Mare di Kiev: il progetto sovietico che salvò il Mar Nero dalle radiazioni

È chiamato Il mare di Kiev ed è il bacino di un’enorme diga che garantisce la corrente elettrica alla capitale ucraina ma che devastò, quando venne costruita, un’area rurale popolata da più di 30.000 abitanti. Salvò anche il Mar Nero dal disastro di Chernobyl, ma resta ancora oggi una bomba ecologica radioattiva

20/04/2021, Claudia Bettiol - Kiev

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Una veduta del cosiddetto "Mare di Kiev" - Claudia Bettiol

(Articolo realizzato in collaborazione con EastJournal )

È lungo circa 110 chilometri, ha una larghezza massima di 14 chilometri e una profondità massima di 14-18 metri: le dimensioni del cosiddetto mare di Kiev sono impressionanti. Non sorprende perciò sapere che, per creare un bacino artificiale così enorme, è stato necessario rimuovere 16 milioni di metri cubi di terra e far sparire una cinquantina di villaggi lungo il fiume Dnipro, dove all’inizio del secolo scorso vivevano circa 33mila persone. Eppure, senza il bacino che forma oggi il mare di Kiev le radiazioni di Chernobyl avrebbero raggiunto il mar Nero in un baleno e aggravato la situazione causata dall’incidente nucleare del 1986.

Il grandioso progetto sovietico

Situato a nord della capitale ucraina, sul fiume Dnipro, il mare di Kiev si estende fino al fiume Pryp’jat’, nella zona di esclusione di Chernobyl . A nord, raggiunge il confine con la Bielorussia, mentre la parte orientale – appartenente alla regione di Černihiv – fa parte del parco paesaggistico regionale Mižričynskyi (letteralmente: “tra i fiumi”), creato nel 2002. All’inizio del XX secolo in quest’area si erano formate dozzine di villaggi, merito della fertilissima terra: gli abitanti coltivavano zucche uniche e la zona era famosa anche per le deliziose ciliegie, tanto che alla periferia di Kiev si trova tutt’oggi la cittadina di Vyšhorod (letteralmente: “città delle ciliegie”).

Alcuni storici sostengono che l’idea di creare un grande bacino artificiale con una diga che accogliesse una rete di centrali idroelettriche nei pressi della capitale ucraina sia nata negli anni Trenta del secolo scorso e appartenesse direttamente a Stalin: la centrale idroelettrica di Kiev avrebbe infatti svolto non solo la sua funzione di base nella fornitura di energia idroelettrica nella regione, ma avrebbe costituito una naturale linea di difesa in caso di guerra e attacco da sud. Considerato uno tra i progetti più ambiziosi dell’Unione Sovietica, la costruzione del bacino del mare di Kiev e della centrale idroelettrica iniziò solamente dopo la morte di Stalin, sotto Nikita Chruščev, nel 1959, e i lavori durarono cinque anni: la prima unità della centrale fu inaugurata nel dicembre 1964, nel 1968 l’ultima (le unità sono 20 in totale).

Veduta aerea della diga del "Mare di Kiev" - © Serhii Hrynkevych/Shutterstock

Veduta aerea della diga del "Mare di Kiev" – © Serhii Hrynkevych/Shutterstock

La centrale idroelettrica di Kiev era, a quel tempo, tra le poche nel suo genere: per la prima volta, in uno dei paesi dell’Unione Sovietica, veniva utilizzata un’unità idraulica a capsula orizzontale , costruzione che allora era operativa solo in Canada e in Norvegia. Se prima, infatti, le unità idrauliche erano sempre montate “in piedi” e ruotavano verticalmente, ora nella centrale di Kiev erano montate orizzontalmente, sotto forma di sottomarino.

