Per una globalizzazione dal basso dei diritti, della solidarietà e della democrazia
Riportiamo qui di seguito un documento dell’Ufficio di Presidenza dell’ICS, che ribadisce il rifiuto della guerra e la condanna di ogni forma di t[]ismo e sottolinea l’impegno dell’ICS con i movimenti della societa’ civile. I contenuti del documento nascono da riflessioni favorite dai lunghi anni di attività dell’ICS anche e soprattutto nei Balcani. Non a caso uno degli impegni concreti che l’ICS si propone è quello di favorire la costruzione di un network europeo denominato "Europe from below" che confronti e coordini, proprio a partire dall’appello per l’integrazione dei Balcani in Europa- il lavoro di organizzazioni della società civile dell’est e dell’ovest sui temi della cittadinanza, dell’integrazione, della pace facendo della dimensione europea occasione di confronto e di iniziativa sul terreno dei conflitti e dei diritti e del ruolo dell’Europa nel rispetto alle politiche della globalizzazione e alle iniquità nel rapporto con il Sud del mondo.
IL DOCUMENTO
Dopo l’attacco t[]istico agli Stati Uniti dell’11 settembre e l’inizio, il 7 ottobre scorso, della guerra contro l’Afganistan l’ICS ribadisce l’importanza di rilanciare l’impegno e l’iniziativa dei movimenti sociali, pacifisti, ambientalisti rafforzatisi ancora di più dopo la mobilitazione di Genova e dopo la marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre scorso- per affermare i principi della democrazia, della convivenza, della solidarietà, della pace.
Alle "ragioni della forza" contrapponiamo la "forza della ragione"; alla vendetta e alla rappresaglia, il perseguimento e la punizione dei colpevoli del t[]ismo sulla base della giustizia e del diritto internazionale, anche con l’entrata in funzione del Tribunale Penale Internazionale; al predominio delle alleanze militari e di parte il ruolo delle Nazioni Unite nell’opera di prevenzione, di costruzione di un sistema di "sicurezza comune", di mantenimento e di imposizione della pace. Diciamo di no alla guerra, alle rappresaglie, alle vendette; sì alla giustizia, al diritto internazionale, alla pace. Ribadiamo l¹importanza di una grande mobilitazione per fronteggiare l’emergenza umanitaria sofferta da milioni di profughi afgani in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni.
E’ questo il momento della partecipazione e della mobilitazione civile e sociale, dell’impegno di ciascuno, del lavoro in ogni città per spezzare la spirale incontrollabile di paura e rassegnazione, di impotenza e disincanto. In questi anni nei Balcani anche nelle situazioni più disperate- abbiamo visto che è possibile riannodare i fili e costruire i ponti di solidarietà e di convivenza, di percorrere le strade della pace, del dialogo, della solidarietà. Mai come in questo momento i principi della pace e della nonviolenza sono attuali e impellenti. Contro un mondo che si vuole sempre più dominato dalla forza delle armi e percorso dalla violenza, il nostro compito è di mettere la pace al primo posto delle relazioni internazionali e di fare della nonviolenza il principio fondante della politica e della società.
Ci impegniamo a combattere ogni violenza e tutti i t[]isti nemici della pace e dell¹umanità intera- e a contrastare ogni ricorso alla guerra come metodo per risolvere i conflitti: le guerre colpiscono vittime innocenti, causano immani distruzioni, non risolvono i problemi. Sono come i sconvolgenti attentati di New York e Washington- un "crimine contro l¹umanità". Contrastiamo chi vorrebbe trascinarci in uno "scontro tra civiltà" e ribadiamo il nostro impegno per costruire il dialogo e la convivenza multietnica, mettendo al bando ogni forma di razzismo e xenofobia e favorendo il pieno rispetto dei diritti dei cittadini immigrati. Siamo impegnati contro ogni "balcanizzazione" del mondo, contro la proliferazione di confitti "di civiltà", etnici, nazionali e di conflitti "a bassa intensità" che causano sofferenze, perdite di vite umane e ingiustizie.
