(Pubblicato originariamente da Kaleydoskop )
L’omicidio dell’insegnante francese Samuel Paty ha acceso una miccia che ha portato in breve tempo a una crisi diplomatica tra Parigi e Ankara.
L’attentato jihadista, perpetrato lo scorso 16 ottobre nella provincia parigina di Conflans-Sainte-Honorine nei pressi della scuola dove Paty insegnava educazione civica, storia e geografia, è stato il culmine di una campagna di diffamazione intentata contro di lui nei giorni precedenti attraverso i social network. Paty era finito nel mirino dell’Islam radicale per aver mostrato in classe, durante una lezione sulla libertà di espressione, alcune vignette del tristemente noto Charlie Hebdo che ritraevano il profeta Maometto.
Il 21 ottobre Parigi ha reso omaggio alla vittima con una cerimonia solenne durante la quale il presidente Emmanuel Macron ha reiterato che la Francia non rinuncerà alle vignette. Nelle stesse ore sulle facciate di alcuni edifici governativi di Tolosa e altre città venivano proiettate alcune vignette di Charlie Hebdo a tema religioso, raffiguranti anche Maometto.
La posizione della Francia ha innescato reazioni accese tra diversi esponenti politici del mondo musulmano.
In Turchia il presidente Erdoğan ha usato parole durissime, esprimendo riserve sulla salute mentale di Macron e asserendo che quest’ultimo “ha bisogno di un trattamento mentale”. A inasprire ulteriormente le relazioni tra i due, già tese da diversi mesi su più fronti internazionali, si è aggiunto l’invito a boicottare i prodotti francesi rivolto da Erdoğan ai suoi connazionali. L’iniziativa ha suscitato risate amare tra molti in Turchia che sottolineano che con la Lira turca ai minimi storici (in data odierna il cambio con l’euro sfiora quota 10) i prodotti di importazione sono di fatto inaccessibili ai più. Intanto la Francia ha richiamato il suo ambasciatore da Ankara.
A fronte di questi eventi la redazione di Charlie Hebdo non si è fatta sfuggire l’opportunità di prendere di mira Erdoğan in persona: nella copertina del 28 ottobre un breve commento indica che in privato il presidente turco sa essere anche divertente; lo si vede quindi in uno spaccato domestico mentre, seminudo, gioca a cercare “il profeta” sotto la veste di una donna che non indossa lingerie.
Ankara ha reagito addirittura prima dell’uscita del numero, dal momento che la redazione di Charlie Hebdo ha condiviso la vignetta di copertina sui social media il giorno precedente. Il vicepresidente del Governo Fuat Oktay e il direttore della comunicazione della Presidenza Fahrettin Altun sono stati i primi a protestare, insieme al viceministro della Cultura e del turismo Serdar Çam che ha twittato delle imprecazioni in francese rivolte alla redazione. Erdoğan, invece, dichiara di non aver neanche visto la vignetta. Intanto la procura di Ankara ha aperto un’inchiesta per diffamazione. Contemporaneamente a Parigi il delegato interministeriale per la lotta contro il razzismo, l’antisemitismo e l’odio anti-LGBT (DILCRAH) Frédéric Potier ha ottenuto l’oscuramento del tweet di Çam in Francia.
I vignettisti turchi non hanno ceduto al nazionalismo e anziché esprimersi in chiave anti-francese hanno proposto sguardi incentrati soprattutto sul forte disagio della popolazione dovuto alla crisi economica, oltre a condannare l’attentato e i tentativi di reprimere la libertà di espressione.