Ucraina, la lotta femminista non si ferma con la guerra
Come sta cambiando il quadro delle rivendicazioni sociali e politiche femministe, ma anche il ruolo delle donne nella società dell’Ucraina in guerra? Ne abbiamo parlato con l’attivista Viktoriia Pihul del collettivo anticapitalista "Sotsialnyi Rukh"
Se la guerra in Ucraina inizia a prendere sempre meno spazio sulle pagine dei giornali e nei servizi televisivi, non per questo le condizioni di chi si trova “sul campo” migliorano. Anzi, mano a mano che il conflitto militare si configura sempre di più come una guerra d’attrito sulla linea del Donbass, per la popolazione (non solo ucraina) si aggiungono nuove e pressanti crisi da affrontare: la scarsità di cibo e medicinali, nuove tensioni sociali, battaglie per i diritti dei lavoratori, l’assistenza alle numerose persone dislocate e ferite, ecc.
Oltre a contrastare l’invasione, insomma, c’è un grosso “lavoro di cura” che deve essere portato avanti e che vede una forte mobilitazione civile all’interno del paese, in particolare da parte di gruppi e collettivi femministi. Ce lo spiega Viktoriia Pihul, attivista femminista che in questo momento si trova a Kyiv, membro del collettivo anticapitalista Sotsialnyi Rukh (“Movimento sociale”) e impegnata nella difesa dei diritti delle donne e sindacali. È fra le redattrici del manifesto “The Right to Resist”, di recente pubblicazione. Le abbiamo chiesto di raccontarci la “stratificazione” del conflitto nel contesto ucraino e di provare a immaginare quali prospettive possano darsi per il futuro.
Cosa significa vivere in guerra ed essere femminista e donna? In che modo la guerra e la cultura militarista e patriarcale agiscono sulla condizione femminile?
Da più di quattro mesi sto vivendo l’esperienza della guerra su me stessa, osservando i miei parenti, i miei conoscenti e anche quelli che non conosco. Definirei la nostra vita in questo periodo come un processo di lotta per la vita stessa. Veniamo infatti derubati di un bisogno umano fondamentale: la sicurezza. Ogni giorno andiamo a dormire senza sapere se domani noi e i nostri cari avremo una casa, del cibo, un tetto sopra la testa e, soprattutto, una vita. E poi riprendiamo a fare le solite cose al suono delle sirene antiaeree, dei razzi che volano sopra le nostre teste e delle bombe che esplodono. Anche una delle canzoni più popolari nelle classifiche musicali ucraine di YouTube si chiama "У мене немає дому", che significa "Non ho casa".
Ma la guerra non è solamente il conflitto manifesto. La guerra è l’aggravarsi di tutti i problemi aperti presenti anche in precedenza nella vita pubblica, politica e sociale. È dentro un tale processo che vorrei parlare del ruolo delle donne, perché anch’esso ha assunto nuove forme. I ruoli di genere stanno cambiando in Ucraina. Con la disoccupazione di molte persone e l’arruolamento soprattutto degli uomini nelle Forze armate ucraine, le donne riferiscono di aver assunto nuovi ruoli e molteplici lavori per compensare la perdita di reddito familiare.
Allo stesso tempo le donne trascorrono sempre più tempo con i loro figli perché questi si dedicano all’apprendimento a distanza. Decidono anche di rimanere nei territori occupati per prendersi cura dei genitori anziani o di altri. Oppure hanno paura di perdere le loro fonti di reddito. Così, sono sempre più a rischio di violenza, sia da parte dei russi che nei contesti domestici, di abusi psicologici. Ci sono infatti già notizie (non statistiche, purtroppo, perché è quasi impossibile fare ricerca sociologica durante la guerra) di un aumento del livello di violenza domestica. Quando le donne si rivolgono alla polizia per sporgere denuncia, gli agenti alzano le mani e dicono che "non è il momento" di occuparsene.