Con i movimenti della società civile: il contributo dell’ICS
Crediamo che questo patrimonio di considerazioni e valutazioni sia e debba essere il nucleo dei valori fondanti dei movimenti e della straordinaria esperienza di società civile che è emersa con grande forza a Genova e con la marcia per la pace da Perugia ad Assisi. Un movimento dall’ampiezza straordinaria, composto da tante forze e organizzazioni che costituiscono quella "politica diffusa" caratterizzata dal "fare", dall’impegno concreto, dal volontariato, dall’economia sociale, dalla presenza nelle zone del conflitto. Movimento che ha avuto il merito e la capacità di imporre i temi e le contraddizione della globalizzazione, che hanno costretto i media, i governi e persino l’agenda del G8 a "farci i conti" e a prendere atto dalle distorsioni e iniquità che le politiche economiche dei "grandi" hanno creato al pianeta.
L’ICS come ha fatto già attivamente e pienamente nel GSF fino alle manifestazioni di Genova e come ha fatto in questi anni sostenendo l’impegno della Tavola della Pace- intende sostenere il movimento ampio e plurale impegnato contro la guerra e per una globalizzazione della pace, dei diritti, della giustizia nel rispetto del pluralismo democratico e della diversa articolazione delle esperienze, mettendo al primo posto i contenuti e le proposte sui temi che vedono impegnate le organizzazioni presenti nel movimento. E’ per questo che l’ICS parteciperà all’incontro del GSF che si terrà a Firenze il prossimo 20 e 21 ottobre e sostiene tutti i gruppi aderenti che a livello locale stanno partecipando alla formazione del social forum nelle città. Inoltre l’ICS intende rinnovare l’impegno nell’esperienza della Tavola per la pace, per costruire le prossime iniziative in discussione.
Il contributo che l’ICS vuole e può portare deriva dall’esperienza maturata nello scorso decennio nei Balcani e in Italia sul terreno dei conflitti e dei diritti di cittadinanza. Esperienza che mette al centro una lettura oltre ogni vecchio paradigma di tipo ideologico- del rapporto tra globalizzazione, conflitti nazionali e diritti di cittadinanza, che evidenzia l’importanza delle dinamiche specifiche (economiche, politiche, culturali) delle "nuove guerre" (ben 85 nello scorso decennio, di cui 79 "nazionali") e della creazione di una nuova "classe" di perseguitati, i profughi, passati in qualche anno da 4 a 50 milioni. Guerre combattute "su" e "contro" i civili: ben oltre il 90% delle vittime delle guerre degli anni ’90. Con la consapevolezza che, oltre a "denunciare" i misfatti nelle guerre dei potenti e degli "imperi", bisogna sperimentarsi sulle alternative politiche e le pratiche concrete. Ecco perché da una parte l’impegno per la riforma dell¹ONU (in grado di gestire la prevenzione dei conflitti e dotato finalmente di un sistema di "polizia internazionale") e di un’Europa sociale e dall’altra la messa in pratica di una "solidarietà dal basso" e di "diplomazia popolare" nelle aree del conflitto rimangono i nostri principali punti di riferimento e di azione concreta.
Il contributo che l¹ICS può e vuole dare in questa direzione si articolerà nei prossimi mesi su tre impegni:
a) la promozione di una campagna nazionale aperta, unitaria, pluralista- per i diritti dei cittadini immigrati, contrastando il DDL del governo Berlusconi sull’immigrazione e richiedendo l’approvazione di una legge sul diritto d’asilo (l’Italia è l’unico paese europeo a non averla), garantito dalla nostra Costituzione; il primo incontro è già avvenuto lo scorso venerdì 12 ottobre a Perugia, nell’ambito dell’"Assemblea dell¹ONU dei Popoli";
b) la costruzione di un network europeo, denominato "Europe from below", che confronti e coordini a partire dall’appello per l’integrazione dei Balcani in Europa- il lavoro di organizzazioni della società civile dell’est e dell’ovest sui temi della cittadinanza, dell’integrazione, della pace facendo della dimensione europea il terreno di confronto e di iniziativa sul terreno dei conflitti e dei diritti e del ruolo dell’Europa nel rispetto alle politiche della globalizzazione e alle iniquità nel rapporto con il Sud del mondo; il network è stato presentato nella scorsa Assemblea dell’Onu dei Popoli;
c) la continuazione del lavoro nelle aree di conflitto in particolare nei Balcani e in Medio Oriente- favorendo percorsi di diplomazia popolare e di pace, di soluzione nonviolenta dei conflitti, di solidarietà concreta, sostenendo le forze democratiche e la società civile e partecipando a fine anno all’iniziativa di pace in Palestina, cui stanno lavorando molte organizzazioni pacifiste e di solidarietà italiane.
