I guerrieri della Jihad di Rastanski Lozja

Dopo aver riportato la cronaca dell’uccisione dei sette presunti t[]isti in Macedonia in un articolo precedente, continuiamo a seguire la vicenda traducendo alcuni estratti di un articolo di Zeljko Bajic, dell’AIM di Skopje.

21/03/2002, Redazione -

Sono passati molti giorni ma l’azione della polizia macedone del 2 marzo scorso rimane ancora poco chiara. Erano le sette vittime effettivamente dei t[]isti? Da dove venivano? In che contesto è avvenuta la loro uccisione? La vicenda è delicata soprattutto per comprendere le dinamiche interne macedoni ed i possibili collegamenti con la cosiddetta "guerra internazionale al t[]ismo".
Secondo una prima dichiarazione della polizia macedone, resa poche ore dopo l’operazione, all’alba del 2 marzo una pattuglia avrebbe intercettato un furgone con all’interno sette uomini armati nei pressi di Rastanski Lozja, circa dieci chilometri dal centro di Skopje. Il furgone non si sarebbe fermato allo stop intimato dagli agenti ed anzi gli uomini all’interno avrebbero aperto il fuoco contro la jeep della polizia che a quel punto ha risposto al fuoco uccidendo tutti i sette occupanti del furgoncino. Ad una domanda abbastanza logica di un giornalista che chiedeva come fosse stato possibile per soli quattro agenti contrastare sette uomini armati fu risposto "è stata pura fortuna che non ci sia stata alcuna vittima tra i poliziotti".

Il ministro degli interni Ljube Boskovski in una conferenza stampa convocata appositamente aveva rivelato che dieci giorni prima della sovra menzionata operazione della polizia le forze di sicurezza avevano ricevuto alcune informazioni in merito ad un gruppo t[]istico entrato nel paese per compiere un attentato contro qualche ambasciata. Aveva inoltre affermato che due settimane prima nelle vicinanze dell’ambasciata tedesca era stato arrestato un gruppo di quattro "combattenti della Jihad". Due giordani e due bosniaci con alcuni floppy disk contenenti documenti che dimostravano il loro coinvolgimento nelle guerre in Croazia, Bosnia, Kossovo e Macedonia. Boskovski ha inoltre dichiarato che i quattro arrestati avrebbero ammesso che un altro gruppo di t[]isti era entrato nel paese.

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I media di tutto il mondo hanno dato forte risalto alla vicenda che assomiglia molto alla sceneggiatura di un film. I colleghi occidentali non hanno potuto che invidiare gli agenti ed i poliziotti macedoni per questa "caccia grossa". Ma, c’è sempre un "ma".
L’ambasciata americana, quella inglese, quella tedesca, citate come possibili obiettivi degli attentati t[]istici, hanno reso noto di non essere state al corrente di un eventuale rischio di quel tipo. L’ambasciata americana sostiene di esserne stata informata dallo stesso ministro degli interni macedone, i britannici lo hanno saputo dalla televisione. Anche l’ufficio NATO in Macedonia non aveva ricevuto alcun avvertimento e né possedeva alcuna informazione su di un possibile attacco.

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Ma alcuni fatti sono sconosciuti al grande pubblico. Innanzitutto che l’ambasciata della Bosnia Erzegovina è intervenuta presso le autorità macedoni per denunciare che i suoi due cittadini erano stati arrestati solo perché la loro apparenza ricordava lo stereotipo del t[]ista e perché avevano passaporto bosniaco ….. non si è mai parlato di floppy disk, confessioni o "attività t[]istiche". I due sono poi stati rilasciati. Sino ad ora non è arrivata nessuna risposta alla nota di protesta dell’ambasciatore Fahrudin Kulenovic.

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Alcuni diplomatici occidentali che hanno visto i corpi dei membri del gruppo hanno dichiarato ai media che quattro di loro sembravano avere origini asiatiche ma che l’identità degli altri tre era difficilmente individuabile. Rappresentanti della NATO e dell’ OSCE hanno protestato poiché è stato loro impedito di visionare i corpi.
Gli stessi diplomatici occidentali hanno dichiarato alla rete televisiva A1 TV che i corpi erano martoriati di proiettili sparati da almeno due diverse direzioni. Questo porta alla conclusione che l’operazione della polizia non è stata né naif né casuale. In altre parole non ha coinvolto solo quattro poliziotti (come era stato dichiarato inizialmente). Sembra più che il gruppo fosse stato attirato in un’imboscata.

Nei circoli politici albanesi si dice che le vittime dell’operazione della polizia erano in realtà semplici clandestini che non avevano nulla a che fare con i "combattenti della Jihad. Fakti, quotidiano di lingua albanese, conclude che l’azione è stata uno "spettacolo organizzato dal ministro degli interni Ljube Boskovski". In questo modo, secondo il giornale, Boskovski cercherebbe di raggiungere più obiettivi: innanzitutto di inserire la Macedonia nel contesto della guerra internazionale al t[]ismo, in secondo luogo si tenta di portare dalla propria parte i diplomatici occidentali affermando di proteggerli, inoltre si cerca di promuovere i "Leoni", controversa forza speciale della polizia macedone, in quarto luogo si tenta di dimostrare le connessioni tra l’organizzazione Al Keida e l’Esercito di Liberazione Nazionale ed infine si vuole ribadire che il confine con il Kossovo è la fonte di ogni problema.

Il commando KFOR del Kossovo si è offerto per far effettuare da propri esperti l’autopsia sui corpi. Lo stesso ha fatto l’OSCE. Ma le autorità macedoni hanno rifiutato le offerte dichiarando che a Skopje vi è un istituto di medicina forense di spessore internazionale.

La portavoce dell’Unione Europea, Irena Djuzelova, ha commentato in merito alla vicenda ed ai dubbi che la circondano con un’unica affermazione e molte domande: "Non è che non crediamo alla polizia o che abbiamo dubbi in merito alle loro inchieste. Il fatto è che non si ha alcuna prova dell’accaduto". Le questioni poste dalla portavoce sembrano molto logiche: chi erano i sette uomini uccisi? Cosa facevano in Macedonia? Da dove venivano? Avevano qualche sostegno all’interno del paese? Le autorità macedoni non hanno fornito alcuna risposta in merito.
E chi è morto … ha portato le proprie risposte nella tomba. Gli uomini morti non parlano.

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