Probabilmente la ratifica della Convenzione di Istanbul potrebbe influenzare la soluzione di questo problema. Ma è importante ricordare che l’Ucraina l’ha adottata con emendamenti e restrizioni per garantire il consenso con i conservatori e la Chiesa. In altre parole l’Ucraina si è riservata il diritto di non modificare la Costituzione, il Codice di famiglia e altre leggi adottate in precedenza. Pertanto, tutto dipenderà dall’effettiva applicazione della Convenzione nella realtà.
Quali altri settori sociali stanno subendo le conseguenze del conflitto?
Il governo ucraino ha approvato leggi che limitano i diritti di lavoratrici e lavoratori: in primo luogo prevede la possibilità di rifiutare gli accordi collettivi con i sindacati (e questo viene già messo in pratica nelle imprese); in secondo luogo i datori di lavoro possono costringere a lavorare di più senza un accordo sindacale; ancora, viene previsto un sistema di licenziamento semplificato. Gli scioperi e le manifestazioni sono vietati. Dato che le donne sono ora costrette a lavorare di più, questa legge le riguarda direttamente. Questa legge era stata preparata prima della guerra ma ora è un momento molto opportuno per approvarla, mentre l’attenzione dell’opinione pubblica è completamente spostata sul conflitto.
In generale c’è un’opinione diffusa per cui questo non è il momento di criticare le politiche interne del governo, di affrontare le questioni di genere, comprese le quote di genere in politica, di affrontare il problema della violenza domestica, della disuguaglianza nel pagamento dei salari. Ma sappiamo che è impossibile rimandare tali questioni. Altrimenti questo nodo si stringerà ancora di più.
Il ruolo delle femministe rimane importante, come lo era prima della guerra. Ma io penso che il nostro compito sia quello di lavorare con le donne, ascoltando e prestando attenzione ai loro pensieri e alle loro esigenze. Nella società ucraina c’è un certo stereotipo secondo cui le femministe sono “giovani ragazze pazze” che non hanno sviluppato una vita personale e odiano gli uomini. Questa è una debolezza, ma ci si può lavorare. Per me il nostro ruolo di femministe è quello di stare con le donne, aiutarle a superare i momenti più difficili, capire le loro esigenze, aiutare e dimostrare che ci battiamo davvero per i nostri diritti.
È importante aiutarle a comprendere l’enorme contributo che le donne hanno dato alla sopravvivenza dell’Ucraina: il loro lavoro sul fronte domestico, la fornitura di aiuti umanitari, il volontariato, la cura dei bambini e degli anziani, la fornitura di servizi medici e di altro tipo. Fanno tutto questo e spesso lo danno per scontato. La visibilità delle donne è molto importante ma sono le donne stesse che devono rendersene conto per prime.
Com’è cambiato il vostro impegno e cosa nelle vostre pratiche? Quali conquiste o livelli di dibattito rischiano di retrocedere e quali spazi potenziali si possono aprire?
Prima della guerra le femministe e coloro che hanno lottato con noi per i diritti e la visibilità delle donne hanno in gran parte svolto un lavoro di sensibilizzazione: corsi, programmi ed eventi educativi; organizzazione di azioni, marce, ecc. Ora questo lavoro si sta trasformando e gli aiuti si concentrano principalmente sulla sopravvivenza e sul sostegno umanitario: cibo, vestiti, alloggi, medicine.
Questo porta a una sorta di contraddizione: da un lato, il movimento femminista si sta avvicinando alle donne, ascoltando le loro voci. L’aspetto positivo per i diritti è che le donne sono in prima fila e più impegnate negli sforzi umanitari della comunità, offrendo agli attori umanitari l’opportunità di cercare la partecipazione e la guida al femminile. Credo sia molto importante concentrarsi su questo aspetto: le donne sono coinvolte in processi molto importanti che permettono agli ucraini di vivere e sopravvivere nelle retrovie.
D’altra parte molti problemi vengono considerati, come ho già detto, come posti nel “momento sbagliato” e questo rende possibile perdere le conquiste del passato. E ciò che le donne stanno facendo ora per vincere può essere trascurato nel discorso pubblico, anche perché in questo momento tutta l’attenzione è concentrata sulle operazioni militari e sul ruolo degli uomini. In questo senso, anche il contributo femminile al fronte sarà meno evidente. In altre parole la disuguaglianza nella rappresentazione dei ruoli femminili e maschili non scompare durante la guerra, ma anzi aumenta.
