A Skopje sono in corso da cinque giorni i negoziati tra i partiti albanesi e quelli macedoni per porre fine alla profonda crisi che dallo scorso febbraio sta sconvolgendo l’intero paese. Tuttavia, dopo estenuanti sedute, non sembra che si riesca ad avanzare alcun accordo possibile, eccetto forse l’accettazione da parte di entrambe le parti in conflitto della presenza della NATO come garante della sicurezza del paese.
I poteri occidentali, ansiosi di siglare una soluzione di pace piuttosto che essere chiamati per raccoglierne i pezzi, stanno ponendo la Macedonia sotto una pesante pressione, al fine di procedere velocemente verso i cambiamenti costituzionali richiesti dall’Esercito di Liberazione Nazionale. Tuttavia la difficoltà riguarda in modo prevalente il cambio della costituzione, vecchia di dieci anni, nella quale la popolazione albano-macedone dovrebbe essere considerata come popolo costituente. Inoltre i partiti albanesi, riuniti a colloquio da cinque giorni, stanno premendo per ottenere la creazione della figura di un vice presidente della Repubblica, di nazionalità albanese, con diritto di veto e una seconda camera del parlamento nella quale le decisioni vengano approvate all’unanimità. Tali richieste sono state immediatamente considerate, dal governo macedone, "inaccettabili".
Dalla breve visita in Kosovo si è fatto sentire anche il presidente russo Vladimir Putin,che ha accusato la NATO di non riuscire a fermare il passaggio dei guerriglieri albanesi provenienti dalla vicina provincia jugoslava, e di forzare ora la Macedonia nell’accettazione delle loro richieste.
L’UCK, nel frattempo, minaccia la ripresa del conflitto armato in caso di fallimento delle trattative. Queste ultime dovrebbero terminare il prossimo mercoledì, ma l’impossibilità di raggiungere un’intesa, senza una mediazione internazionale, sembra per ora l’unica cosa certa.
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