi a favore del sistema socio-assistenziale è uno dei fattori principali che ha spinto sulla crescita di queste economie ombra. Una forte differenza tra costo del lavoro nell’economia ufficiale e costo del lavoro in quella informale rappresenta naturalmente un forte incentivo verso l’illegalità".
Secondo alcuni relatori emergerebbe però in questi ultimi anni un trend positivo che caratterizzerebbe soprattutto le imprese più grandi. Se infatti si stima che le piccole aziende impiegano almeno il 65% della propria forza lavoro in modo illegale questa percentuale cade al 17% se si parla di grandi imprese (con una media di 350 dipendenti). Questo indica a detta di alcuni una tendenza di queste ultime ad emergere dall’informale.
Tatiana Nenova, rappresentante della Banca Mondiale, nel suo intervento ha voluto precisare come siano necessarie attività volte a far uscire dal sommerso soprattutto le medie imprese, senza accanirsi su chi rimane nell’informale solo per garantirsi la sussistenza.
Togliendo barriere amministrative e riducendo il numero di licenze, permessi, approvazioni necessarie per avviare un’attività economica e chiarendo le procedure amministrative si creeranno incentivi affinché il business illegale divenga formale. Più "business friendly" saranno le amministrazioni più probabile sarà l’emersione del settore grigio, è stata l’opinione di molti.