A ogni modo, vedo uno spazio potenziale per il lavoro femminista attraverso l’attivismo di base e il lavoro con le donne per costruire coesione, consapevolezza della nostra visibilità e ulteriore lotta per la partecipazione politica. Per esempio le quote di genere, la promozione e l’attuazione della Convenzione di Istanbul, che è stata ratificata il mese scorso in Ucraina, il lavoro sul problema della violenza domestica, la creazione di case di accoglienza per le donne con il sostegno diretto di psicoterapeuti.
Tutto questo potrà essere realizzato quando le donne porteranno avanti i loro interessi e supereranno lo stereotipo secondo cui tutto viene fatto da alcuni grandi personaggi della politica e loro non decidono nulla.
Quali forme e relazioni di resistenza state portando avanti dopo quattro mesi di guerra? Come pensate che sarà il dopoguerra e come vi state preparando, anche rispetto ai rischi di crisi sociale interna (pericolo di crescita dei nazionalismi, indebitamento)?
Sono volontaria presso l’organizzazione sociale "Sotsialny Rukh ". Fin dal primo giorno di guerra abbiamo iniziato a lavorare per i diritti sociali in modo molto capillare. Siamo consapevoli che la ricostruzione postbellica dell’Ucraina sarà un percorso molto lungo e complesso. Solo ora le perdite ammontano a diversi miliardi di dollari, la guerra è ancora in fase attiva e la distruzione continua ogni giorno. Attualmente il debito estero dell’Ucraina ammonta a 125 miliardi di dollari, la spesa per il servizio del debito per il 2022 dovrebbe essere di circa 6,2 miliardi di dollari. Si tratta di circa il 12% di tutte le spese del bilancio statale. La componente del FMI di questa somma è di 2,7 miliardi di dollari. Ciò equivale a 16,5 milioni di pagamenti medi di pensioni in Ucraina.
Una delle nostre campagne principali è quella per la cancellazione del debito estero dell’Ucraina per ridurre l’onere sul sistema finanziario. Oltretutto questo debito è ingiusto: l’indebitamento caotico e la condizionalità antisociale del debito sono stati il risultato di una completa oligarchizzazione, per cui non volendo combattere i ricchi, i governanti dello Stato hanno continuato a indebitarsi sempre di più. I prestiti sono stati emessi con la condizione del taglio alla spesa sociale e il loro rimborso ha costretto i governi a risparmiare sulle necessità vitali e ad applicare l’austerità ai settori economici fondamentali. Per saperne di più sul debito estero, sul perché è importante cancellarlo e per firmare la petizione, è possibile visitare il sito web creato dai nostri attivisti.
Ci battiamo anche per i diritti di lavoratrici e lavoratori. In questo momento siamo attiv* con il progetto chiamato "Трудоборона "/"Difesa del lavoro". Tutt* possono raccontare il proprio caso di violazione dei diritti, come licenziamenti (ci sono casi in cui si viene licenziati anche via messenger) e altro. Il nostro avvocato consiglia e aiuta, attraverso gli aspetti legali, a tutelare i diritti di lavoratrici e lavoratori. Ci sono anche casi di cause vinte in tribunale. Tra questi racconti ci sono le storie di donne che sono state licenziate illegalmente e che hanno lottato fino all’ultimo in quanto hanno la responsabilità di provvedere ai loro figli ed essere disoccupate è una tragedia in condizioni di guerra.
