Sarajevo rinascerà con le olimpiadi?
Intervista a Muhidin Hamamdzic, Sindaco di Sarajevo
Osservatorio Balcani – Siamo nel 2001, a oltre cinque anni dalla firma degli Accordi di Dayton. La sua città, Sarajevo, è ancora la città multiculturale di prima della guerra?
Muhidin Hamamdzic – La città di Sarajevo sta cambiando sotto molti aspetti, anche se la ripresa non è uguale in tutti i settori. La ricostruzione più facile è quella fisica: ormai in città quasi non si trovano i segni della distruzione, sono rimasti solo nelle zone periferiche e stiamo lavorando per far scomparire anche quelli. Riguardo alla convivenza, Sarajevo era una città multietnica, lo è stata durante la guerra e lo è tuttora. Noi andiamo fieri di aver difeso la sua multietnicità, perché quest’idea non è cancellabile. Ma è indubbio che oggi Sarajevo non è quella di prima della guerra: i segni delle divisioni ci sono e le ferite non sono ancora rimarginate. Per il ritorno dei profughi nelle loro case, Sarajevo è al primo posto tra le città della Bosnia-Erzegovina. La stessa cosa però non è avvenuta nel resto del paese, perché fino a pochi mesi fa governavano quegli stessi partiti che hanno provocato e favorito la distruzione e hanno cercato in tutti i modi di fermare il processo di pace. Il nuovo governo democratico nato lo scorso anno ha fatto invece molti passi avanti.
OB – Qual è la sua opinione sull’intervento internazionale, da quello governativo a quello delle ong?
MH – L’ambito delle missioni internazionali è molto ampio: la presenza militare ci assicura sicuramente la stabilità, cosa che aveva più importanza in passato ma anche oggi è necessaria. I criminali di guerra però non sono stati catturati, e i maggiori indiziati e responsabili sono ancora in libertà. Fino a che questi personaggi non verranno assicurati alla giustizia, non avremo vera pace sul territorio. Il Tribunale Internazionale dell’Aja ha una notevole importanza, e speriamo che i criminali siano processati nel più breve tempo possibile.
Per quanto riguarda gli interventi umanitari delle ong, aiutano a consolidare il nostro sistema politico e il loro ruolo nel processo di stabilità è sicuramente rilevante. Senza di loro tutto andrebbe più lentamente.
OB – Che tempi prevede per una "normalizzazione" del paese?
MH – Potrei dire tra un anno, o tra due, ma in realtà non posso dare un tempo determinato. Realisticamente l’anno 2010 potrebbe essere il traguardo a cui miriamo, anche per uscire dalla profonda crisi economica in cui versa il paese. A questo proposito la mia giunta comunale ha deciso di candidare ufficialmente la città per ospitare le olimpiadi invernali del 2010. Questo nell’ottimismo che la situazione non degeneri: dalla fine della guerra ad oggi si è perso molto tempo, non facendo di fatto niente per rilanciare la vita sociale ed economica. Coloro che ritenevano la vita comune impossibile in questi territori, e che sono stati al governo fino a poco tempo addietro, hanno fatto di tutto per dimostrare che la convivenza è impossibile.
OB – Come interpreta le recenti dichiarazioni separatiste dei leader politici croato-bosniaci?
MH – Sono serie ma non pericolose: fuori dalla Bosnia i regimi di Tudjman e di Milosevic hanno perso il potere, e non hanno più l’appoggio necessario per mettere in atto quello che predicano. La Comunità Europea ha capito molto tardi che bisogna agire su Serbia e Croazia per pacificare il territorio bosniaco: la nostra non è stata tanto una guerra civile interna, quanto un’aggressione esterna dei due paesi che per spartirsi la Bosnia Erzegovina hanno spinto e aiutato le frange estremiste.
La comunità internazionale ha sostenuto per troppo tempo questi regimi, considerando il nostro conflitto come una guerra civile tra le varie etnie. Era invece una conquista territoriale e le rivendicazioni etniche sono state semplicemente il mezzo per ottenere tali obiettivi.
OB – Qual è la situazione economica?
MH – I partiti filo-nazionalisti al potere fino a ieri non avevano un piano economico preciso, né l’interesse di aprirsi al mondo. Le forze democratiche che li hanno sostituiti sanno invece che all’interno del nostro territorio non esiste un capitale proprio. Le risorse statali sono state utilizzate male e per riprendere i processi di produzione abbiamo bisogno di investimenti esterni, ma non sul principio della donazione e degli aiuti: abbiamo bisogno di investimenti diretti. Per questo è necessario che il nostro paese diventi attraente per il capitale straniero. Purtroppo tutt’oggi ci sono dei seri ostacoli: il sistema inadeguato delle dogane, la burocrazia troppo complessa e la corruzione, che ha fatto perdere per strada molti aiuti finiti nelle tasche di personaggi al vertice nel recente passato. Noi dobbiamo combattere la corruzione, ammodernare il sistema doganale ed eliminare la burocrazia. La privatizzazione è necessaria e fondamentale, bisogna realizzarla su tutto ciò che è possibile incluse le infrastrutture.
OB – La distruzione nel paese è stata anche ambientale, compreso l’inquinamento da armi all’uranio impoverito. Cosa state facendo al riguardo?
MH – Le ricerche sull’uranio impoverito sono iniziate recentemente, e coinvolgono molte istituzioni sia bosniache sia straniere. I risultati fino ad adesso hanno dimostrato che a questo fatto si è data troppa importanza: il livello delle radiazioni non oltrepassa le soglie ritenute accettabili dall’Unione Europea. Parlare solo delle mine e dell’uranio impoverito rallenta il processo di ripresa economica e di pacificazione.
OB – Ciò non toglie che le mine ci sono, come anche l’uranio impoverito.
MH – E’ chiaro che sia ai nostri vertici sia all’estero, la questione uranio è servita per spettacolarizzare un problema in realtà quasi inesistente. La Bosnia-Erzegovina è stata fino ad oggi un territorio incontaminato, e tra le sue risorse da sviluppare c’è sicuramente la produzione di alimenti biologici perfettamente sani. Anche il turismo è una risorsa su cui dobbiamo puntare molto, e l’eccessivo allarmismo rischia di bloccarne lo sviluppo.
OB – Turismo: le Olimpiadi invernali del 2010 potranno veramente rilanciarlo?
MH – Noi siamo convinti che l’opportunità di rilancio che ci potrebbe dare l’organizzazione di queste Olimpiadi sia enorme.
L’esperienza precedente del 1984 non è stata positiva, specie per gli scarsi ritorni economici. Ma allora c’era un sistema statalista che bloccava l’autonomia d’impresa, e impediva di sfruttare occasioni come questa. Le Olimpiadi infatti non sono solo un evento sportivo e simbolico importante, ma un affare che mobilita risorse, intelligenze, organizzazione e che potrebbe dare alla città quell’entusiasmo e quella voglia di futuro che attualmente manca del tutto alle giovani generazioni. Sono convinto che potrebbero essere un volano economico determinante non solo per Sarajevo, ma per l’intera Bosnia-Erzegovina.