Per un movimento ampio, democratico e nonviolento
Se questo è il nostro impegno e contributo chiaro, positivo e costruttivo allo sviluppo di questa mobilitazione che ha caratteristiche di movimento differenziate, vogliamo anche portare un contributo alla riflessione per superare i limiti e le contraddizioni che sono presenti. Noi auspichiamo che vengano messi al primo posto i contenuti evitando le derive politiciste che qualche volta hanno attraversato le diverse esperienze. Molte delle esperienze cui facciamo riferimento hanno sedimentato in questi anni saperi, competenze, capacità di proposta e di alternative concrete sul terreno della globalizzazione che nella dinamica attuale- sono state talvolta sacrificate a favore del confronto sulle "forme della mobilitazione", dei dettagli della convocazione delle manifestazioni, della discussione sugli equilibri politici all¹interno delle strutture di coordinamento.
In secondo luogo crediamo che vada sciolta ogni ambiguità proprio sulla questione delle forme della mobilitazione: la nonviolenza è per noi una scelta fondamentale. Se come è stato detto- l’"antiliberismo" è una pregiudiziale, anche la nonviolenza per noi, come per molte organizzazioni pacifiste- lo è. Non vogliamo imporne i contenuti e la "filosofia" a nessuno. Ma la presenza di una concezione, di un linguaggio e di una pratica "muscolare" o "guerreggiata" dalla politica anche sotto forma della cosiddetta autodifesa o anche nella forma della "rappresentazione simbolica" dello scontro- mette in discussione la possibilità di uno sviluppo unitario di un movimento plurale e pacifico. E’ possibile un incontro sulla radicalità dei contenuti; è impossibile sulle forme violenti o muscolari (anche nei linguaggi) della mobilitazione.
Per ultimo su alcuni singoli punti importanti di merito- della mobilitazione del movimento, vogliamo ribadire (oltre ad una non adeguata valutazione dell’importanza della vicenda migrazioni dentro la globalizzazione) la necessità di un diverso approccio sui temi della pace e della guerra, oggi quanto mai attuali e, però, nei mesi passati alquanto in ombra nel movimento di Porto Alegre e di Genova. Anche la recente mobilitazione di Napoli in occasione del (mancato) vertice della NATO ha messo in evidenza ombre e deficit politico-culturali. La denuncia delle responsabilità della NATO, degli imperialismi, della globalizzazione neoliberista non può dimenticare il tema delle alternative politiche per prevenire e fermare i conflitti e per far rispettare i diritti umani (cioè il ruolo di un’ONU riformata e di un’Europa "oltre i muri"), dell’importanza del disarmo, delle pratiche concrete che i pacifisti mettono in campo nel corso dei conflitti (la solidarietà, l’interposizione, la diplomazia, la costruzione di ponti di dialogo, il sostegno alle forze democratiche), ecc. Sempre di più dopo l’11 settembre e dopo la guerra contro l’Afganistan- il binomio "pace-guerra" sarà una chiave di lettura delle contraddizioni della globalizzazione. Ad un approccio sloganistico o ideologico (o puramente di denuncia) bisogna saper proporre i contenuti, le alternative, concrete, le pratiche di una "politica di pace" efficace e sostenibile.
E’ per questo che anche a partire dall’esperienza dell’assemblea del 23 settembre a Napoli, incontro promosso dalle organizzazioni pacifiste e soprattutto dopo la marcia Perugia Assisi- auspichiamo che le organizzazioni pacifiste e della solidarietà internazionale possano avviare un proprio percorso di discussione e di proposta che sul terreno dei contenuti e delle forme di mobilitazione- possa dare un contributo allo sviluppo di un movimento plurale, ampio e democratico.
Ufficio di Presidenza dell’ICS
Perugia, 13 ottobre 2001