Abbiamo lanciato una campagna per impedire la liberalizzazione del diritto del lavoro prevista nel disegno di legge 5371, che distrugge essenzialmente i diritti di lavoratrici e lavoratori delle piccole e medie imprese (che sono il 73% delle imprese private). La legge contrasta con le norme dell’UE e dell’OIL ed era stata stata rinviata grazie alla protesta dell’opinione pubblica, almeno fino allo scoppio della guerra. Stiamo anche lottando per le dimissioni di Galina Tretiakova – capo del Comitato della Verkhovna Rada dell’Ucraina per la politica sociale e la protezione dei diritti dei veterani – che ha promosso questa legge prima della guerra e ora ha approfittato della legge marziale e del cambiamento di orientamento per approvare questa stessa legge. Gran parte del lavoro consiste anche nella collaborazione con i sindacati, tra cui il sindacato "Будь як Ніна"/"Difesa del lavoro", che tutela i diritti delle lavoratrici del settore sanitario perché le infermiere stanno perdendo il posto di lavoro, i loro stipendi sono stati tagliati e così via.
Per noi è importante che la guerra non diventi una scusa per imporre restrizioni sociali alle persone, perché saranno loro a ricostruire l’Ucraina.
Quali rapporti avete con altre associazioni? Quali risposte hanno dato le donne e le minoranze alla difesa armata e/o civile e quali differenze intercorrono tra le due?
Tutte le rappresentanze delle organizzazioni femminili e delle minoranze sono favorevoli alla difesa armata, perché il pacifismo astratto non funziona di fronte all’invasione russa. Inoltre sono attivamente coinvolte nella lotta: trovano aiuti umanitari, medicine (anche per le persone trans), creano rifugi e aiutano le donne con bambini a trovare o lavorare come babysitter. In più, donne e minoranze fanno parte delle forze armate e combattono in prima linea.
Vorrei anche ricordare che la Russia e la sua propaganda ritengono che tutti i movimenti sociali, compresi quelli delle donne, siano una sorta di "agenti dell’Occidente". Per questo motivo noi (attiviste) non abbiamo motivo o intenzione di rinunciare alla lotta. Non possiamo semplicemente deporre le armi, perché questo porterebbe a una catastrofe su scala globale. Il punto è che abbiamo il diritto di difenderci e lottiamo per la nostra libertà.
Avete rapporti con altre femministe nei Paesi dell’Europa orientale o occidentale? Cosa pensi della posizione di chi nel contesto della situazione ucraina si pronuncia a favore della “diserzione di tutte le guerre”?
Sono attiva nell’ENSU (European Network of Solidarity with Ukraine) che ha costituito un gruppo di lavoro di femministe provenienti da diversi Paesi europei. Siamo anche in contatto con le femministe di Defensorías de género in Argentina e lavoriamo attivamente anche con il partito polacco Razem. Per esempio, nel nostro gruppo di lavoro abbiamo creato insieme una petizione per chiedere la legalizzazione dell’aborto in Polonia , perché molte donne ucraine che hanno subito violenza dall’esercito russo e sono rimaste incinte sono fuggite dalla guerra in Polonia e in quel paese non hanno il permesso legale di abortire. Per questo motivo è un tema importante non solo per l’Ucraina, ma anche per l’agenda femminista globale.
Abbiamo letto e ascoltato molte dichiarazioni pacifiste delle femministe occidentali, compreso il loro manifesto. Di fronte alla guerra e alla morte quotidiana delle nostre donne e dei nostri bambini, siamo critiche nei confronti di questa posizione. In questo contesto faccio parte di un gruppo di lavoro di femministe ucraine che ha scritto il Manifesto delle femministe ucraine. Chiediamo di sostenere le donne ucraine, compreso il nostro diritto alla resistenza armata. Questa guerra ci mette di fronte alla consapevolezza che il femminismo è un movimento che deve rispondere alle situazioni che cambiano, essere flessibile e sviluppare i principi in base alle nuove condizioni.
Cosa chiedete alla sinistra europea antiliberista e antiautoritaria, ai movimenti sociali, alle femministe? Cosa possiamo fare per sostenere i vostri sforzi e il vostro impegno nella resistenza civile?
Il nostro obiettivo principale ora è vincere questa guerra. Dobbiamo essere consapevoli che potrebbe essere un processo lungo e non rapido come speriamo. In questo senso sosteniamo la politica estera in termini di fornitura di armi, sanzioni e confisca dei beni russi. Ciò che è fondamentale per la vittoria è non lasciare che la guerra e tutti i terribili eventi in Ucraina scompaiano dall’agenda mondiale. Se al contrario tutti si abituano – sarà più difficile per noi sopravvivere e il problema diventerà solo nostro. E questo è un rischio anche per il mondo.