Affinché la centrale idroelettrica di Kiev diventasse operativa fu necessario costruire un bacino idrico di una superficie di oltre 1000 metri quadrati, esportando milioni di metri cubi di terreno e sfrattando di conseguenza la popolazione locale: alcuni operai hanno smantellato le loro stesse case e le hanno trasportate in posti nuovi, acconsentendo al reinsediamento previo risarcimento (sebbene irrisorio); le abitazioni di coloro che erano contrari alla realizzazione dell’opera furono, invece, semplicemente demolite. In particolare, 52 insediamenti, tra cui case private e luoghi sacri furono completamente distrutti, mentre i fertili terreni – a causa dell’uso di oltre mezzo milione di metri cubi di soluzione di calcestruzzo – si acidificarono. Intorno al bacino idrico di Kiev si formò un ecosistema naturale unico: le inondazioni di vaste aree, i cambiamenti nei regimi idrologici, idrochimici e idrobiologici del fiume, nonché le condizioni geologiche e ingegneristiche delle zone costiere hanno provocato una trasformazione strutturale e funzionale dell’ecosistema da fiume a lago-fiume con corrispondente rallentamento del ricambio idrico e dell’autodepurazione dell’acqua. Inoltre, i biologi hanno osservato una concentrazione piuttosto elevata di sale nell’acqua, nonché la presenza di flora e fauna caratteristiche del mar Nero (tra cui una varietà di alghe). Caratteristiche che diedero al bacino il nome di mare di Kiev.

La radioattività del mare di Kiev

Il bacino del mare di Kiev è riempito al 60% dalle acque del Dnipro e dal rimanente 40% dal fiume Pryp’jat’ e i suoi piccoli affluenti (Teterev e Irpen). Quando nella primavera del 1986 si verificò l’incidente nella centrale nucleare di Chernobyl, una grande quantità di radionuclidi e rifiuti radioattivi si riversò nel fiume Pryp’jat’, che scorre nella zona di esclusione e confluisce poi nel Dnipro. Le radiazioni contagiarono quindi immediatamente anche le acque del fiume che sbocca nel mar Nero, evitando però la contaminazione di quest’ultimo: il mare di Kiev divenne una sorta di zona cuscinetto.

L'ex residenza dell'ex presidente ucraino Viktor Janukovyč lungo le sponde del Mare di Kiev - Claudia Bettiol

L’ex residenza dell’ex presidente ucraino Viktor Janukovyč lungo le sponde del Mare di Kiev – Claudia Bettiol

Cesio, plutonio e stronzio radioattivi si accumularono sui fondali del bacino, senza avere la possibilità di correre verso sud: oggi, a oltre 30 anni dalla catastrofe nucleare di Chernobyl, una ricerca dell’Istituto di idrobiologia mostra che ci sono circa 20 centimetri di limo radioattivo sul fondo del bacino idrico di Kiev. Ancora oggi le radiazioni “sonnecchiano” assieme ad altri rifiuti ben più antichi. Quando iniziò la costruzione della centrale idroelettrica, infatti, nessuno pensò a sgomberare e ripulire il territorio accuratamente prima di riempire d’acqua il bacino. Per questo, sul fondale del mare di Kiev si trovano spesso mine risalenti alla Seconda guerra mondiale; lo stesso vale per numerose barche e automobili affondate.

Esperti e ambientalisti affermano che se il livello di acqua del mare di Kiev dovesse abbassarsi e le acque del bacino dovessero venir drenate, non solo la regione e il paese perderebbero milioni di kW di energia elettrica ogni anno, ma la polvere radioattiva e le tonnellate di fango radioattivo deposte sul fondale potrebbero causare gli stessi danni della catastrofe di Chernobyl del 1986.

Una meta turistica alternativa

Il mare di Kiev rimane una destinazione estiva gettonata sia per gli abitanti della capitale che sognano il mare, che per i turisti: negli ultimi anni si sono formate aree di campeggio più o meno attrezzate, moli per la pesca e dozzine di spiagge. È una delle località all’aperto più facilmente raggiungibili dalla capitale e vi si stanno sviluppando anche gli sport acquatici.

Mentre d’inverno il bacino è spesso ricoperto di uno strato di ghiaccio, in estate l’acqua si riscalda fino a 20-24° C. Ma nelle acque del mare di Kiev è sconsigliato fare il bagno, sebbene alcuni appassionati muniti di metal detector solchino le sue acque alla ricerca di “piccoli tesori” (monete, oro, oggettistica varia). Altri si limitano a guardarne la vastità e ad ammirarne l’orizzonte dal parco di Mežyhir’ja, ovvero la vecchia residenza privata – ora parco cittadino e museo della corruzione – dell’ex presidente ucraino Viktor Janukovyč.

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