In questo momento il nostro lavoro è legato alle campagne che ho descritto sopra. Abbiamo molto bisogno di sostegno per promuovere la campagna per l’annullamento del debito estero perché questo per anni ha avvantaggiato sia le organizzazioni finanziarie internazionali sia le élite ucraine, ma non il popolo ucraino, ed è servito come mezzo per limitare lo sviluppo dell’Ucraina, un modo per confinarla alla periferia dell’Europa. Questo processo deve cambiare perché l’Ucraina sta ora combattendo per la sicurezza di tutta l’Europa e sta dimostrando il suo diritto di essere parte di questa unione. Perciò abbiamo bisogno di dare visibilità a livello europeo alla questione della liberalizzazione della legislazione sul lavoro perché l’Ucraina ha intrapreso un percorso di integrazione europea e la violazione di lavoratrici e lavoratori è inaccettabile anche da questo punto di vista.
Noi vogliamo l’integrazione europea, ma quella con i sindacati europei, i movimenti dei lavoratori e le iniziative di base. Dobbiamo dimostrare che la disuguaglianza e i conflitti di classe irrisolti sono pericolosi per la sicurezza mondiale quanto la tirannia. Non si tratta di una questione interna ai singoli Paesi. La disuguaglianza e le relative violazioni dei diritti sociali delle persone dovrebbero essere causa di vari tipi di restrizioni internazionali tanto quanto la tirannia e le violazioni dei diritti umani.
Sappiamo che hai partecipato da poco a una conferenza femminista. Di cosa si trattava e quali sono le tue considerazioni e aspettative? Siamo molto interessat* a sapere come si è svolto il dibattito e se ci sono campagne o azioni comuni…
Sì, di recente ho partecipato al Forum femminista di Lviv, organizzato dal Fondo ucraino per le donne. Tra le mie aspettative c’era lo sviluppo di iniziative comuni e, forse, accordi per collaborare a diverse iniziative femministe. In effetti al forum erano presenti rappresentanti di diverse posizioni. È stato interessante conoscere il pensiero di altre donne riguardo la direzione che sta prendendo il nostro lavoro, quali sono i problemi che vedono e le loro soluzioni.
Ad esempio, insieme abbiamo identificato le principali tendenze che vivono le donne: l’influenza della religione sull’identificazione dei movimenti femministi, lo sviluppo del movimento solo a livello di base, l’insufficiente influenza sul processo decisionale, il lavoro non ben consolidato con i governi locali, la mancanza di uguaglianza nelle forze armate ucraine, la violenza di genere e la violenza domestica che rimangono elevate (compreso il fatto che le donne sono economicamente dipendenti e non sanno o hanno paura di cercare aiuto nelle iniziative femministe a causa degli stereotipi).
In generale le partecipanti hanno condiviso le loro esperienze e osservazioni sul fatto che il femminismo come movimento in Ucraina si trova chiaramente in una posizione migliore oggi rispetto a 10 anni fa. Ad esempio la ratifica della Convenzione di Istanbul è un grande passo in avanti e rappresenta il risultato della lotta delle donne negli ultimi 10 anni, anche se quando la questione è stata sollevata nessuno nel governo ha detto che si trattava di una decisione dovuta alla lotta delle donne e che semplicemente era piuttosto di un passo verso le richieste informali delle istituzioni europee per ottenere lo status di candidato all’UE.
Penso dunque che dobbiamo continuare a lavorare per passare dall’attivismo di base all’essere un vero e proprio movimento politico. Tuttavia per me questa due giorni è stata più che altro una riunione teorica, che è anche importante, ma non sono sicura che possiamo trasformare le basi comuni in un’azione coordinata in mezzo alla guerra. In ogni caso ognuna ha preso per sé alcuni pensieri e idee che può sviluppare nella propria organizzazione di riferimento o iniziativa di base in cui è attiva.